TRIESTE - Saranno triestine le mani che toccheranno il maggior numero di palloni nel prossimo campionato di basket di serie A. Gianmarco Pozzecco, Andrea Pecile, Stefano Attruia, Daniele Cavaliero: quattro registi, un solo copione e soprattutto una sola origine, Trieste. Tra venti giorni, all’inizio del torneo, i primi tre dovranno dare la carica a squadre che punteranno allo scudetto, il quarto dovrà fare il «propheta in patria».
Una formazione che darà l’assalto al centroclassifica e ai play-off, oltre che a exploit continentali nella Uleb cup, il quarto pubblico d’Italia (dopo Virtus Bologna, Pesaro e Siena), uno tra i migliori palasport della penisola, una tradizione illustre. Trieste nel prossimo campionato sarà tutto questo, ma anche molto di più. Forse mai come quest’anno suoi figli saranno collocati nel più cruciale dei ruoli, quello del play, in formazioni di blasone. Motivi in più per gli appassionati giuliani per seguire da vicino l’avvincente campionato che partirà fra meno di tre settimane.
Gianmarco Pozzecco è il terzo playmaker triestino che ha cambiato la storia ormai ottuagenaria della pallacanestro italiana. Altrettanto grandi, prima di lui, furono soltanto Gianfranco Pieri e Giulio Jellini. Nel ’54-’55 Pieri, ancora juniores, trascinò la Ginnastica Triestina al secondo posto finale in campionato, risultato superato soltanto dai cinque scudetti ottenuti fra il ’30 e il ’41. L’anno dopo prese immediatamente la strada dell’Olimpia Milano di cui divenne un leader. E’ lo stesso percorso che fece più tardi Giulio Jellini divenuto una bandiera del Simmenthal nei mitici scontri anche televisivi con l’Ignis negli anni Settanta.
Ma Trieste aveva già fatto molto di più, aveva inventato il «ball-handing» la padronanza virtuosistica del pallone con i suoi mitici «giocolieri della palla al cesto». Nel 1941 Ambrogio Bessi, 1.76 d’altezza e un tocco di palla da Dio, venne definito il miglior palleggiatore d’Europa. Mentre trascinava la Ginnastica alla conquista del quinto scudetto, i giornali scrivevano: «Il sistema di gioco triestino è ormai un simbolo e vale come indirizzo in tutte le palestre».
Sono passati 61 anni, ma, in questo caso per fortuna, non molto è cambiato. Gianmarco Pozzecco, triestino, 30 anni, dopo aver lasciato Varese con cui ha conquistato anche lo scudetto, è l’uomo simbolo scelto dalla Fortitudo Bologna per tentare un altro assalto al tricolore. Ma chi lo guiderà dalla panchina? Matteo Boniciolli, triestino doc, oggi uno dei primissimi coach italiani. «Per metterci d’accordo su come giocare nel prossimo campionato ci siamo incontrati a Grado dove io ero in vacanza - ha raccontato Boniciolli - e siccome siamo entrambi triestini abbiamo parlato in slang.»
Decenni fa il triestino era una lingua d’uso in nazionale e al Simmenthal Milano dov’erano in auge anche scherzi tipicamente triestini. Jellini giunse al punto di mettere un gatto vivo nella valigia dell’allenatore triestino Cesarone Rubini che dei gatti ha il terrore. Se Bologna è basket-city dunque, una piccola basket-town lo è anche Trieste. Neanche a farlo apposto il derby felsineo presenterà quest’anno altri aspetti giuliani. Il coach triestino di nascita, Boniciolli, sponda Fortitudo, sfiderà il coach triestino di adozione, Boscia Tanjevic, sponda Virtus. Ma anche con le «V nere», notizia di due giorni fa, giocherà un altro playmaker triestino, Stefano Attruia, 33 anni, reduce da uno spicchio di stagione al Real Madrid dopo una carriera onorevole in giro per l’Italia. Nella Virtus bersagliata dagli infortuni di questo precampionato potrebbe ritagliarsi un ruolo chiave.
