BARCELLONA - Definirla lunga parrebbe azzardato, perché la sveglia è suonata alle 6 offrendo a tutti un´alba catalana ancora buia, fredda e piovosa, ma come minimo è stata molto intensa la notte spagnola della Fortitudo. Tranne che in campo, naturalmente. Lì, spupazzati dai blaugrana di Aito, i biancoblù erano apparsi talmente soffici e indifesi da far quasi tenerezza. L´intensità sarebbe venuta un paio d´ore più tardi, servita insieme a un altrettanto tenero carpaccio di tonno nella braseria dell´Hotel Plaza, durante un fulmineo summit dello staff dirigenziale imposto da una telefonata di Giorgio Seragnoli, a quel che se ne dice muy caliente.
Al tavolo circolare stavano il coach Matteo Boniciolli (evidentemente nella posizione più scomoda), l´amministratore delegato Massimo Gambini, il direttore generale Enzo Lefebre, l´uomo di fiducia del patron, Marco Minelli, e il direttore sportivo Santi Puglisi. Ogni tanto qualche domanda calava al centro della tavolata, e toccava sempre a Boniciolli esaudirla. Com´è, come non è, come potrà essere, come mai è stato così. Già, com´è che questa squadra si è persa da una settimana e non dà più notizie di sé? E come mai non è nemmeno capace di reggere il moccolo alle sconfitte, mettendosi in castigo alla prima palla a due? E come se ne può saltar fuori, senza perdere troppo tempo e soprattutto il primo posto in campionato?
Chi perde spiega, insegna Velasco. E così ha fatto Boniciolli, davanti a quei commensali avidi di spiegazioni da potere, e da dovere, riferire. Molte scuse, il coach non ne ha peraltro dovute trovare. Che la condizione fisica dei suoi sia pessima, lo si nota a occhio nudo. E che questo gruppo sia nato per farsi strada impugnando la scimitarra, e non certo toccando di fioretto, è altrettanto chiaro ai più. Quindi, come pretendere di giudicarlo nei sette giorni più bui di tutta una stagione, che fino a una settimana fa era andata benone, se non benissimo?
Eppure, per dare decisiva sostanza a quella inconfutabile tesi, resa ancor più solida dall´assenza in extremis di Meneghin, è stata necessaria la testimonianza di Pilu Pilutti, biancoblù di mille battaglie e altrettante crisi, ragazzo dalla testa sul collo e dalle visioni adulte. Capitano alzatevi, gli è stato detto: e lui, lasciata salire in camera la squadra per l´immeritato riposo, si è seduto al tavolo per testimoniare. Cosa? In buona sostanza, che un esonero dell´allenatore sarebbe stato il peggiore dei rimedi, o se volete una cura più dannosa della malattia. Nessuno, in realtà, gli aveva detto chiaro e tondo che all´ordine della notte ci fosse un possibile licenziamento, ma lui che sa come vanno queste faccende ha giocato d´anticipo. Prima di poter andare tutti a letto, si sono dovute comunque fare le due, come hanno potuto testimoniare quelli che ancora ciondolavano nella hall del Plaza a quell´ora.
L´indomani, cioè ieri, la sveglia barbara ha fatto uscire dal letto anche il povero e ancora febbricitante Meneghin, bianco come la maglia da trasferta e boccheggiante come la difesa dei suoi compagni davanti a Rentzias e Varejao. Ma non è che ai tavoli del frugale desajuno si siano visti occhi molto più vispi. Tutti sul pullman verso l´aeroporto, per un´inutile rincorsa al volo che doveva partire alle 9.05, e invece si è alzato da Barcellona solo a mezzogiorno. Tempo per parlare, insomma, ne è avanzato ancora molto, ma il difficile è stato trovare qualcuno che ne avesse voglia. Chiacchiere informali quante ne volete, parole da spedire ai giornali molte meno. Ha taciuto Boniciolli, immerso nella lettura di «No Logo», hanno parlato con toni istituzionali gli altri, da Gambini a Lefebre, per smorzare i veleni e le polemiche che, tramite telefonini, parevano già impazzare in città. Pilutti, quanto meno, ha riportato il suo pensiero, ascoltato la notte prima nel summit con molta attenzione, e registrato il giorno dopo in aeroporto dai cronisti, con non meno interesse.
«Ci sono sei mesi di buon lavoro alle spalle, c´è un gruppo che è sempre andato in crescendo: mi sembra un po´ presto per mandare tutto a puttane, non vi pare? Poi lo so che ci siamo giocati l´Europa in due partite, e abbiamo fatto un derby orribile, ma almeno lasciatemi dire che prima di quel derby all´allenamento c´erano 5 titolari, non uno di più, e solo juniores. Sette giorni pessimi, anche pesanti, non credo debbano farci dimenticare che siamo primi in campionato, e soprattutto che siamo finalmente un gruppo, nel bene e nel male. Certo che la squadra è con Boniciolli, ci mancherebbe altro. Tutti siamo con Boniciolli».
