«Sono scioccato e amareggiato. Non contesto la decisione, ma la maniera e i tempi sì. A maggio, a fine campionato, Frates diceva di contare su di me. In qualunque paese civile si danno tre mesi di preavviso. Comunque, auguro ogni bene alla Snaidero. Se è destino che debba fare lo zingaro per un paio d’anni, lo farò. Sarà dura, perché per la prima volta dovrò dividermi dalla mia famiglia. Loro resteranno qua, perché la mia casa ormai è a Udine e miei figli parlano anche il friulano. Qui tornerò pure io, restando nella pallacanestro perché è quel che so fare meglio nella vita. Non so ancora cosa farò: l’agente di giocatori, il manager di società o forse aprirò un’accademia di pallacanestro. Sono pronto anche a tornare alla Snaidero, perché no. Credo nel progetto della società, mi sono trovato bene nella piazza, in città, con i tifosi e anche con voi giornalisti grazie al fatto che sono chiacchierone».
È un fiume in piena Teo Alibegovic, la prima sera a casa sua in collina da ex capitano arancione dopo il comunicato “consensuale” sul non perfezionamento del suo rapporto con la Snaidero. Non staripa, però, e avrebbe anche diritto di farlo al contrario di chi, in pochi mesi spesi male, ha lasciato Udine lanciando accuse di razzismo.
È un misto di sensazioni “il capitano” del ritorno al basket dei colori arancione. Dolci: «Alla Snaidero – riesce a dire – ho passato tre anni straordinari: i primi due e l’ultima parte del terzo. Ci sono state turbolenze risolte in famiglia, errori di crescita. Io, però, non sputo nel piatto dove ho mangiato. Anzi, ringrazio la società».
Sensazioni crude: «Nello sport non c’è riconoscenza, si vince o si perde. Avevo rinunciato a buona parte del mio ingaggio (da 300 a 130 mila dollari, ndr) per dimostrare disponibilità. Ero pronto a crescere Zacchetti rinunciando a minutaggio; in prospettiva, sarei pure partito dalla panchina. Ora non so quanto mi danneggerà una scelta che non capisco pure dopo che mi è stata spiegata».
Lunedì mattina, in sede, da Sarti e Frates, dai quali pensava di essere stato convocato per le annuali regole di squadra. Poi, nel pomeriggio, l’incontro con il presidente, sempre a Maiano: «Mi sembrava turbato». «In due giorni è cambiato tutto: per le paure di mercato, forse anche per l’impazienza dello staff per la mia operazione a una cisti». Sarti nega. Ci mancherebbe altro. Arrivederci, capitano.
Val.Mo.
È un fiume in piena Teo Alibegovic, la prima sera a casa sua in collina da ex capitano arancione dopo il comunicato “consensuale” sul non perfezionamento del suo rapporto con la Snaidero. Non staripa, però, e avrebbe anche diritto di farlo al contrario di chi, in pochi mesi spesi male, ha lasciato Udine lanciando accuse di razzismo.
È un misto di sensazioni “il capitano” del ritorno al basket dei colori arancione. Dolci: «Alla Snaidero – riesce a dire – ho passato tre anni straordinari: i primi due e l’ultima parte del terzo. Ci sono state turbolenze risolte in famiglia, errori di crescita. Io, però, non sputo nel piatto dove ho mangiato. Anzi, ringrazio la società».
Sensazioni crude: «Nello sport non c’è riconoscenza, si vince o si perde. Avevo rinunciato a buona parte del mio ingaggio (da 300 a 130 mila dollari, ndr) per dimostrare disponibilità. Ero pronto a crescere Zacchetti rinunciando a minutaggio; in prospettiva, sarei pure partito dalla panchina. Ora non so quanto mi danneggerà una scelta che non capisco pure dopo che mi è stata spiegata».
Lunedì mattina, in sede, da Sarti e Frates, dai quali pensava di essere stato convocato per le annuali regole di squadra. Poi, nel pomeriggio, l’incontro con il presidente, sempre a Maiano: «Mi sembrava turbato». «In due giorni è cambiato tutto: per le paure di mercato, forse anche per l’impazienza dello staff per la mia operazione a una cisti». Sarti nega. Ci mancherebbe altro. Arrivederci, capitano.
Val.Mo.