Lo ha detto pure il ct Charlie Recalcati. Con le nuove limitazioni imposte dalla legge sugli extracomunitari e con la riduzione del budget da parte di parecchie squadre l'impronta dei tecnici sarà più marcata e più importante per ciascun club. E con l'aumento delle responsabilità aumenteranno di conseguenza pure critiche ed eventuali licenziamenti. Le 18 panchine di A sono altrettante sfide. Piccole e grandi, comunque montagne da scalare. E in avvio pochi dormono sonni tranquilli. Perché anche chi ha il pieno appoggio della società, ha qualcosa da dimostrare. A volte di molto importante. Prendete Ettore Messina. È alla Benetton, ovvero la società esemplare. E ha probabilmente la miglior squadra del campionato. Ma lui ha già pensato ad elevare il livello della sfida. Puntando all'Eurolega. Eppoi c'è tutta una storia triste e nota alle sue spalle. Quella dell'addio a Bologna. Ecco Messina deve e soprattutto vuole mostrare che anche lontano dalla città che lo venera sa essere il numero 1. C'è di più, vuole mostrare che Mike D'Antoni, tornato in fretta nella Nba, non è il mito intoccabile di Treviso. Dove ha vinto due scudetti prima di lasciare, ogni volta. Poi c'è Boscia Tanjevic, che il senso della sfida lo ha innato, nel Dna. E che però si è trovato una patata ancora più scottante di quanto immaginasse. Ambiente scettico e in rotta con la società, squadra da ricostruire dopo le partenze di Ginobili, Jaric e Griffith. Non bastasse tutto ciò, compreso l'onere di rimpiazzare Messina a cui s'era abituato in Nazionale (trionfando), ci si è messa pure la malasorte. Davvero gigantesca. Così Boscia si trova ad inventare la squadra e l'amalgama a stagione avviata. Come a Villeurbanne, dove lo avevano scaricato prima del successo puntuale. Con la differenza che Bologna, pulsante di canestri, può essere pure peggiore. Ma queste sono storie note, attese. C'è chi ha di fronte a se sfide forse ancor più difficili. Attilio Caja deve far innamorare Milano, nientemeno, del basket. Deve rilanciare l'Olimpia. Ha il vantaggio di prenderla in mano nel momento peggiore, ché più in basso dell'inguardabile finale della scorsa stagione è difficile. Ma ha lo svantaggio di non avere tempo. Poi c'è Marco Crespi, che un anno fa era in rampa di lancio internazionale. E adesso si ritrova a Pesaro, per un altro tipo di ricostruzione. Anche della propria immagine. Ha costruito la squadra a propria immagine e somiglianza, sudore e sangue, difesa e intensità. Correndo. Da allievo di Tanjevic (come Boniciolli), ha però un vantaggio sul maestro. La città già lo ha adottato. E la squadra incuriosisce ai limiti dell'entusiasmo. A dirla tutta, si presentano a sfide importanti anche allenatori confermati. Matteo Boniciolli ad esempio. È rimasto alla Fortitudo dopo lungo tira e molla. Ha avuto i giocatori che voleva, salvo Pozzecco. Il bello è che il Poz della maturità (ha ormai 30 anni) può diventare la pietra angolare della stagione Fortitudo. E se anche nessuno parla di obiettivi in questa stagione, vedremo alla fine cosa si dirà se nulla dovesse arrivare. A proposito di obiettivi, siede su panca scomoda anche Ergin Ataman. L'anno scorso nessuno se lo aspettava, ora gli hanno dato il volante di una F.1. E lui deve metterne insieme i pezzi di turbo-compressore. Ben conscio che non potrà puntare sui soliti cinque come l'anno scorso. Riabbracciamo i nuovi arrivi. Come Piero Bucchi. Ottenuta la promozione con Napoli, è passato a Roma. E lì ha pescato una sfida affascinante quanto difficile: far coesistere Jenkins e Myers. Se ci riesce, Roma vola e lui sarà considerato genio. Altrimenti... Non ha più scuse neppure Beugnot, liberato dell'ombra del Poz, come a nessun predecessore era capitato (e sono stati tanti) dopo il mitico scudetto della stella. Di più, gli hanno regalato anche Meneghin atteso al sicuro riscatto in casa. Non ha scuse neppure Frates, dopo la salvezza della Snaidero. Adesso ha più operai, più atletismo, più chiarezza di ruoli. E che dire di Lino Lardo. Ha salvato Verona sul campo per vederla scomparire. Ora vuole conquistare l'entusiasmo della Viola, provando a darle un volto difensivo. Poi ci sono tutti coloro che lotteranno per non retrocedere e per un giorno di notorietà, ben consci che forse saranno proprio loro, i Ramagli, i Melillo, i Carmenati, i Markovski a rischiare di più il posto. A ben guardare, insomma, coloro che sembrano tranquilli sono i tecnici-istituzione. Pino Sacripanti ha il peso di essere l'allenatore dell'anno. Ma a Cantù stanno con i piedi ben ancorati al suolo, consci che i miracoli difficilmente si replicano nello stesso luogo. Poi c'è Cesare Pancotto, condottiero osannato a Trieste. Che ha ambizioni piccole e precise. E c'è Luca Banchi, cui Livorno ha deciso di assegnare la cattedra d'insegnante, comunque vada. Insieme a loro metteremmo pure Mazzon, che non può più fallire dopo le ultime stagione, ma che ha una squadra dai numeri tecnici sufficienti per un campionato tranquillo.
Piero Guerrini
Piero Guerrini