LEVANDO di mezzo l´ipotesi, puramente scolastica, di una vittoria del Real a Bologna di 28 punti, si può già dire che la Kinder giocherà, il 3 e 5 maggio a Casalecchio, la sua quinta finale europea nelle ultime cinque stagioni. Di vocazione europea, per questa squadra, si parla da tempo, ma averla ribadita quest´anno, fra traversie e colpi di scena superiori ad ogni inventiva, tra i quali l´affare Messina resta un ineguagliabile record di grottesco, non fa che sottolineare pregi e qualità. La Kinder è campione in carica, è la squadra col miglior record stagionale (16-2, 4-0 in questo Top 16), ed è, a due vittorie dal trofeo, la favorita a conquistarlo, giocando in casa. Poi, vada come vada, la sua eccellenza al massimo livello non verrà scalfita neppure da un risultato negativo.
Annunciato come un nemico rognoso, l´Efes s´è arreso solo all´ultimo minuto a una Virtus meno brillante del solito, ma capace di prodursi nella sua ennesima edizione. Ammirato in molte partite decisive per il suo tiro da ideale apriscatole, Matjaz Smodis ha questa volta demolito la difesa turca giocando da lungo puro e mostrando una multidimensionalità ancora da esplorare. Poi, Griffith è tornato Griffith, non solo quando afferrava palloni e li buttava dentro, ma pure quando ne ha toccati millanta verso il compagno libero. La reattività è il termometro più sincero della salute d´un atleta: giovedì Griffith era vispo e sveglio. Poi, che possano bastare un paio di sconfitte per tornare a incrinare un ambiente che s´è ricomposto solo in superficie, fa parte degli incerti della stagione. O di Basket City, dove nulla è mai definitivo. Quest´anno meno di sempre.
La Skipper, viceversa, esce di scena dall´Europa (salve, anche qui, ipotesi di pura teoria), ribadendo la sua mancata statura continentale. Le coppe non sono mai state il suo pane, pure negli anni migliori in patria (fra i quali questo: la Skipper è e resta prima in campionato): l´abitudine ai rovesci internazionali non è ancora stata ribaltata. Il bilancio in questa coppa, ormai sull´uscio dell´eliminazione, è di 9 vittorie e 9 sconfitte (1-3 nel Top 16), e lascia, come miglior Fortitudo europea, quella che Pero Skansi pilotò nel ´99 alla Final Four di Monaco: addirittura da favorita, dopo un doppio 2-0 nei play-off al Panathinaikos e al Real Madrid, prima di fermarsi contro la Virtus.
La sconfitta di Barcellona lascia, nel solco di un derby già disastroso, strascichi pesanti. Il modo è stato, una volta di più, umiliante, senza un barlume di reazione né fisica né mentale, in balia da cima a fondo di un Barcellona che pure veniva da due vittorie all´ultimo secondo. Di lì, lo psicodramma ripercorre sentieri purtroppo consueti in casa Fortitudo. Si riparla di rimpasti in squadra (e se ne specula pure troppo), puntando su quella cabina di regia che pare un letale triangolo delle Bermude. Si subiscono sussurri e grida intorno alla panchina di Boniciolli. Tornando in campo stasera a Faenza, sarebbe solo utile far quadrato e difendere un primo posto in campionato, mica un sacco di mele: scavarsi la fossa da soli sarebbe un peccato mortale.
Walter Fuochi
Annunciato come un nemico rognoso, l´Efes s´è arreso solo all´ultimo minuto a una Virtus meno brillante del solito, ma capace di prodursi nella sua ennesima edizione. Ammirato in molte partite decisive per il suo tiro da ideale apriscatole, Matjaz Smodis ha questa volta demolito la difesa turca giocando da lungo puro e mostrando una multidimensionalità ancora da esplorare. Poi, Griffith è tornato Griffith, non solo quando afferrava palloni e li buttava dentro, ma pure quando ne ha toccati millanta verso il compagno libero. La reattività è il termometro più sincero della salute d´un atleta: giovedì Griffith era vispo e sveglio. Poi, che possano bastare un paio di sconfitte per tornare a incrinare un ambiente che s´è ricomposto solo in superficie, fa parte degli incerti della stagione. O di Basket City, dove nulla è mai definitivo. Quest´anno meno di sempre.
La Skipper, viceversa, esce di scena dall´Europa (salve, anche qui, ipotesi di pura teoria), ribadendo la sua mancata statura continentale. Le coppe non sono mai state il suo pane, pure negli anni migliori in patria (fra i quali questo: la Skipper è e resta prima in campionato): l´abitudine ai rovesci internazionali non è ancora stata ribaltata. Il bilancio in questa coppa, ormai sull´uscio dell´eliminazione, è di 9 vittorie e 9 sconfitte (1-3 nel Top 16), e lascia, come miglior Fortitudo europea, quella che Pero Skansi pilotò nel ´99 alla Final Four di Monaco: addirittura da favorita, dopo un doppio 2-0 nei play-off al Panathinaikos e al Real Madrid, prima di fermarsi contro la Virtus.
La sconfitta di Barcellona lascia, nel solco di un derby già disastroso, strascichi pesanti. Il modo è stato, una volta di più, umiliante, senza un barlume di reazione né fisica né mentale, in balia da cima a fondo di un Barcellona che pure veniva da due vittorie all´ultimo secondo. Di lì, lo psicodramma ripercorre sentieri purtroppo consueti in casa Fortitudo. Si riparla di rimpasti in squadra (e se ne specula pure troppo), puntando su quella cabina di regia che pare un letale triangolo delle Bermude. Si subiscono sussurri e grida intorno alla panchina di Boniciolli. Tornando in campo stasera a Faenza, sarebbe solo utile far quadrato e difendere un primo posto in campionato, mica un sacco di mele: scavarsi la fossa da soli sarebbe un peccato mortale.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica