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Una Benetton già brillante

Messina tira le prime somme. Langdon è diventato un leader

TREVISO. Due successi contro altrettante potenze del campionato, Siena e Pesaro, e buone notizie dai nuovi, primo fra tutti Trajan Langdon. Se non fosse per Edney e Bulleri, tornati a casa acciaccati ad un ginocchio (le loro condizioni saranno valutate oggi, alla ripresa), il bilancio della Benetton dopo il torneo di Urbino potrebbe definirsi ottimo. «Abbiamo giocato due partite abbastanza brillanti - conviene coach Messina - soprattutto considerando che nella seconda con la Scavolini è mancato anche Edney (oltre a Garbajosa, che sta giocando i Mondiali ndr), con Bulleri la fonte principale del nostro gioco. Sono soddisfatto, ho visto buone cose sia in attacco che in difesa, pur considerando che anche i nostri avversari mancavano di alcuni giocatori. Però alla fine le assenze si sono equivalse».
Si possono trarre delle conclusioni da queste due gare?
Impossibile, troppo presto. A me interessava solamente guardare in casa nostra, ed ho avuto delle risposte sia dai vecchi che dai nuovi arrivati».
La prima partita l'hai vinta in attacco, la seconda in difesa.
«Sono d'accordo, anche se pure in finale abbiamo rispettato una media piuttosto alta, 67 punti dopo mezzora con una buona circolazione di palla e ottime medie al tiro. Poi ci ha preso la stanchezza perché alcuni giocatori li ho dovuti tenere in campo di più del previsto, e nell'ultimo quarto non abbiamo avuto la giusta lucidità offensiva».
Le note più positive riguardano la leadership che hanno mostrato due nuovi, Nemeth e Langdon.
«Forse per Nemeth parlare di leadership significa gravarlo di eccessive attese per il futuro: lui sta comunque confermando di essere un giocatore con punti nelle mani e buona visione di gioco. Nel corso della stagione Istvan avrà uno spazio che magari non sarà enorme, ma senz'altro ci darà una mano. Invece il termine leader è quello giusto per Langdon: senza Edney contro la Scavolini ha preso in mano la squadra, assieme a Pittis e Nicola».
La rivelazione si chiama Markoishvili, vero?
«Assolutamente sì. Ogni tanto mi incavolo con lui per qualche sciocchezza, poi mi viene in mente che, a nemmeno 16 anni, possiede una bella faccia tosta e quindi lo perdono: tutti i grandi, da giovani, avevano la faccia tosta...».
Dove hai bisogno di lavorare di più?
«Direi che vogliamo continuare a lavorare ovviamente in difesa, dove ho voluto provare qualche automatismo un po' nuovo per la squadra. L'aspetto che mi conforta di più è l'impegno e l'atteggiamento dei ragazzi, che è già un'ottima base per difendere bene. Vedo insomma tanta voglia di fare, e ciò è fondamentale. In attacco bisogna considerare che abbiamo una Benetton diversa dall'anno scorso, di conseguenza c'è bisogno di fissare alcuni concetti diversi, compatibili con le qualità di Langdon, Stojic e Nemeth, che non sono le stesse di Nachbar, Bell e Chikalkin. Questo, tuttavia, non cambierà la voglia di correre e di essere aggressivi in attacco che i ragazzi hanno sempre avuto: escludo che mai nessuno avrà paura di tirare. Servirà invece qualche punto di riferimento preciso per aiutare questi giocatori a darci il meglio di quello che hanno».
Intanto vincete anche le amichevoli...
«Il che non guasta: non saranno risultati fondamentali, ma vincere dà sempre serenità all'ambiente».
si.fo.
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