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Olimpia, Gallotti lascia

Lo storico massaggiatore torna a fare il fisioterapista

MILANO — Ha toccato tante gambe famose ma per questo non ha mai ricevuto una querela. Anzi, dalle sue mani sapienti sono passate le fortune di molti campioni dei canestri. Adesso Giovanni Gallotti ha deciso di riporre olio di canfora e unguenti nel cassetto e di appendere l'asciugamano bianco al fatidico chiodo. Almeno per quanto riguarda i giganti del basket, i giocatori dell'Olimpia che per diciassette anni lo hanno salutato tutte le mattine prima e dopo l'allenamento e hanno condiviso con lui vittorie e sconfitte.
Gallotti ha deciso di lasciare via Caltanissetta al termine di un'annata non proprio facile da vivere in società, e per la prima volta dopo tanti anni non si è presentato al raduno: «Una scelta di vita per fare finalmente il mio mestiere - dice l'ormai ex massaggiatore biancorosso - cioè il fisioterapista. Dopo tanti anni ho detto sì a un'amica che mi chiedeva di lavorare con lei alla Fisiosport di Pavia».
Nessun rimpianto, ma tanti ricordi: «Era il 1985 quando entrai per la prima volta in sede. Cercavano un nuovo massaggiatore per sostituire Angelo Cattaneo, e il dottor Carnelli, mio insegnante a Pavia, mi fece avere un colloquio in Olimpia. Eravamo in due, scelsero me, nonostante fossi tifoso di Varese».
I primi giorni in società sembravano un sogno: «Per forza, avevo in spogliatoio gente che solo qualche giorno prima vedevo in televisione. Mi tremavano le mani quando dovevo bendare D'Antoni o Meneghin, il mio idolo, anche perché alla scuola di fisioterapia non mi avevano mica insegnato a fare le fasciature alle caviglie».
Fra tanti campioni passati per le sue mani, qualcuno aveva manie e scaramanzie: «Gli americani non hanno la cultura del massaggio, pensano di averne bisogno solo quando hanno qualche infortunio. Bob McAdoo, per esempio, non amava farsi massaggiare e si era portato una scatola piena di cerotti che usava in America. Non c'è stato verso di farglieli cambiare, voleva solo quelli, e poi si faceva fasciare partendo sempre dal piede sinistro, una mania».
In 17 anni, Gallotti ha vinto con l'Olimpia quattro scudetti, due Coppe dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. Un palmares invidiabile: «Be', mica male no? La vittoria più sofferta e apprezzata è stata certamente quella dello scudetto 1986 con Caserta, quando sotto di undici punti in gara tre vincemmo grazie ai tiri liberi di D'Antoni».
Alcuni dei tanti giocatori passati in maglia hanno tenuto con lui un ottimo rapporto: «Li sento spesso, si fidano di me, mi chiedono consigli. Pochi giorni fa mi ha chiamato Rusconi, spesso sento De Pol e sono restato per anni in contatto con Ciccio Premier. Gli dò consigli e pareri quando hanno qualche acciacco, mi fa piacere poterli aiutare».
L'unico rammarico è quello della Nazionale, dove non è mai approdato: «Ero chiuso da Galliani e Michelini: un po' mi dispiace, ma va bene così». Arrivederci, «Mani di fata».
Maurizio Trezzi
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