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Gigena, che impresa la mia Argentina!

PESARO — L'Argentina entra nella storia, prima nazionale a battere il Dream Team. Sarebbe piaciuto anche a Gigena, nuovo capitano della Scavolini, essere tra gli eroi di Indianapolis ma in lui prevale l'orgoglio nazionale, non certo l'invidia per i fortunati compagni.
«E' un risultato strepitoso, che regalerà allegria a tutto il mio paese in questo periodo di crisi — esclama felice il gaucho —. Questa Nazionale godeva di molto credito, un gruppo forte, compatto, con due giocatori che già avevano assaggiato la Nba, Pepe Sanchez e Ruben Wolkowisky, e altri pronti a sbarcare là come Sconochini e Scola. Io facevo parte del listone dei 20 in mano a coach Magnano ma la concorrenza nel ruolo di ala piccola era fortissima con Nocioni e Sconochini e pure Ginobìli che ogni tanto gioca da tre. Sapevo di partire dietro di loro e certo non sognavo un infortunio dei compagni per aggregarmi. Sono felice e basta. Come hanno fatto? Sono più uniti: Oberto, Scola e Nocioni hanno giocato insieme nel Tau, assemblarli è stato più facile per il nostro Ct che per quello americano, alle prese con tante star che non si conoscono e forse hanno anche meno motivazioni».
Per voi è una rivalsa?
«No, l'Argentina è forse l'unico paese del Sudamerica ad avere buoni rapporti con gli Stati Uniti. La nostra rivalità è soprattutto col Brasile e dopo la delusione dei Mondiali di calcio credo che la Nazionale di basket verrà seguita con grande attenzione».
Intanto, Silvio si gode la fascia di capitano, eletto direttamente dalla squadra che ieri sera ha esordito al memorial «Sberlati» di Rimini.
«Ci siamo riuniti nello spogliatoio e ognuno ha espresso il suo parere: hanno scelto me perché, oltre ad essere tra i più vecchi sia di età che come militanza nella Scavolini, a tutti è piaciuto il rapporto che ho instaurato con i tifosi. Come ho detto, a Pesaro ci sarà sempre un solo capitano, Magnifico. Ma spero di vincere qualcosa prima o poi con questa società per restare nella storia come capitano della squadra».
A proposito di tifosi, si è passati pian piano dallo scetticismo alla curiosità, se non proprio all'entusiamo: cos'è successo?
«A molti tifosi che sono venuti a parlarmi ho portato il mio esempio: quando sono arrivato a Pesaro i primi mesi sono stati duri, la gente si chiedeva chi cavolo avevamo preso e poi la gente si è innamorata di me. Sui nomi che arrivavano in principio i tifosi non sapevano cosa pensare, ma non sono stati prevenuti, sono venuti agli allenamenti, poi alle amichevoli, scoprendo pian piano chi erano questi ragazzi. Li hanno apprezzati come persone, poi il basket che facciamo è divertente e l'entusiasmo si sta rigenerando. Certo, questo è il periodo dei buoni propositi, sarà importante far vedere chi siamo quando cominceranno le partite vere».
Elisabetta Ferri
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