TREVISO. Manca poco meno di un mese al via della nuova stagione di basket (che avrà il prologo della Supercoppa Benetton-Virtus a Genova, il 14 settembre). Il 22 settembre si svolgerà la prima giornata di serie A. Il basket non è il calcio, comunque i problemi non mancano nemmeno qui. E' una stagione che parte con molte incognite, legate anche alla diatriba sul numero di stranieri da tesserare. E nasce con molti club ancor alla ricerca della reale fisionomia, con «roster» tuttora tutt'altro che difiniti, in primis quelli delle due bolgnesi. Ne parliamo con Piero Bucchi.
In poco più di un anno Piero Bucchi ha cambiato quattro squadre: dopo aver lasciato la Benetton è andato a Wroklawek, in Polonia; dopo un tuttora misterioso licenziamento (la squadra stava andando benone) c'è stato l'approdo a Napoli. Promozione in A/1, e nuovo divorzio; infine l'arrivo a Roma, con la gestione di una squadra che per qualcuno potrebbe puntare ad entrare anche nelle prime quattro.
«Non direi - minimizza il coach bolognese - Anche la mia società, come altre, ha operato una riduzione del budget, ciò spiega la rinuncia ad Allen e Handlogten. Questo non significa che non sia soddisfatto del nostro mercato: l'obiettivo sarà quello di consolidare i risultati raggiunti quest'anno cercando di compiere il salto di qualità. Mi rendo conto che ho l'occasione per guidare un'altra squadra importante, una piazza molto stimolante, un pubblico che però va svegliato e riportato al palasport: mi sono già reso conto che qui c'è una certa disaffezione».
Quale sarà il club emergente?
«Cantù dovrebbe ripetersi, ma non avrà più il fattore sorpresa, piuttosto vedo bene Milano e Pesaro».
Che ne pensa della norma che limita a quattro gli stranieri in campionato?
«Che poteva anche avere un senso, purtroppo si sono sbagliati i tempi: una legge varata all'ultimo minuto non poteva non creare delle difficoltà. Tutelare i nostri vivai è giusto, ma bisognava saperlo almeno due-tre mesi prima, ci sarebbe stato il modo di organizzarci. In questo modo no, perché si sono dati dei vantaggi a club che avevano stranieri con contratti già in essere. Oltretutto non c'è certezza nemmeno per il futuro, e quindi non si può programmare nulla».
Che mercato è stato? A parte quelli sbarcati nella Nba, abbiamo perso il nostro miglior giocatore, Fucka, finito al Barcellona.
«Vedo in effetti un ridimensionamento, un livellamento verso il basso, anche considerando che le bolognesi non spendono più come prima: Siena è stata quella che ha investito di più, e quindi con la Benetton la metto tra le favorite, appena dietro Virtus e Fortitudo, gente abituata a lottare per il vertice. Dovrebbe essere un campionato molto equilibrato, in cui emergeranno le squadre con il gruppo più solido ed affiatato».
Come sono i suoi rapporti con la Benetton?
«Sempre piuttosto buoni ed amichevoli. Ogni tanto mi sento, sempre con estremo piacere, con Gherardini, Cirelli ed altri. A Treviso ho vissuto un anno molto positivo, quello successivo un po' meno, ma complessivamente è stata un'esperienza molto utile, che mi ha arricchito. D'altra parte ogni allenatore migliora in base alle esperienze che fa».
Ma si aspettava che Nachbar, che con lei faceva più che altro panchina, finisse tra i professionisti con una scelta altissima?
«All'inizio lui era un giocatore arrivato dalla Slovenia messo piuttosto male dal punto di vista atletico, faceva fatica a tener botta, anche in difesa. Poi d'inverno lavorò molto duramente ed io dissi, in tempi non sospetti, che quel ragazzo così bravo e pieno di talento avrebbe raccolto le soddisfazioni che meritava, a prescindere dall'allenatore».
Lei è un discepolo di Messina: come vede la sua presenza a Treviso?
«Ettore è un grande allenatore, uno dei più bravi in Europa. Abbinato ad una società dalla eccellente organizzazione come la Benetton credo che continuerà ad esprimere tutta la sua grande potenzialità».
In poco più di un anno Piero Bucchi ha cambiato quattro squadre: dopo aver lasciato la Benetton è andato a Wroklawek, in Polonia; dopo un tuttora misterioso licenziamento (la squadra stava andando benone) c'è stato l'approdo a Napoli. Promozione in A/1, e nuovo divorzio; infine l'arrivo a Roma, con la gestione di una squadra che per qualcuno potrebbe puntare ad entrare anche nelle prime quattro.
«Non direi - minimizza il coach bolognese - Anche la mia società, come altre, ha operato una riduzione del budget, ciò spiega la rinuncia ad Allen e Handlogten. Questo non significa che non sia soddisfatto del nostro mercato: l'obiettivo sarà quello di consolidare i risultati raggiunti quest'anno cercando di compiere il salto di qualità. Mi rendo conto che ho l'occasione per guidare un'altra squadra importante, una piazza molto stimolante, un pubblico che però va svegliato e riportato al palasport: mi sono già reso conto che qui c'è una certa disaffezione».
Quale sarà il club emergente?
«Cantù dovrebbe ripetersi, ma non avrà più il fattore sorpresa, piuttosto vedo bene Milano e Pesaro».
Che ne pensa della norma che limita a quattro gli stranieri in campionato?
«Che poteva anche avere un senso, purtroppo si sono sbagliati i tempi: una legge varata all'ultimo minuto non poteva non creare delle difficoltà. Tutelare i nostri vivai è giusto, ma bisognava saperlo almeno due-tre mesi prima, ci sarebbe stato il modo di organizzarci. In questo modo no, perché si sono dati dei vantaggi a club che avevano stranieri con contratti già in essere. Oltretutto non c'è certezza nemmeno per il futuro, e quindi non si può programmare nulla».
Che mercato è stato? A parte quelli sbarcati nella Nba, abbiamo perso il nostro miglior giocatore, Fucka, finito al Barcellona.
«Vedo in effetti un ridimensionamento, un livellamento verso il basso, anche considerando che le bolognesi non spendono più come prima: Siena è stata quella che ha investito di più, e quindi con la Benetton la metto tra le favorite, appena dietro Virtus e Fortitudo, gente abituata a lottare per il vertice. Dovrebbe essere un campionato molto equilibrato, in cui emergeranno le squadre con il gruppo più solido ed affiatato».
Come sono i suoi rapporti con la Benetton?
«Sempre piuttosto buoni ed amichevoli. Ogni tanto mi sento, sempre con estremo piacere, con Gherardini, Cirelli ed altri. A Treviso ho vissuto un anno molto positivo, quello successivo un po' meno, ma complessivamente è stata un'esperienza molto utile, che mi ha arricchito. D'altra parte ogni allenatore migliora in base alle esperienze che fa».
Ma si aspettava che Nachbar, che con lei faceva più che altro panchina, finisse tra i professionisti con una scelta altissima?
«All'inizio lui era un giocatore arrivato dalla Slovenia messo piuttosto male dal punto di vista atletico, faceva fatica a tener botta, anche in difesa. Poi d'inverno lavorò molto duramente ed io dissi, in tempi non sospetti, che quel ragazzo così bravo e pieno di talento avrebbe raccolto le soddisfazioni che meritava, a prescindere dall'allenatore».
Lei è un discepolo di Messina: come vede la sua presenza a Treviso?
«Ettore è un grande allenatore, uno dei più bravi in Europa. Abbinato ad una società dalla eccellente organizzazione come la Benetton credo che continuerà ad esprimere tutta la sua grande potenzialità».