PESARO – Dopo quella sorta di piacevole “vernissage" che per la Scavolini è stato il torneo di Urbino, si avrebbe voglia di varare all’istante la nuova barca biancorossa e spingerla subito in mare aperto, con tutti gli in-bocca-al-lupo del caso (o quell’altra espressione un po’ volgare che si usa nel gergo marinaresco). Però i diciotto giorni che mancano da qui all’inizio del campionato sono preziosi e indispensabili per Marco Crespi, non solo per consentire il pieno recupero fisico dell’infortunato Richardson, ma anche per confezionare un gioco di squadra ed una condizione collettiva di forma adeguata al durissimo impatto che attende (ricordate?) la squadra pesarese, a partire dall’esordio del 22 contro il Monte dei Paschi. I tifosi pesaresi, se da un lato hanno già potuto tirare un lungo, profondo sospiro di sollievo constatando che il motto “Pesaro c’è" non è solo una trovata pubblicitaria pro-abbonamenti, ma un dato di fatto perfino sorprendente dopo la discussa rivoluzione estiva, dall’altro lato dovranno anche riuscire, se sarà il caso (ed è probabile che lo sia), ad armarsi di santa pazienza e a dar prova di molta saggezza. Già, perché questa giovanissima Scavolini avrà bisogno di ben più che 18 giorni per fare intravedere le sue reali potenzialità, per dar vita alle possibilità insite nel materiale umano messo agli ordini di Crespi. Il “marmo" sembra ottimo, ed il coach ha già cominciato a lavorarlo con sapienti colpi di scalpello: la statua però è appena abbozzata e per finirla serve tempo. Al momento, è molto difficile dire se ne uscirà un capolavoro, anche se tutta la Pesaro sportiva comincia ad augurarselo dopo il “panico" di inizio estate. Questo pomeriggio, alla presentazione ufficiale della nuova Vuelle, ci si guarderà bene dai proclami altisonanti di un tempo o da eccessivi ottimismi. E’ prevedibile che il tutto avvenga all’insegna dell’umiltà e della concretezza. Il realismo va bene, ma fiduciosi bisogna esserlo, perché la fiducia “produce" fiducia e aumenta le chances che l’avventura finisca bene. Anche senza prendere alla lettera il primo responso di Urbino (biancorossi forti come la Benetton!), si può coltivare la ragionevole speranza che la Scavolini, benché rivoltata come un guanto, continui a collocarsi nella fascia alta della classifica, non ai livelli di Siena e Treviso ma magari dalle parti di Bologna, Roma, Cantù; in un “olimpo" reso indecifrabile dai cambiamenti radicali intrapresi dalla Virtus (che ha perso anche Becirovic ma ha aggiunto il talento Sekularac) e dalla Skipper targata Pozzecco (chi può indovinare adesso la sua forza?). Un olimpo che dovrebbe comprendere l’altra Virtus, quella romana di Marko Tusek – secondo qualcuno, però, già minata dal dualismo Jenkins-Myers – e in cui aspira ad entrare la nuova Milano dei clamorosi ritorni: Sconochini e Coldebella. Più naturalmente altre possibili outsiders, tra le quali può essere collocata la nuova Scavolini. Che avevamo paragonato a una noce, piccola e leggera (per l’età e il “nome" dei giocatori) ma durissima e pericolosa se “lanciata" con energia. Non è che si sia dimenticata l’esistenza degli... schiaccianoci: il fatto è che quest’anno, partiti i Ginobili, gli Jaric, i Nachbar e i Fucka, ci sembra di vederne in giro assai meno.
Giancarlo Iacchini
Giancarlo Iacchini