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La nuova Scavolini è già da corsa

Positivo il test di Rimini contro Providence

PESARO - La prima volta del triplo arbitraggio, “Gilberto" (come viene chiamato l’esterno di Missouri dai suoi compagni) che indossa il 5 di Booker (Melvin - in realtà - avrebbe voluto che il suo numero restasse “bianco"), la riscoperta Malaventura e l’intercambiabilità dei nove (da oggi dieci) leoncini di Crespi. Il coach in scarpe da ginnastica che gioca dalla panchina (ma anche dentro il campo): mima, si agita, sbraita, appplaude, le rotazioni che rendono tutti importanti, i punti distribuiti. McGhee che è un cubo sul cubo dei cambi, Christoffersen che - in ginocchio - è alto quanto Crespi, Beric spronato e motivato che diventa una delizia per le pupille, Pecile più maturo e responsabile. L’inesperienza del gruppo si vede, gli errori sono tanti, ma a Rimini si sono visti più contropiedi che in tutta la scorsa annata. Ci si butta, c’è spazio per lo show e se Providence non avesse sostenitori? Nessun problema, ci pensano i ragazzi della panchina americana a intonare cori cadenzati dal clap clap ripetuto. L’Mvp é Beric - meritatamente - che stringe il suo trofeo che nessuno gli porterà via. «La prima partita è sempre difficile - ammette Misha senza falsi proclami - Abbiamo le gambe pesanti e siamo carichi di lavoro, dopo 20 giorni di preparazione. Non mi sono piaciute le tante palle perse, però è un dato abbastanza normale oggi. Ho visto grande voglia da parte di tutti e questo è molto importante. Si è giocato tanto per me, ma io non sono contento, perchè ho sbagliato molti tiri che di solito metto. Però per essere la prima uscita non possiamo lamentarci, adesso spero che miglioreremo di giorno in giorno». Gli urlacci di Crespi non gli mettono soggezione, Beric pare aver ritrovato se stesso e dimostra di trovarsi a suo agio nel ruolo di chioccia valorizzata. A ritirare la Coppa per la Scavolini, squadra vincitrice dell’amichevole con Providence, è stato Silvio Gigena: «La società e l’allenatore hanno designato me - spiega il gaucho, onorato della scelta - Di solito lo fa il capitano... Capitano o no sono molto contento, il mio “carisma" (forse Silvio voleva dire “grinta" -ndr) ha contagiato gli altri e in spogliatoio erano tutti allegri. Mi rispettavano, mi facevano i complimenti e a McGhee e Gilbert è piaciuto il mio soprannome “Gigio"». Gasatissimo per l’ultima arrivata in famiglia, la dedica dell’argentino non poteva essere diversa: «E’ per Rosìo, la mia bambina, che mi somiglia come una goccia d’acqua - sostiene, fiero, il neo-papà - E’ una sensazione indescrivibile... Mi è piaciuto il mio primo canestro: un sottomano in acrobazia con fallo subito, ma la squadra è andata molto bene nonostante le 13 palle perse nei primi 20 minuti. Sappiamo che siamo fatti per correre e il rischio di qualche palla gettata al vento esiste. Dobbiamo conoscerci meglio e sistemare qualche blocco... Per il resto siamo sulla strada giusta».
Altra nota positiva della serata, la prestazione di Matteo Malaventura. «Cerco sempre di dare il massimo e sono contento se dite che il pubblico mi ha apprezzato - ammette un emozionato “Mala" - Il coach era contento, dobbiamo continuare così». Minuti per tutti e punti ben distribuiti... «E’ la filosofia di quest’anno. Ho visto tutti bene, ci si dava i cinque anche quando si sbagliava e questa è una cosa molto positiva». L’impressione è che in campo vi divertivate... «Per giocare a basket bisogna divertirsi! Accade quando riusciamo a riprodurre in partita quello che facciamo in allenamento». Infine Ken Lacey, un lottatore che si fa apprezzare ogni giorno di più e che sta perfezionando il suo italiano: «Nel primo tempo non abbiamo giocato insieme, con l’intensità di cui abbiamo bisogno. Nella ripresa siamo cresciuti (forze fresche in continuazione, è la filosofia di Crespi, che pagherà -ndr) ma ora non possiamo fermarci».
Camilla Cataldo
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