TREVISO. Ettore Messina ha dimenticato gli «apprezzamenti» che riceveva dal presidente Giorgio Buzzavo durante una delle tante sfide infuocate fra Benetton e Virtus Bologna, figurarsi se non ha metabolizzato qualche piccolo screzio avuto con qualche cronista trevigiano al termine di una partita persa sul filo degli uno-due punti... E così un'ora di conversazione con il coach più vincente del basket europeo, seppure all'interno della fornace della palestra della Ghirada, si trasforma in un colloquio amichevole. Quando viene a sapere che chi scrive è veneziano, cominciano a venirgli in mente i ricordi della sua gioventù con richieste di saluti a qualche interprete di una Reyer, purtroppo, defunta da un pezzo. Non s'irrigidisce nemmeno quando gli parliamo di Dado Lombardi e Marco Madrigali e non si rifiuta d'illustrare nemmeno le caratteristiche principali del suo carattere. Rinuncia con cortesia solo ad un paio di domande, ma non sono certo queste cose a spostare l'estrema positività dell'approccio. Messina, dopo vent'anni trascorsi a Bologna, ha un grandissimo entusiasmo nel mettersi nuovamente alla prova in una piazza stimolante come quello della Benetton campione d'Italia. Una piazza che gli offrirà la possibilità di arricchire la sua già ricca bacheca di trofei.
Cosa si prova a lasciare Bologna dopo vent'anni?
«E' una combinazione di dispiacere, ma anche di eccitazione nel provare un'esperienza importante come questa. Credo che allenare la Benetton possa essere molto utile per la mia crescita e maturazione e per raggiungere obiettivi molto importanti».
Come si riesce a diventare il coach più vincente d'Europa?
«Ho avuto la fortuna di far parte di un gruppo di allenatori con la capacità di guidare squadre ad alti livelli. Se pensi, poi, dopo una vittoria, di esser arrivato, è la fine. Bisogna avere, invece, sempre, grandi motivazioni, curiosità ed entusiasmo come io cercherò di mettere fin dai primi giorni qui a Treviso».
Che percentuali dà, nel raggiungimento dei suoi successi, ai giocatori?
«Elevatissima, anche se all'inizio della mia carriera ho avuto a che fare anche con giocatori normali. I veri artefici dei successi della Virtus sono stati Cazzola, Porelli e Madrigali che hanno costruito roster di grande levatura. Come, per Treviso, il fautore dei trionfi è stato Gilberto Benetton».
I suoi legami con il Veneto restano solidi?
«Fra Venezia e Mestre ho ancora tre amici carissimi. Mia figlia, poi, di 15 anni, abita a Mestre, dove c'è anche mia madre. Del resto, mio padre è nato a Venezia da genitori siciliani. Anche se i miei primi cinque di vita li ho trascorsi in Sicilia, la giovinezza l'ho passata fra Mestre e Venezia: ho frequentato il liceo Franchetti, ho giocato con la Reyer, che ho anche allenato a livello giovanile...».
Lombardi, quando sente il suo nome, vuol cambiare argomento, lei che dice?
«Non alcun interesse di parlare nè di lui, nè di Madrigali. Se ho rinunciato a due anni di contratto, è perchè non condividevo la politica societaria e, diciamolo chiaro, dopo i fatti dell'11 marzo (il clamoroso esonero dopo la rovinosa sconfitta di Pesaro, ndr), qualcosa, nei rapporti interpersonali, si era rotto. Ciò che conta, comunque, è che a che livello resterà la squadra. Nella Bologna virtussina c'è un momento di grande sfiducia perchè, a differenza della Fortitudo, che ha già individuato alla perfezione la sua idea di squadra con l'ingaggio di giocatori importanti per quasi ogni ruolo, non è stato ancora deciso il tipo di roster da proporre per la prossima stagione».
Concorda con Lombardi sul fatto che Treviso sia la squadra da battere?
«Per definizione la squadra che ha vinto lo scudetto è sempre la squadra da battere, ma non si può dimenticare che Siena, con gli ingaggi di Ford e Turkcan, i colpi più importanti dell'ultimo mercato, è la squadra che si è rafforzata con maggior oculatezza. Nel lotto delle pretendenti non si possono mai dimenticare le due bolognesi, Cantù e, per certi versi, anche Roma».
I colpo più importante della Benetton è stato l'arrivo di Messina?
«Non lo so: mi aguro solo che, alla fine della stagione, il signor Gilberto Benetton, che mi ha riservato un'accoglienza molto calorosa, ed è una una persona che ha la capacità di mettere qualunque a suo agio, possa essere soddisfatto, assieme alla società, del mio operato».
Qualcuno afferma che, al termine dei quattro anni di contratto, diventerà il nuovo general manager biancoverde visto che, a Gherardini, il Barcellona fa una corte spietata...
