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La Scavolini sarà la nuova Cantù

PESARO — L'altro ieri tutti i giornali del mondo hanno riportato la notizia che Pat Ewing, la montagna nera dei Knicks, aveva deciso di appendere le scarpette al chiodo. Ed è proprio legata a questo giocatore, un mito dell'Nba, una delle giornate più memorabili vissute dalla pallacanestro pesarese: prima formazione fuori dagli Stati Uniti ad aver costretto una squadra professionistica ad andare ai supplementari. Da quel giorno sono passati poco meno di 12 anni: era esattamente l' 11 ottobre del 1990. «La prima immagine che ho di quella partita — ricorda Sergio Scariolo, allora sulla panchina della Scavolini —, è il grande orgoglio con cui Costa e Magnifico lottarono e si difesero nello scontro sotto canestro proprio contro Pat Ewing. Una partita di cui ancora la gente ha un preciso ricordo, e non solo a Pesaro. Perchè mi è capitato di parlare di quella gara disputata a Barcellona anche recentemente negli Stati Uniti. Col passare degli anni le versioni cambiano e gli americani la raccontano a modo loro. Invece, se non fosse stato per qualche decisioni arbitrale — continua Scariolo —, la Scavolini avrebbe compiuto per prima la grande impresa di battere una squadra professionistica. Ma non importa: perchè Pesaro con quella gara fece capire che le distanze si erano assottigliate tra l'Europa e l'America. Fu il vero, primo grande passo d'avvicinamento, al mondo dell'Nba».
Qui a fianco riportiamo il tabellino di quella gara che ebbe anche l'onore di finire, con caratteri cubitali, sulle pagine del mitico New York Times, giornale che dedica poche righe agli avvenimenti sportivi. Grande articolo da Barcellona con tanto di foto di Ario Costa contro Pat Ewing. Celebre la frase pronunciata da Tucker andando verso gli spogliatoi:«Se avessimo perso, nessuno di noi avrebbe potuto più mettere piede a New York».
Un Sergio Scariolo che parla del passato, di quel giorno al San Jordì, ma che ha anche parole per questa nuova Scavolini: «Se conosco qualcuno? Certamente. A partire da Richardson che ho visto giocare quando ancora era nel college. Sicuramente un ottimo giocatore, completo, un uomo che sa giocare per la squadra ma che ha anche punti nelle mani».
E gli altri?
«Gilbert onestamente non l'ho mai visto, la montagna Christoffersen, sì. Nel basket odierno la spazio d'ingombro conta».
E la squadra nel complesso?
«Credo che possa fare bene, anche se è un gruppo molto giovane. Io penso che possa essere la sorpresa di questa stagione e fare un campionato come quello che ha fatto Cantù la passata stagione. Non lotterà per lo scudetto, ma potrebbe arrivare lì, dietro la grandi».
m.g.
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