INDIANAPOLIS (USA). L'italico pallone a spicchi è costretto ad assistere ai Mondiali seduto sulla poltrona: ad Indianapolis, oltre alle solite potenze, ci sono Libano, Angola, Portorico, Algeria, Nuova Zelanda e Venezuela, gli azzurri no. Ce ne faremo una ragione. Finora ad impressionare non è stato il Drean Team stelle (poche, i migliori professionisti hanno detto grazie non fumo) e strisce, ma l'Argentina dai tanti e noti nomi italiani: Ginobili, Sconochini, Montecchia, Oberto, Nocioni, Palladino. Marcelo Nicola non c'è, il «gaucho» della Benetton ha chiuso con la Nazionale già da alcuni anni a seguito di incomprensioni con la Federazione. Se i «blanco y celeste» continuano così (l'altra sera hanno polverizzato la Russia con 26 di «Scono» e 21 di «Gino») può anche aspirare alla finale. Ginobili contro il Venezuela, ne ha infilati nove in tre minuti, dice di non essere condizionato dal giocare negli Usa per la prima volta dopo aver firmato il contratto con gli Spurs. Va forte anche la Spagna di Pau Gasol, che ha dato una lezione alla talentuosa, ma presuntuosa Jugoslavia (troppi galli in un pollaio solo?), ed alla seconda fase si è qualificata nientemeno che l'Angola, a cui è bastato battere la delusione della manifestazione (assieme alla Russia), il Canada. Poi c'è la squadra più folkloristica, la Nuova Zelanda, che si fa chiamare Tall (alti) Blacks, e, come i colleghi del rugby, prima delle gare fa la terribile danza di guerra maori, gridando con la faccia cattiva, a gambe larghe e gomiti piegati: ka mate! ka mate! ka ora! ka ora! (è la morte! è la vita!). Ad Indianapolis gli assidui di pop corn e Coca Cola ne rimangono affascinati: tale Pero Cameron è più largo che alto ma ha mani delicatissime, Jones è quello che ha preso Cantù, altri sono nella Nba. Saranno sconosciuti, però ci sanno fare anche col pallone senza punte. Un'altra bella storia è quella di Larry Ayuso, portoricano, quest'anno a Montegranaro in A/2. E' lui l'eroe del successo contro la Turchia, ha infilato gli ultimi otto punti della sua squadra (dove da 20 anni gioca Piculin Ortiz, età indefinita) che, sotto di tre, ha poi vinto. Se gli citate Guilherme Giovannoni, Maurizio Gherardini si stropiccia le mani: il 22enne 2.04 brasiliano, che la Benetton ha appena messo sotto contratto per tre anni, girandolo a Rimini (l'accordo è stato sancito ad Urbino) è già una stella. Ha passaporto italiano perché la sua famiglia vive in Brasile da cinque generazioni. Chi ha la puzza sotto il naso sono gli americani, che ci hanno messo 19'54" prima di sorpassare i cinesi, davanti ai loro occhi ha ballato il fantasma della sconfitta clamorosa, poi Yao Ming (2.26) e Menk Bateer, che giocano in America, sono usciti per falli e buonanotte. E gli Usa hanno poi tremato anche contro la Germania di Nowitzki: magari, anzi certamente, vinceranno i Mondiali, ma non in carrozza come vorrebbero loro.
si.fo.
si.fo.