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Langdon, nato per essere un leader

E' un mese che Trajan Shaka Langdon, l'unico americano che si chiama come un imperatore romano ed un capotribù zulù, è a Treviso. Un mese vissuto senza dare troppo nell'occhio, nel senso che si tratta di un ragazzo riservato. Ma come giocatore ne hanno già parlato, e molto, anche a livello nazionale, tanto che «Superbasket» gli ha dedicato la copertina del suo ultimo numero. Trajan farebbe felice ogni coach per la sua assoluta «allenabilità» (arriva sempre almeno mezzora prima, alla fine si trattiene in campo a tirare e tirare) e per quella innata capacità, tipica dei grandi, di essere un leader.
«Questa cosa della copertina non la sapevo - sorride - Naturalmente mi fa piacere, non so che effetto faccia perché non mi è mai capitato. Sono curioso di vederla...».
Langdon, traccia un bilancio di questo primo mese da noi.
«Prima di tutto devo dire di essere stato colpito da tutta l'organizzazione della Benetton. Ho trovato gente molto preparata. Poi, parlando della città che ho potuto visitare, mi piace parecchio il centro, dove abito, molto bello. Treviso non è una grande città, ma nemmeno piccolissima, diciamo che è delle dimensioni che preferisco. Soprattutto per uno che è qui per la prima volta».
Un po' alla volta stai imparando a conoscere il basket italiano, tra poco anche quello europeo. Per quello che hai visto finora qual è la principale differenza con la Nba?
«Intanto di ordine pratico: il campo è più piccolo e la linea dei tre punti è più vicina, anche per questo in America il gioco è più faticoso. Non voglio dire che per me giocare qui sia più facile, diciamo che è diverso. Certo, lì ci sono giocatori più fisici, soprattutto i lunghi, ma se prendiamo gli esterni come capacità balistiche non vedo enormi differenze, a parte come detto una certa atleticità».
Cosa pensi della Benetton? E' come l'aspettavi?
«Certo, è una bella squadra, la mia intesa con i giocatori è ottima, ci capiamo al volo. A Treviso mi sono reso conto di saper giocare bene anche con gente diversa dalla solita».
E su Ettore Messina? Non trovi sia un coach stile Nba?
«Direi di sì. E' leale, corretto, mi dice ciò di cui ha bisogno da me, ciò che vuole che io gli dia. E sprona la squadra, ogni giorno, ogni momento che è sul campo. Un coach molto serio e professionale, con cui facciamo dei progressi quotidiani».
Chi tra i tuoi compagni ti ha colpito di più, finora?
«Devo dire che sto bene con tutti, ognuno sta dando il massimo seguendo il coach, ma forse Bulleri mi ha impressionato maggiormente come vice Edney. E devo aggiungere anche Stojic».
Pronto dunque per la Supercoppa, Trajan?
«Stiamo facendo degli ottimi scrimmage, lavoriamo bene e sono sicuro che il 14 mostreremo del buon basket».
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