NEW YORK - Te lo fanno passare per il Dream Team numero 5, ma siamo seri: con la maglia di Michael Jordan gioca il signor Michael Finley. Al posto di Magic Johnson c’è il tale Baron Davis, mentre Larry Bird lo hanno sostituito con Raef LaFrentz. È una curiosa scommessa, oppure semplice presunzione, quella che spinge gli Stati Uniti nel mondiale di basket che scatta oggi ad Indianapolis. Ospitare in casa propria, una delle culle della pallacanestro, una manifestazione del genere con una squadra di grandi professionisti ma nessuna stella, può condurre ad un epilogo imbarazzante. Il coach degli Usa, George Karl, ha seguito le avversarie con molta attenzione: «Il gap con le squadre europee si è molto ridotto. E questo un po’ per colpa nostra, visto che molti talenti si allenano nella Nba. Sarà un torneo molto interessante». Interessante e pericoloso per gli Usa, che con gli assenti farebbero polpette di quasi tutti: Iverson, O’Neal, Bryant, Duncan, Kidd, Carter. Questi sono a casa, in vacanza, infortunati, oppure in recupero dopo un’operazione. Magari solo stremati dalla stagione Nba ed esortati dai propri coach a lasciar perdere il mondiale. È così che gli Usa schiereranno una pattuglia di ottimi attori non protagonisti (esordio oggi contro l’Algeria), se si esclude il 37enne Reggie Miller, chiamato perché è di casa a Indianapolis. L’esperto Finley di Dallas, i giovani Elton Brand e Andre Miller, oltre all’altro giocatore di casa Jermaine O’Neal. E poi Paul Pierce di Boston, e il veterano Antonio Davis (una stagione anche a Milano) a fare lo Shaq , non essendoci di meglio in circolazione. Contro gli africani e poi con la Cina del neo pro di Houston Yao Ming, non ci saranno problemi. Ma come la mettiamo con la Jugoslavia? Con Vlade Divac e Peja Stojiakovic stelle di Sacramento a indicare la strada, ci sarà gente del calibro di Marko Jaric (ora in forza ai Clippers), Radmanovic e Drobniak (Seattle). Non è una stupidaggine dire che forse per la prima volta gli slavi partono alla pari degli statunitensi. Don Nelson, allenatore di Dallas e grande estimatore dei giocatori del Vecchio Continente, non ha dubbi: «Hanno talento e intensità. Specialmente gli jugoslavi hanno una caratteristica da non sottovalutare: sanno come si chiude una partita, posseggono l’istinto killer e se ne fregano se giocano contro gli Usa oppure l’Algeria». Divac e compagni avranno Angola, Spagna e Canada, forse il girone più difficile. Gli Usa se la vedranno con una sola europea, la Germania di Dirk Nowitzki. La Russia è inserita con Nuova Zelanda, Argentina e Venezuela. Il girone meno interessante è quello con Turchia, Portorico, Libano e Brasile. Un gruppo che non fa che aumentare i rimpianti per chi non è riuscito a qualificarsi: Italia in testa.
Per la storia: il primo Dream Team vinse l’oro all’Olimpiade con una media di 43.8 punti di margine sulle avversarie. All’Olimpiade del 2000 il disavanzo si è dimezzato a 21.6. Qualcuno vuole scommettere sui margini che infliggeranno a Indianapolis?
Riccardo Romani
Per la storia: il primo Dream Team vinse l’oro all’Olimpiade con una media di 43.8 punti di margine sulle avversarie. All’Olimpiade del 2000 il disavanzo si è dimezzato a 21.6. Qualcuno vuole scommettere sui margini che infliggeranno a Indianapolis?
Riccardo Romani