Ma c’è un’altra fra le più illustri squadre italiane, la Scavolini Pesaro che ha scelto un playmaker triestino, Andrea Pecile, 22 anni, per farne il perno di regia attorno al quale costruire la squadra del rilancio, con meno primedonne e più atleti entusiasti. Per tornare al capitolo azzurro, Pecile è stato uno dei pochissimi a salvarsi negli ultimi disastrosi campionati europei e la sua prossima terza stagione a Pesaro (dopo essere stato lanciato da Gorizia) potrebbe essere quella della consacrazione definitiva ai vertici.
Il quarto dei moschettieri triestini è Daniele Cavaliero che si alternerà in cabina di regìa della Pallacanestro Trieste con Ivo Maric, ma che potrebbe diventare presto il play titolare. Si chiuderà così un cerchio rimasto a lungo monco. Dopo l’era Pieri e Jellini, la squadra triestina non ha più avuto un playmaker triestino in grado di fare la differenza. Si ricordano con affetto le scorribande di Claudio Scolini, mentre Walter Bobicchio e Marco Lokar finirono nell’anonimato della B1. Gli anni dell’era Stefanel sono legati alla discussa trasformazione operata da Tanjevic in play di un veneto, Claudio Pilutti, e poi allo scugnizzo Nando Gentile e al serbo Dejan Bodiroga.
Playmaker triestini a volontà dunque nel prossimo campionato dopo che per un periodo le presenze locali ai vertici erano state più caratterizzate dai lunghi: Renzo Vecchiato, Alberto Tonut, Roberto Ritossa. Poi allenatori triestini, e un arbitro, Guerrino Cerebuch, che farà parte delle triple che fischieranno in A. All’appello manca uno, e se ne saranno accorti almeno tutti coloro che lo vedono passare ogni giorno in via Locchi dove si allena: Alessandro De Pol. A cosa servirà il nuovo sponsor, in imminente arrivo, se non a tesserare De Pol e a fare della Pallacanestro Trieste la più triestina fra le tante squadre un po’ triestine?
Silvio Maranzana
Una formazione che darà l’assalto al centroclassifica e ai play-off, oltre che a exploit continentali nella Uleb cup, il quarto pubblico d’Italia (dopo Virtus Bologna, Pesaro e Siena), uno tra i migliori palasport della penisola, una tradizione illustre. Trieste nel prossimo campionato sarà tutto questo, ma anche molto di più. Forse mai come quest’anno suoi figli saranno collocati nel più cruciale dei ruoli, quello del play, in formazioni di blasone. Motivi in più per gli appassionati giuliani per seguire da vicino l’avvincente campionato che partirà fra meno di tre settimane.
Gianmarco Pozzecco è il terzo playmaker triestino che ha cambiato la storia ormai ottuagenaria della pallacanestro italiana. Altrettanto grandi, prima di lui, furono soltanto Gianfranco Pieri e Giulio Jellini. Nel ’54-’55 Pieri, ancora juniores, trascinò la Ginnastica Triestina al secondo posto finale in campionato, risultato superato soltanto dai cinque scudetti ottenuti fra il ’30 e il ’41. L’anno dopo prese immediatamente la strada dell’Olimpia Milano di cui divenne un leader. E’ lo stesso percorso che fece più tardi Giulio Jellini divenuto una bandiera del Simmenthal nei mitici scontri anche televisivi con l’Ignis negli anni Settanta.
Ma Trieste aveva già fatto molto di più, aveva inventato il «ball-handing» la padronanza virtuosistica del pallone con i suoi mitici «giocolieri della palla al cesto». Nel 1941 Ambrogio Bessi, 1.76 d’altezza e un tocco di palla da Dio, venne definito il miglior palleggiatore d’Europa. Mentre trascinava la Ginnastica alla conquista del quinto scudetto, i giornali scrivevano: «Il sistema di gioco triestino è ormai un simbolo e vale come indirizzo in tutte le palestre».
