PESARO – Tra un tiro sbagliato e una palla persa la nuova, nuovissima Scavolini ha “conquistato" i pesaresi accorsi l’altra sera al palasport di Rimini malgrado l’inclemenza del tempo. Superato l’iniziale straniamento della gente sugli spalti (e Booker dov’è?... Per la cronaca: era a Milano a segnarne 34 alla sua ex Olimpia) ed anche dell’inedito giocattolo sul parquet, è finita tra gli applausi, i cori affettuosi e una lunga raffica di “cinque" scambiati con i giocatori, i quali hanno cercato il “contatto" con i tifosi e hanno saputo meritare la loro simpatia correndo, sudando e lottando senza respiro dall’inizio alla fine della gara. Poco importante sul piano del risultato e del tabellino ma forse molto dal punto di vista psicologico, per una squadra che deve “presentarsi" e un pubblico costretto a decidere subito (l’ora degli abbonamenti incombe) se darle fiducia o meno.
I tiri sbagliati e le palle perse di cui sopra, oltre ad essere normali – così come i muscoli imballati – in questa fase preparatoria della stagione, sono normali anche come effetti (indesiderati) di un gioco condotto a ritmo vorticoso per quaranta minuti su quaranta, in un metaforico diluvio di contropiedi analogo al diluvio letterale che fuori dal Flaminio stava tormentando la Riviera. Se questo non bastasse a garantire il “divertimento" mettiamoci anche la grinta a muso duro profusa dai neobiancorossi, la disponibilità a gettarsi senza risparmio su ogni pallone (vedi McGhee), nonché il... fattore Crespi. Agitandosi a bordo campo fin dalla prima amichevole, “puntando" i suoi uomini quasi volesse piegare il cucchiaio col pensiero e telecomandare i loro movimenti, alternando severo e magnanime il bastone e la carota, il coach biancorosso ha dato vita a un festival rutilante di vorticose rotazioni al termine del quale, davvero, perde qualunque importanza la composizione del quintetto iniziale. E quello finale si ritrova ad allineare giocatori “freschi" e pronti, rodati e “caldi" per aver avuto modo di entrare ripetutamente in partita, non spompati da uno “starting five" tirato fino all’usura o bruciati dall’essere strappati alla panchina “per disperazione". Dieci titolari veri, come dev’essere.
In questo senso, per lo spirito e la “forma" – prima che per un “contenuto" ancora embrionale – va giudicato l’esordio di Rimini, sperando comunque che faccia testo il gioco finalmente asciutto e puntuale di Beric e la sorprendente “presenza" del Danesone, e non faccia testo invece la prestazione offensiva di un titubante McGhee... (ma d’altronde l’Asso stava giocando contro gli stessi collegiali contro i quali per quattro anni ha fatto sfracelli!). Collegiali davvero ben organizzati anche fuori del parquet: la prima cronaca dettagliata dell’esordio biancorosso è infatti apparsa l’altra notte, poco dopo la gara, sul sito Internet della Providence University. E ci sembra interessante riferire come i “Frati" hanno visto la serata riminese: “Alla terza data del Tour italiano abbiamo rimediato la prima sconfitta, ma d’altronde giocavamo contro la Scavolini, una delle squadra più forti d’Italia. Ci ha ammazzati Misha Beric con i suoi tiri, ma hanno fatto danni anche gli ex universitari Christoffersen e McGhee, quest’ultimo una forza sotto i tabelloni. Gli italiani hanno giocato duro: aver tenuto testa per oltre metà gara a un avversario così tosto è già un buon risultato per i Friars".
Giancarlo Iacchini
I tiri sbagliati e le palle perse di cui sopra, oltre ad essere normali – così come i muscoli imballati – in questa fase preparatoria della stagione, sono normali anche come effetti (indesiderati) di un gioco condotto a ritmo vorticoso per quaranta minuti su quaranta, in un metaforico diluvio di contropiedi analogo al diluvio letterale che fuori dal Flaminio stava tormentando la Riviera. Se questo non bastasse a garantire il “divertimento" mettiamoci anche la grinta a muso duro profusa dai neobiancorossi, la disponibilità a gettarsi senza risparmio su ogni pallone (vedi McGhee), nonché il... fattore Crespi. Agitandosi a bordo campo fin dalla prima amichevole, “puntando" i suoi uomini quasi volesse piegare il cucchiaio col pensiero e telecomandare i loro movimenti, alternando severo e magnanime il bastone e la carota, il coach biancorosso ha dato vita a un festival rutilante di vorticose rotazioni al termine del quale, davvero, perde qualunque importanza la composizione del quintetto iniziale. E quello finale si ritrova ad allineare giocatori “freschi" e pronti, rodati e “caldi" per aver avuto modo di entrare ripetutamente in partita, non spompati da uno “starting five" tirato fino all’usura o bruciati dall’essere strappati alla panchina “per disperazione". Dieci titolari veri, come dev’essere.
In questo senso, per lo spirito e la “forma" – prima che per un “contenuto" ancora embrionale – va giudicato l’esordio di Rimini, sperando comunque che faccia testo il gioco finalmente asciutto e puntuale di Beric e la sorprendente “presenza" del Danesone, e non faccia testo invece la prestazione offensiva di un titubante McGhee... (ma d’altronde l’Asso stava giocando contro gli stessi collegiali contro i quali per quattro anni ha fatto sfracelli!). Collegiali davvero ben organizzati anche fuori del parquet: la prima cronaca dettagliata dell’esordio biancorosso è infatti apparsa l’altra notte, poco dopo la gara, sul sito Internet della Providence University. E ci sembra interessante riferire come i “Frati" hanno visto la serata riminese: “Alla terza data del Tour italiano abbiamo rimediato la prima sconfitta, ma d’altronde giocavamo contro la Scavolini, una delle squadra più forti d’Italia. Ci ha ammazzati Misha Beric con i suoi tiri, ma hanno fatto danni anche gli ex universitari Christoffersen e McGhee, quest’ultimo una forza sotto i tabelloni. Gli italiani hanno giocato duro: aver tenuto testa per oltre metà gara a un avversario così tosto è già un buon risultato per i Friars".
Giancarlo Iacchini