No, non ci sarà un ribaltone, però ci sarà da tornare a vincere in fretta. Senza avere troppo tempo per pensare come, e pure con chi. Stasera, contro Imola, c´è una partita che sette giorni fa pareva di burro, e adesso rischia di essere un burrone. Basile starà meglio, Meneghin probabilmente no. Dunque giocherà ancora Goldwire, che pure all´esonero è andato vicinissimo. Dice che avere subito un´altra partita è sempre meglio, dopo le sconfitte brucianti. Vero, ma dipende da come finisce.
Giovanni Egidio
Al tavolo circolare stavano il coach Matteo Boniciolli (evidentemente nella posizione più scomoda), l´amministratore delegato Massimo Gambini, il direttore generale Enzo Lefebre, l´uomo di fiducia del patron, Marco Minelli, e il direttore sportivo Santi Puglisi. Ogni tanto qualche domanda calava al centro della tavolata, e toccava sempre a Boniciolli esaudirla. Com´è, come non è, come potrà essere, come mai è stato così. Già, com´è che questa squadra si è persa da una settimana e non dà più notizie di sé? E come mai non è nemmeno capace di reggere il moccolo alle sconfitte, mettendosi in castigo alla prima palla a due? E come se ne può saltar fuori, senza perdere troppo tempo e soprattutto il primo posto in campionato?
Chi perde spiega, insegna Velasco. E così ha fatto Boniciolli, davanti a quei commensali avidi di spiegazioni da potere, e da dovere, riferire. Molte scuse, il coach non ne ha peraltro dovute trovare. Che la condizione fisica dei suoi sia pessima, lo si nota a occhio nudo. E che questo gruppo sia nato per farsi strada impugnando la scimitarra, e non certo toccando di fioretto, è altrettanto chiaro ai più. Quindi, come pretendere di giudicarlo nei sette giorni più bui di tutta una stagione, che fino a una settimana fa era andata benone, se non benissimo?
Eppure, per dare decisiva sostanza a quella inconfutabile tesi, resa ancor più solida dall´assenza in extremis di Meneghin, è stata necessaria la testimonianza di Pilu Pilutti, biancoblù di mille battaglie e altrettante crisi, ragazzo dalla testa sul collo e dalle visioni adulte. Capitano alzatevi, gli è stato detto: e lui, lasciata salire in camera la squadra per l´immeritato riposo, si è seduto al tavolo per testimoniare. Cosa? In buona sostanza, che un esonero dell´allenatore sarebbe stato il peggiore dei rimedi, o se volete una cura più dannosa della malattia. Nessuno, in realtà, gli aveva detto chiaro e tondo che all´ordine della notte ci fosse un possibile licenziamento, ma lui che sa come vanno queste faccende ha giocato d´anticipo. Prima di poter andare tutti a letto, si sono dovute comunque fare le due, come hanno potuto testimoniare quelli che ancora ciondolavano nella hall del Plaza a quell´ora.
L´indomani, cioè ieri, la sveglia barbara ha fatto uscire dal letto anche il povero e ancora febbricitante Meneghin, bianco come la maglia da trasferta e boccheggiante come la difesa dei suoi compagni davanti a Rentzias e Varejao. Ma non è che ai tavoli del frugale desajuno si siano visti occhi molto più vispi. Tutti sul pullman verso l´aeroporto, per un´inutile rincorsa al volo che doveva partire alle 9.05, e invece si è alzato da Barcellona solo a mezzogiorno. Tempo per parlare, insomma, ne è avanzato ancora molto, ma il difficile è stato trovare qualcuno che ne avesse voglia. Chiacchiere informali quante ne volete, parole da spedire ai giornali molte meno. Ha taciuto Boniciolli, immerso nella lettura di «No Logo», hanno parlato con toni istituzionali gli altri, da Gambini a Lefebre, per smorzare i veleni e le polemiche che, tramite telefonini, parevano già impazzare in città. Pilutti, quanto meno, ha riportato il suo pensiero, ascoltato la notte prima nel summit con molta attenzione, e registrato il giorno dopo in aeroporto dai cronisti, con non meno interesse.
«Ci sono sei mesi di buon lavoro alle spalle, c´è un gruppo che è sempre andato in crescendo: mi sembra un po´ presto per mandare tutto a puttane, non vi pare? Poi lo so che ci siamo giocati l´Europa in due partite, e abbiamo fatto un derby orribile, ma almeno lasciatemi dire che prima di quel derby all´allenamento c´erano 5 titolari, non uno di più, e solo juniores. Sette giorni pessimi, anche pesanti, non credo debbano farci dimenticare che siamo primi in campionato, e soprattutto che siamo finalmente un gruppo, nel bene e nel male. Certo che la squadra è con Boniciolli, ci mancherebbe altro. Tutti siamo con Boniciolli».
No, non ci sarà un ribaltone, però ci sarà da tornare a vincere in fretta. Senza avere troppo tempo per pensare come, e pure con chi. Stasera, contro Imola, c´è una partita che sette giorni fa pareva di burro, e adesso rischia di essere un burrone. Basile starà meglio, Meneghin probabilmente no. Dunque giocherà ancora Goldwire, che pure all´esonero è andato vicinissimo. Dice che avere subito un´altra partita è sempre meglio, dopo le sconfitte brucianti. Vero, ma dipende da come finisce.
Giovanni Egidio
Fonte: La Repubblica