PESARO — E' settembre ragazzi e dunque a Pesaro le cose funzionano così: finisce l'estate, si riaprono le scuole, arriva la Fiera di San Nicola, e poi la festa di San Terenzio, vescovo martire e nostro patrono, e scende in campo la Scavolini, croce e delizia di molti di noi, ma sempre appuntamento fisso dell'autunno che avanza.
Sono ormai cinquant'anni abbondanti che l'autunno pesarese mette in programma questi quattro appuntamenti in contemporanea, con la Scavolini che è quella che ci arriva sempre con più «chiacchiere» addosso. Non è più lei, è sempre lei, era meglio prima, non ci vado più a vederla, invece torno a vederla. E via così. In genere a fare un ragionamento del genere sono 4 o 5000 pesaresi, con coinvolgimento indiretto e indotto di almeno qualche altro migliaio. Ma alla fine, da cinquant'anni, quando la ex Vuelle sposata Scavolini torna a scendere in campo sono di nuovo tutti là a vedere come andrà a finire. Il basket pesarese, come tante altre cose, va a cicli e a bioritmi: ci sono gli anni in cui piace il basket solido, ragionato, controllato, borghese, e ci sono invece gli anni della «scapigliatura», della fantasia al potere: ma sì, sono tutte balle, il basket è fatto di inventiva, di velocità, di aggressività, di morsi nei polpacci, di ordine e disciplina ne vedo già troppa in ufficio e in fabbria, io voglio divertimi, voglio sentirmi orgoglioso di una squadra che, che vinca o che perda ma se vince è meglio, non molla mai.
Ecco, il campionato di quest'anno apre proprio questo ciclo: velocità, contropiede, difesa aggressiva e bava alla bocca. Per questo è arrivato Marco Crespi, con la faccia da esagitato come «Archimede pitagorico», per questo sono arrivati un branco di ragazzi che vogliono scalare le vette della notorietà gettando il cuore oltre l'ostacolo. Addio dunque alle «sinfonie» d'attacco lunghe e meditate scritte da Pillastrini e condotte da Melvin Booker, addio «transizioni» a passo d'uomo dalla difesa all'attacco, addio schemi lunghi finchè è possibile prima di andare al tiro. Noi siamo con quelli che dicevano che non se ne poteva più. Noi siamo di quelli convinti che il basket è velocità per natura, come i 100 metri piani sono scatto continuo. Però calma e gesso: più guidi veloce e più devi essere bravo. Valentino Rossi insegna. Però se dev'essere contropiede siamo tutti con te «Archimede pitagorico», detto Marco Crespi da Milano.
Franco Bertini
Sono ormai cinquant'anni abbondanti che l'autunno pesarese mette in programma questi quattro appuntamenti in contemporanea, con la Scavolini che è quella che ci arriva sempre con più «chiacchiere» addosso. Non è più lei, è sempre lei, era meglio prima, non ci vado più a vederla, invece torno a vederla. E via così. In genere a fare un ragionamento del genere sono 4 o 5000 pesaresi, con coinvolgimento indiretto e indotto di almeno qualche altro migliaio. Ma alla fine, da cinquant'anni, quando la ex Vuelle sposata Scavolini torna a scendere in campo sono di nuovo tutti là a vedere come andrà a finire. Il basket pesarese, come tante altre cose, va a cicli e a bioritmi: ci sono gli anni in cui piace il basket solido, ragionato, controllato, borghese, e ci sono invece gli anni della «scapigliatura», della fantasia al potere: ma sì, sono tutte balle, il basket è fatto di inventiva, di velocità, di aggressività, di morsi nei polpacci, di ordine e disciplina ne vedo già troppa in ufficio e in fabbria, io voglio divertimi, voglio sentirmi orgoglioso di una squadra che, che vinca o che perda ma se vince è meglio, non molla mai.
Ecco, il campionato di quest'anno apre proprio questo ciclo: velocità, contropiede, difesa aggressiva e bava alla bocca. Per questo è arrivato Marco Crespi, con la faccia da esagitato come «Archimede pitagorico», per questo sono arrivati un branco di ragazzi che vogliono scalare le vette della notorietà gettando il cuore oltre l'ostacolo. Addio dunque alle «sinfonie» d'attacco lunghe e meditate scritte da Pillastrini e condotte da Melvin Booker, addio «transizioni» a passo d'uomo dalla difesa all'attacco, addio schemi lunghi finchè è possibile prima di andare al tiro. Noi siamo con quelli che dicevano che non se ne poteva più. Noi siamo di quelli convinti che il basket è velocità per natura, come i 100 metri piani sono scatto continuo. Però calma e gesso: più guidi veloce e più devi essere bravo. Valentino Rossi insegna. Però se dev'essere contropiede siamo tutti con te «Archimede pitagorico», detto Marco Crespi da Milano.
Franco Bertini
Fonte: Il Resto del Carlino