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Pozzecco giullare di corte

Ultimi giorni d'agosto. Il sole è a picco sulla piscina del Cierrebi Club dove si mette in luce un Baywatch nostrano. Quel Baywatch è Gianmarco Pozzecco, il personaggio destinato a rivoluzionare gli usi e costumi della Città dei Canestri. Perché se il Poz è una scheggia in campo, quando parla lo è di più. Scarta velocemente luoghi comuni, irride l'avversario (ovvero l'intervistatore), prende in giro se stesso. Se Bologna — ricordate le parole del Vate Bianchini? — correva il rischio di ripiegarsi su se stessa, contemplando la sua bellezza, Gianmarco sarà il giullare di corte. L'eterno Peter Pan che, ridendo e scherzando, ci costringerà a fare i conti con i nostri difetti. Mica male per uno che è arrivato qui da nemmeno tre settimane.
Pozzecco, la Fortitudo è già in campo, e lei fa il bagnino.
«Sono fortunatissimo».
A Varese non c'erano piscine?
«Ma no, qua c'è uno staff medico super efficiente e una batteria di massaggiatori incredibili. Da Ugo Cavina a Giorgio Caiterzi. Per finire con Abele Ferrarini».
Bella coppia, lei e Abele. Vi siete conosciuti ai Mondiali di Atene.
«E io sono venuto qua proprio perché sapevo che lo avrei ritrovato. Mica per giocare. Infatti, ora, non gioco».
Siamo seri.
«Ci provo. L'infortunio cade a fagiolo perché mi permette di lavorare individualmente. Dopo due stagioni in cui non ho fatto le coppe dovevo ritrovare la condizione atletica migliore. La squadra gioca, e io sto perdendo tempo prezioso, me ne rendo conto. Ma mancano ancora Scepanovic e Delfino. E lunedì (domani; ndr) riprenderò a lavorare con i compagni».
Ci sarà per la prima di campionato?
«Fate un po' voi, si gioca a Trieste. Mi dispiacerebbe perdere proprio quella gara. Non vedo l'ora di indossare 'sto cavolo di maglia. Non sto più nella pelle».
Che numero avrà?
«A Varese li ho indossati tutti. Qui avrò il 12. Che è il numero di mio fratello Gianluca. Ma anche il numero che avevo quando, cinque anni fa, in una straordinaria gara-tre, sbancai il PalaMalaguti. Poi perdemmo a Varese, ma Bianchini rischiò grosso».
E i capelli colorati?
«Non sono programmabili. La tinta rossa, per me e Zanus Fortes, era legata a una storia in comune. Però posso dire che alla prima in casa ci sarà una sorpresa».
Lei le chiama «boiate». Forse il Menego ha avuto vita dura per questo.
«Non credo. Non le faceva più, s'era intristito. Le boiate fanno parte di me. Se le faccio e vinco sono un fenomeno. Ma se perdo so già che avrà l'etichetta del pirla. Un po' quel che accade a Valentino Rossi. Ma il mio spirito è questo».
Come Peter Pan non vuole crescere.
«No, sto maturando».
L'ha lanciata Lombardi oppure Calamai?
«Sono molto legato anche a Bosini e D'Amico, ma con Marco mi sento un po' in colpa. Lo ricordo con affetto. Ho stampato in mente una sua frase dopo una grande partita: Sapevo che Pozzecco aveva talento, ma non credevo così tanto. E' un uomo vero. E non allena per questo. Non perché non sia capace — è uno dei migliori per capacità tecniche e umane —, ma perché è vero, genuino. E non si sa vendere».
A Bologna per…
«Sto bene, adesso. Nelle ultime due stagioni avevo perso la foia, non avevo più fame, mi ero imborghesito. Avevo bisogno di questo entusiasmo, mi piace che la gente mi stia addosso. Questo mi rende felice, così come le responsabilità che avrò sulle spalle. Per un anno e mezzo — sapete tutti come è andata — ci sono state anche altre cose. Voglio pensare al basket per 24 ore».
Non la spaventa che il maestro di Boniciolli sia Tanjevic?
«No, non mi preoccupa. Anzi, credo che sia positivo. Matteo vorrà dimostrare al suo maestro di averlo superato. Di avere allenato Pozzecco».
E le schermaglie con Tanjevic?
«Credo che si sia arrabbiato. Con lui non uscirei mai a cena, ma lo rispetto. Per questo voglio dimostrargli che sbagliò a lasciarmi a casa. Sono due anni che aspetto di giocarci contro. Mi hanno detto che si è risentito per certe frasi, per me non c'era nulla di offensivo. Ma se si è offeso allora gli chiedo scusa».
Rivincita nel derby?
«No, la prenderò in Svezia, quando vincerò gli Europei».
Le manca il suo allenatore preferito: la Giovanna.
«Mi manca, mi manca tanto. Charlie Recalcati è quello che mi ha gestito meglio perché è intelligente. Così intelligente da avere sposato il miglior allenatore. Sua moglie Giovanna».
Possiamo chiederle qualcosa su Meneghin?
«Basta, non ne posso più».
Prego?
«Ogni giorno ci sono tante persone che mi chiamano…».
Le vorranno bene.
«No, mi salutano e mi chiedono: scusa, ma il Menego?».
E lei?
«Approfitto per un annuncio ufficiale. Non so nulla di Meneghin, non so dove sia e dove andrà. E non mi interessa. Anzi, le ultime notizie lo danno a Casablanca per un intervento che io e lui abbiamo sempre sognato... Se cercate Andrea chiamatelo. Volete il suo numero?».
Alessandro Gallo
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