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Jugoslavia campione del mondo

Finale tiratissima contro l'Argentina, sconfitta da Stojakovic e compagni solo all'over time per 84 a 77

NEW YORK, 9 SETTEMBRE 2002 - Si incrina nel basket il mito dell'imbattibilità americana. A quattro anni dal trionfo di Atene la Jugoslavia torna di nuovo sul tetto del mondo. E questa volta non c'è neanche l'alibi dell'assenza dei giocatori Usa della Nba. Per loro anzi arriva l'umiliazione del sesto posto.
D'accordo alla rassegna di Indianapolis mancavano le stelle del professionismo americano. Ma il segnale che arriva dai Mondiali è importante e indica che nella pallacanestro il 'gap' tra Nba e resto del mondo si sta assottigliando sempre di più. Tra le mura della Conseco Field House, la casa degli Indiana Pacers dell'Nba, la nazionale guidata da Svetislav Pesic fa segnare lo storico 'back-to-back', vincendo per 84-77 contro l'Argentina, giunta imbattuta alla gara decisiva per il titolo iridato.
Ma se in Grecia (in un torneo che vedeva la partecipazione di una nazionale americana composta da giocatori delle leghe minori causa la serrata dei giocatori professionisti), la Jugoslavia si era affidata alle magie di uno Djordjevic devastante (44 punti) per avere ragione della Lituania, in questa rassegna la squadra slava ha dovuto sudare fino alla fine la vittoria giunto solo al termine di un tempo supplementare dopo una battaglia all'ultimo respiro contro i 'gauchos' sudamericani.
Apparsi perfetti per tutto il corso della gara, duri in difesa e spietati sotto canestro, per sopperire alla mancanza di pericolosità degli esterni dopo l'infortunio alla caviglia subito nella semifinale con la Germania da Manuel Ginobili, stella della squadra e atteso al debutto nella Nba con i San Antonio Spurs. Così, con il suo uomo di punta a sedere in panchina per quasi tutto l'incontro, l'Argentina ha affrontato i campioni slavi cambiando la propria strategia di gioco, appoggiando molti palloni nell'area 'coloratà ai suoi lunghi, Fabricio Oberto (per lui una doppia doppia con 26 punti e 10 rimbalzi) e Luis Scola, capaci di tenere a bada, sotto le plance, fuoriclasse del calibro di Vlade Divac (centro dei Sacramento Kings della Nba) e di Dejan Tomasevic.
Confortata dalla solita buona difesa messa in mostra durante tutto il torneo, la squadra sudamericana ha costretto la Jugoslavia a tirare con percentuali modeste dal campo (40% a fine gara), facendole sudare ogni possesso di palla fino a spingersi (in un incontro equilibrato, con Scola, Palladino e Oberto a primeggiare tra gli argentini e Jaric, Bidiroga e Stojakovic tra gli slavi), al massimo vantaggio sul 69-61, a quattro minuti dalla fine dei tempi regolamentari, grazie a una tripla di 'Pepè Sanchez, playmaker vecchio stile uscito dall'università di Temple e passato anche per la Nba con i Sixers di Philadelphia.
Un risultato sostanzialmente giusto, ma inaccettabile per fuoriclasse dall'orgoglio infinito come gli slavi che, trascinati dalle giocate di Bodiroga (27 punti alla fine per lui) e Stojakovic (26 i punti segnati sul tabellino) hanno iniziato a rimontare portandosi, prima a meno tre con una tripla di Bodiroga a meno di un minuto e trentadue secondi dal fischio di chiusura (74-71 per l'Argentina) e poi in parità sul 75-75 a quindici secondi dalla sirena ancora con due liberi di Bodiroga. Punteggio che rimarrà invariato sino allo scadere, con Divac (a meno dieci secondi) a sbagliare i due tiri liberi del possibile vantaggio e Sconocchini, con cinque secondi da giocare ancora sul tabellone, a fallire un impossibile 'coast-to-coast', contro la difesa schierata.
Nel supplementare, aperto da una tripla di Stojakovic (78-75) viene fuori tutta l'esperienza della squadra di Pesic che rallenta il gioco, si porta sill'80-75 con l'inesauribile Bodiroga e la difesa ferrea di Jaric, prima di chiudere sull'84- 77 finale. Per la Jugoslavia, sconfitti in casa loro i maestri americani, il ritorno sul tetto del mondo ha un sapore dolcissimo, per l'Argentina sconfitta solo in finale dopo un torneo impeccabile, la beffa di essere arrivata a pochi secondi dal trionfo e il rammarico di non sapere come sarebbe andata a finire se la caviglia di Ginobili fosse stata a posto.
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