Sono passati 61 anni, ma, in questo caso per fortuna, non molto è cambiato. Gianmarco Pozzecco, triestino, 30 anni, dopo aver lasciato Varese con cui ha conquistato anche lo scudetto, è l’uomo simbolo scelto dalla Fortitudo Bologna per tentare un altro assalto al tricolore. Ma chi lo guiderà dalla panchina? Matteo Boniciolli, triestino doc, oggi uno dei primissimi coach italiani. «Per metterci d’accordo su come giocare nel prossimo campionato ci siamo incontrati a Grado dove io ero in vacanza - ha raccontato Boniciolli - e siccome siamo entrambi triestini abbiamo parlato in slang.»
Decenni fa il triestino era una lingua d’uso in nazionale e al Simmenthal Milano dov’erano in auge anche scherzi tipicamente triestini. Jellini giunse al punto di mettere un gatto vivo nella valigia dell’allenatore triestino Cesarone Rubini che dei gatti ha il terrore. Se Bologna è basket-city dunque, una piccola basket-town lo è anche Trieste. Neanche a farlo apposto il derby felsineo presenterà quest’anno altri aspetti giuliani. Il coach triestino di nascita, Boniciolli, sponda Fortitudo, sfiderà il coach triestino di adozione, Boscia Tanjevic, sponda Virtus. Ma anche con le «V nere», notizia di due giorni fa, giocherà un altro playmaker triestino, Stefano Attruia, 33 anni, reduce da uno spicchio di stagione al Real Madrid dopo una carriera onorevole in giro per l’Italia. Nella Virtus bersagliata dagli infortuni di questo precampionato potrebbe ritagliarsi un ruolo chiave.
Ma c’è un’altra fra le più illustri squadre italiane, la Scavolini Pesaro che ha scelto un playmaker triestino, Andrea Pecile, 22 anni, per farne il perno di regia attorno al quale costruire la squadra del rilancio, con meno primedonne e più atleti entusiasti. Per tornare al capitolo azzurro, Pecile è stato uno dei pochissimi a salvarsi negli ultimi disastrosi campionati europei e la sua prossima terza stagione a Pesaro (dopo essere stato lanciato da Gorizia) potrebbe essere quella della consacrazione definitiva ai vertici.
Il quarto dei moschettieri triestini è Daniele Cavaliero che si alternerà in cabina di regìa della Pallacanestro Trieste con Ivo Maric, ma che potrebbe diventare presto il play titolare. Si chiuderà così un cerchio rimasto a lungo monco. Dopo l’era Pieri e Jellini, la squadra triestina non ha più avuto un playmaker triestino in grado di fare la differenza. Si ricordano con affetto le scorribande di Claudio Scolini, mentre Walter Bobicchio e Marco Lokar finirono nell’anonimato della B1. Gli anni dell’era Stefanel sono legati alla discussa trasformazione operata da Tanjevic in play di un veneto, Claudio Pilutti, e poi allo scugnizzo Nando Gentile e al serbo Dejan Bodiroga.
Playmaker triestini a volontà dunque nel prossimo campionato dopo che per un periodo le presenze locali ai vertici erano state più caratterizzate dai lunghi: Renzo Vecchiato, Alberto Tonut, Roberto Ritossa. Poi allenatori triestini, e un arbitro, Guerrino Cerebuch, che farà parte delle triple che fischieranno in A. All’appello manca uno, e se ne saranno accorti almeno tutti coloro che lo vedono passare ogni giorno in via Locchi dove si allena: Alessandro De Pol. A cosa servirà il nuovo sponsor, in imminente arrivo, se non a tesserare De Pol e a fare della Pallacanestro Trieste la più triestina fra le tante squadre un po’ triestine?
Silvio Maranzana