«Questa poi non l'avevo ancora sentita... C'è stato qualcuno, come il mio amico Scariolo, che ha provato a fare anche il direttore generale al Real Madrid, mai poi è stato segato... Ritengo che sia impossibile, a livello di grandi club, ricoprire entrambi i ruoli. Ora, però, fatemi almeno iniziare il primo anno e terminare il mio contratto».
A Treviso si è ricreato un pezzetto di Virtus...
«Sì, con Lele, Cuzzo e Renato, c'è una bella fetta di Virtus. A proposito, molti bolognesi mi hanno già detto che verranno a vedere la Benetton al Palaverde. Loro amano andare a Cortina nei week-end e, al ritorno, non mancheranno di fare una capatina a Treviso».
Cosa proverà ad affrontare, dall'altra parte della barricata, già il 14 settembre nella Supercoppa, a Genova, la Virtus?
«Sarà sicuramente la cosa più difficile: sono affezionato ai giocatori, al club e ai tifosi. Proprio per questo sono contento di partecipare al torneo di Urbino: se andasse bene ad entrambi, potremmo rivederci nella finalissima del 31 agosto. A Genova, così, l'impatto sarebbe meno devastante».
A proposito, la Virtus ha sistemato le sue pendenze economiche?
No, la vicenda si sistemerà con gli avvocati e questo mi dispiace: lo stile del club, purtoppo, non è più quello di Porelli e Cazzola...».
Come vede l'approdo di Meneghin alla sponda opposta di «Basket City»?
«Assai problematico: Andrea ha una resposabilità enorme di far bene. I tifosi della Virtus non gli hanno ancora perdonato una serie di gestacci durante qualche derby, figurarsi se, fin dalle prime partite, il suo rendimento non fosse pari alle attese».
Vedremo mai Messina alla Fortitudo?
«Non credo: i tifosi della Virtus non me lo perdonerebbero mai, ma perchè non parliamo della Benetton?».
Subito accontentato: l'incognita maggiore sembra quella dell'inserimento di Stojic come ala piccola?
«In quel ruolo, non dimentichiamolo, abbiamo anche un certo Pittis... Ad ogni buon conto, se Mario inizierà la stagione con il giusto approccio mentale e soprattutto se starà bene fisicamente, potrà dare un contributo concreto alla squadra. Ho a disposizione, comunque, parecchie soluzioni, vedi quello di far giocare assieme Bulleri, Edney e Langdon».
Quali sono le partite che ricorda con maggior piacere?
«La finale di Coppa delle Coppe del '90 a Firenze con il Real Madrid, contro il quale ho conquistato il mio primo trofeo internazionale, e la vittoria della Coppa Italia del 2000-01, la gara nella quale è nato il gruppo storico della Kinder del grande Slam».
E quelle, invece, con maggior disappunto?
«La finale di Coppa Italia del 1999-2000, persa proprio contro la Benetton, e quella dell'ultima Eurolega contro il Panathinaikos, nella quale non riuscimmo a controllare l'ansia di conquistare un trofeo così importante davanti ai nostri tifosi».
In Eurolega è il Barcellona la squadra da battere?
«Indubbiamente: con Bodiroga e Fucka, i blaugrana hanno un roster fortissimo. E, poi, se ci arriveranno, giocheranno le Final Four in casa, dove, ovviamente, contiamo di esserci anche noi».
Cosa si prova a lasciare Bologna dopo vent'anni?
«E' una combinazione di dispiacere, ma anche di eccitazione nel provare un'esperienza importante come questa. Credo che allenare la Benetton possa essere molto utile per la mia crescita e maturazione e per raggiungere obiettivi molto importanti».
Come si riesce a diventare il coach più vincente d'Europa?
«Ho avuto la fortuna di far parte di un gruppo di allenatori con la capacità di guidare squadre ad alti livelli. Se pensi, poi, dopo una vittoria, di esser arrivato, è la fine. Bisogna avere, invece, sempre, grandi motivazioni, curiosità ed entusiasmo come io cercherò di mettere fin dai primi giorni qui a Treviso».
Che percentuali dà, nel raggiungimento dei suoi successi, ai giocatori?
«Elevatissima, anche se all'inizio della mia carriera ho avuto a che fare anche con giocatori normali. I veri artefici dei successi della Virtus sono stati Cazzola, Porelli e Madrigali che hanno costruito roster di grande levatura. Come, per Treviso, il fautore dei trionfi è stato Gilberto Benetton».
I suoi legami con il Veneto restano solidi?
«Fra Venezia e Mestre ho ancora tre amici carissimi. Mia figlia, poi, di 15 anni, abita a Mestre, dove c'è anche mia madre. Del resto, mio padre è nato a Venezia da genitori siciliani. Anche se i miei primi cinque di vita li ho trascorsi in Sicilia, la giovinezza l'ho passata fra Mestre e Venezia: ho frequentato il liceo Franchetti, ho giocato con la Reyer, che ho anche allenato a livello giovanile...».
Lombardi, quando sente il suo nome, vuol cambiare argomento, lei che dice?
