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La nuova Virtus alla prova del nove

Chiedeva solo un po' di tempo e la necessaria pazienza, Dadone Lombardi, per una missione non impossibile, ma sicuramente difficile per chiunque, figuriamoci per uno che il dirigente mai l'aveva fatto: (ri)costruire una Virtus all'altezza delle tradizioni. Ha avuto tempo, forse non la pazienza, e sicuramente gli è mancata la buona sorte, perché ogni volta che aggiungeva un pezzo gliene si rompeva un altro, se non addirittura quello appena comprato. Per non parlare del caso Meneghin: lì, più che alla legge del mercato, si è dovuto piegare alla volontà popolare, pericolosa come tutte le armi a doppio taglio.
Disgraziato oltre che inevitabilmente sgraziato, il suo slalom è comunque arrivato al traguardo nei tempi stabiliti: «Prima la squadra poi gli abbonamenti», aveva promesso il Dadone un mese fa. Detto, fatto: perché di Virtus vera si tratta. Con forza e talento, proprio come chiedeva Tanjevic. Sekularac ora farà più o meno lo stesso effetto che fece un paio di estati fa il nome di Ginobili: meglio non scomodare paragoni quando ci sono di mezzo i fenomeni, ma anche questa scommessa è intrigante. Cresciuta nella diffidenza più che nella bambagia, la Virtus del dopo tante cose (Messina, Brunamonti e via andare) adesso ha un volto e i connotati giusti per chiedere il voto di fiducia: a dargliela, da domani in avanti, saranno gli abbonati. Ben sapendo che, quella definitiva, si conquista solo sul campo.
Angelo Costa
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