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Scavolini, primi fuochi d’entusiasmo

PESARO – Si può dire che sia cominciata il 30 agosto la stagione della Scavolini, con il debutto “in casa" (sia pure deviato 35 chilometri verso ovest) contro l’Avversaria per eccellenza, la Vu Nera dei peggiori incubi pesaresi. Si può dire che proprio venerdì sera, affrontando e battendo nettamente la Virtus Bologna ancorché dimezzata, la nuova Scavolini sia ridiventata improvvisamente “la Scavo", cioè la squadra del cuore, il familiare oggetto dell’affetto sportivo biancorosso di cui il pubblico pesarese, accorso in massa sugli spalti urbinati, si è finalmente riappropriato dopo lo spaesamento estivo dovuto al cambio di sette giocatori su dieci. Il cuore c’è: lo hanno dimostrato in campo i nuovi beniamini in maglia Vuelle buttandosi senza esitare su ogni pallone. E il “sangue" pure: il sangue dell’Inferno Biancorosso tornato ad affluire, irrorare e dare vita al… corpo creato nel laboratorio del dottor Frankenstein-Crespi. E questa, al di là dei risultati sul parquet, ci è parsa la cosa più vera e più importante del torneo di Urbino.
Senza il tifo della sua gente non avrebbe senso “la Scavolini", come un balletto senza la musica. Se anche nel basket, come in economia, la “divisione del lavoro" senza invasioni reciproche tra i vari soggetti (squadra, dirigenza, pubblico, stampa) moltiplica la “produttività" e i risultati, bisogna ammettere che il maggiore club organizzato ha fatto e continua a fare la sua parte in modo esemplare. Salvo il discutibile episodio del comunicato che chiedeva l’esonero di Pillastrini, che appartiene però ormai alla stagione passata, i ragazzi dell’Inferno hanno attraversato senza fare una piega (né i conti in tasca alla società) il grande rammarico estivo del “ridimensionamento" – e dell’addio a “idoli" come Booker o Tusek – senza “approvare" e nemmeno “contestare" a priori ma non facendo mai mancare neppure per un istante l’affetto e il calore intorno alla Scavolini, da chiunque essa sia rappresentata sul parquet. La cena sociale che ha preceduto il torneo di Urbino, poi, ha fatto sentire fisicamente ai nuovi biancorossi – per la prima volta – quell’abbraccio e quella partecipazione popolare che avevano già potuto parzialmente intuire in occasione dei primi allenamenti (nei quali il pubblico mantiene un rispettoso silenzio) e del debutto riminese contro Providence.
Così a Urbino si è vista una Scavolini carica ed ansiosa di far bene, in un clima di festa però subito “smorzato" dall’infortunio a Norm Richardson, e cioè a colui che si annunciava come il giocatore più spettacolare delle due serate feltresche. Pazienza, se è stata l’occasione per mettere in risalto tutti i miglioramenti di Matteo Malaventura e per chiamare in causa il proverbiale orgoglio di “Tudy" Gilbert, che al college faceva pentole e coperchi e soprattutto per il suo carattere era chiamato “la Roccia". Non solo per il fisicaccio indistruttibile che lo ha fatto rialzare incolume, l’altra sera, dopo essere franato malamente a terra con un tonfo sordo che ha raggelato il palasport.
Giancarlo Iacchini
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