«Non alcun interesse di parlare nè di lui, nè di Madrigali. Se ho rinunciato a due anni di contratto, è perchè non condividevo la politica societaria e, diciamolo chiaro, dopo i fatti dell'11 marzo (il clamoroso esonero dopo la rovinosa sconfitta di Pesaro, ndr), qualcosa, nei rapporti interpersonali, si era rotto. Ciò che conta, comunque, è che a che livello resterà la squadra. Nella Bologna virtussina c'è un momento di grande sfiducia perchè, a differenza della Fortitudo, che ha già individuato alla perfezione la sua idea di squadra con l'ingaggio di giocatori importanti per quasi ogni ruolo, non è stato ancora deciso il tipo di roster da proporre per la prossima stagione».
Concorda con Lombardi sul fatto che Treviso sia la squadra da battere?
«Per definizione la squadra che ha vinto lo scudetto è sempre la squadra da battere, ma non si può dimenticare che Siena, con gli ingaggi di Ford e Turkcan, i colpi più importanti dell'ultimo mercato, è la squadra che si è rafforzata con maggior oculatezza. Nel lotto delle pretendenti non si possono mai dimenticare le due bolognesi, Cantù e, per certi versi, anche Roma».
I colpo più importante della Benetton è stato l'arrivo di Messina?
«Non lo so: mi aguro solo che, alla fine della stagione, il signor Gilberto Benetton, che mi ha riservato un'accoglienza molto calorosa, ed è una una persona che ha la capacità di mettere qualunque a suo agio, possa essere soddisfatto, assieme alla società, del mio operato».
Qualcuno afferma che, al termine dei quattro anni di contratto, diventerà il nuovo general manager biancoverde visto che, a Gherardini, il Barcellona fa una corte spietata...
«Questa poi non l'avevo ancora sentita... C'è stato qualcuno, come il mio amico Scariolo, che ha provato a fare anche il direttore generale al Real Madrid, mai poi è stato segato... Ritengo che sia impossibile, a livello di grandi club, ricoprire entrambi i ruoli. Ora, però, fatemi almeno iniziare il primo anno e terminare il mio contratto».
A Treviso si è ricreato un pezzetto di Virtus...
«Sì, con Lele, Cuzzo e Renato, c'è una bella fetta di Virtus. A proposito, molti bolognesi mi hanno già detto che verranno a vedere la Benetton al Palaverde. Loro amano andare a Cortina nei week-end e, al ritorno, non mancheranno di fare una capatina a Treviso».
Cosa proverà ad affrontare, dall'altra parte della barricata, già il 14 settembre nella Supercoppa, a Genova, la Virtus?
«Sarà sicuramente la cosa più difficile: sono affezionato ai giocatori, al club e ai tifosi. Proprio per questo sono contento di partecipare al torneo di Urbino: se andasse bene ad entrambi, potremmo rivederci nella finalissima del 31 agosto. A Genova, così, l'impatto sarebbe meno devastante».
A proposito, la Virtus ha sistemato le sue pendenze economiche?
No, la vicenda si sistemerà con gli avvocati e questo mi dispiace: lo stile del club, purtoppo, non è più quello di Porelli e Cazzola...».
Come vede l'approdo di Meneghin alla sponda opposta di «Basket City»?
«Assai problematico: Andrea ha una resposabilità enorme di far bene. I tifosi della Virtus non gli hanno ancora perdonato una serie di gestacci durante qualche derby, figurarsi se, fin dalle prime partite, il suo rendimento non fosse pari alle attese».
Vedremo mai Messina alla Fortitudo?
«Non credo: i tifosi della Virtus non me lo perdonerebbero mai, ma perchè non parliamo della Benetton?».
Subito accontentato: l'incognita maggiore sembra quella dell'inserimento di Stojic come ala piccola?
«In quel ruolo, non dimentichiamolo, abbiamo anche un certo Pittis... Ad ogni buon conto, se Mario inizierà la stagione con il giusto approccio mentale e soprattutto se starà bene fisicamente, potrà dare un contributo concreto alla squadra. Ho a disposizione, comunque, parecchie soluzioni, vedi quello di far giocare assieme Bulleri, Edney e Langdon».
Quali sono le partite che ricorda con maggior piacere?
«La finale di Coppa delle Coppe del '90 a Firenze con il Real Madrid, contro il quale ho conquistato il mio primo trofeo internazionale, e la vittoria della Coppa Italia del 2000-01, la gara nella quale è nato il gruppo storico della Kinder del grande Slam».
E quelle, invece, con maggior disappunto?
«La finale di Coppa Italia del 1999-2000, persa proprio contro la Benetton, e quella dell'ultima Eurolega contro il Panathinaikos, nella quale non riuscimmo a controllare l'ansia di conquistare un trofeo così importante davanti ai nostri tifosi».
In Eurolega è il Barcellona la squadra da battere?
«Indubbiamente: con Bodiroga e Fucka, i blaugrana hanno un roster fortissimo. E, poi, se ci arriveranno, giocheranno le Final Four in casa, dove, ovviamente, contiamo di esserci anche noi».