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Scavolini, è arrivato l'asso McGhee

PESARO - «Wow, great!». La stupenda sagoma del Palasport si staglia improvvisa all’orizzonte, per chi arriva a Pesaro in austostrada proveniente da sud: un fungo proteso imperiosamente verso il cielo. Ario Costa lo indica ad Aaron McGhee e l’Asso, con un largo sorriso, si compiace di quella che sarà la sua nuova “arena". Un assolato pomeriggio d’estate (e finalmente!) per dare il benvenuto in città all’uomo che forse più di ogni altro è chiamato a far grande la nuova Scavolini. Per un... Fenomeno che non vedrebbe l’ora di lasciare il nostro Paese, un Asso che non vedeva l’ora di arrivarci. L’unico momento di suspance, per il direttore generale della Vuelle, è stato quando all’aeroporto di Falconara, all’ora prestabilita (le 16,15) sono arrivati solo i bagagli di McGhee e della ragazza che lo accompagna (Dariela). Il suo aereo era in ritardo di una mezz’oretta, niente di allarmante. E infatti alle quattro e tre quarti Ace è sbarcato in Italia, e neppure un’ora dopo scendeva dall’auto di Costa di fronte alla sede biancorossa in Via Paterni.
Stanco? «Abbastanza, grazie». Ad attenderlo ci sono solo (pochi) giornalisti e fotografi, oltre ad Elio Giuliani per la Vuelle. Nessun bagno di folla e neppure la solita presentazione in grande stile alla stampa al completo. Così ha voluto stavolta la società. McGhee - orecchino e collanone d’oro al collo con enorme crocefisso sul petto - è sorridente e gioviale. Al primo impatto, un tipo simpatico e alla mano. Gran fisico, impressionante la massa muscolare, con una statura che ad occhio tiene fede alle promesse delle guide (2,03). La ragazza si mette umilmente in disparte, appena scattano i flash, ma sorride quando vede il viso del compagno illuminarsi: il soprannome Asso gli piace, e gli piace che anche il nick abbia attraversato l’Oceano insieme a lui. Non omette l’immancabile frase d’esordio di tutti gli americani: «It’s a big opportunity for me», ma poi si rivela sincero, originale e immediato nelle risposte: «Del basket italiano non so nulla, scusatemi. Io so solo che devo vincere, vincere il più possibile con la Scavolini, vincere il campionato» (dice proprio così: e chi ha il coraggio di obiettare?). Dopo la sua eccellente stagione alla Oklahoma University e le strepitose partite che ha disputato nei tornei pre-draft (MVP a Portsmouth, con 44 punti e 22 rimbalzi in due gare!), come mai non è stato scelto dalla Nba? «Non lo so e sinceramente non me ne importa più niente. Adesso sono alla Scavolini e voglio far vedere qui quello che sono capace di fare». In che ruolo le piace giocare? «Mi trovo a mio agio soprattutto come ala grande: stare vicino al canestro ma anche uscire per tirare da fuori».
Il coach di Oklahoma Kelvin Sampson adesso è entusiasta di Aaron, dopo averlo fatto ammattire per quattro anni: «Ha saputo mettermi addosso una pressione enorme. Mi ha insegnato a giocare duro, a impegnarmi al massimo, perché così i risultati sarebbero arrivati. E aveva ragione. Adesso dice che sono diventato un “operaio" del parquet, sarà perché ci metto la grinta e il cuore». Ha disputato un torneo al fianco di Clarence Gilbert, suo nuovo compagno in maglia biancorossa: che ci dice di lui? «Che è un ottimo ragazzo e un tiratore formidabile». Lo sa che la Scavolini di quest’anno è stata costruita all’insegna dei giovani? «Sì, lo so, e penso che il vostro pubblico si divertirà parecchio, perché daremo alla squadra tutta la nostra freschezza ed energia». La prima impressione di Pesaro? «Fantastica: il sole, il mare così vicino... Arrivando in macchina ho visto delle cose molto belle, però non vedo l’ora di conoscere la gente». “The people"... “the fans"... McGhee insiste più volte su questo tasto. Per un ragazzo fresco di college è di vitale importanza il calore della piazza: quel filo diretto con l’ambiente sociale non ancora reciso dalle fredde leggi economiche dello sport professionistico (americano). Ma per l’abbraccio col popolo biancorosso, l’Asso dovrà aspettare: per il momento ad attenderlo sono le montagne di Folgaria, dove sarà accompagnato oggi per essere accolto da coach Crespi e dai nuovi compagni di avventura. «Per me non c’è problema - dice con un sorriso divertito - è il mio lavoro che comincia, e io non vedo l’ora di cominciarlo, qui oppure in montagna non fa nessuna differenza».
Adesso al gruppo mancano soltanto le due guardie di colore, il “tiratore" Gilbert (la Roccia) e il “realizzatore" Richardson (Norm... “the storm", naturalmente, come il vecchio grande Nixon che vestì anche lui la casacca biancorossa).
Giancarlo Iacchini
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