PESARO — Ci vorrebbe un fotografo, o meglio un qualsiasi, maledetto aggeggio che fissi l'immagine del tifoso sconsolato, seduto sui gradini di quella porzione di «astronave» dove l'Inferno ha cantato e tifato fino alla fine, fino all'ultima stilla di sudore. Sguardo fisso nel vuoto, un leggero tic nervoso all'occhio destro e la disperazione di chi si rende conto che ci sarà poco da gioire e molto da ballare. In campo, non sugli spalti. Altro che squadra guerriera, altro che giovani spavaldi e pronti a tutto. L'avvio è di quelli da azzerare ogni entusiasmo e solo il giovane e fedele pubblico pesarese riesce a reggere l'urto: 1-9 e 11-30 in poco più di un amen. Il canestro, questo sconosciuto. Altro che chiacchiere. Siena è una corazzata, va bene, ma va al rallentatore. Si accontenta di sfruttare lo strapotere sotto canestro di Chiacig e Turkcan, mentre Alphonso Ford dispensa sagacia cestistica rifilando a Richardson una lezione di basket made in Usa. Ma sono tutti gli universitari della Scavolini che paiono spauriti e modesti, forse più di quello che in realtà siano. McGhee in particolare subisce un paio di stoppate e non si avventura più sotto canestro. Il pubblico, cinquemila in biancorosso, più o meno come lo scorso anno, regge allo scoramento. Fa tifo, cerca di spingere i giovani biancorossi oltre la loro paura. Si esalta al primo accenno di rimonta, si lascia trasportare dalla voglia di Pecile di andare al di là dei propri limiti. Fa finta di crederci quando la Scavolini torna in partita complice un evidente calo fisico dei senesi. Ma a quel punto ci sarebbe voluto fosforo e calma, esperienza e capacità di gioco. Ma la Scavolini non ha tutto questo e affonda sui propri errori, più che sulla forza ed il fisico della Mens Sana. Troppi esterni senza fosforo ha in panca Crespi, che si sbatte ma non come nei tempi d'oro. Poca esperienza (solo Albano ne ha veramente) per supportare un asse play-pivot (Pecile-Lacey) fragile fisicamente e tecnicamente. Soprattutto quando il giocatore più rappresentativo, Misha Beric, scompare di fronte alla forza fisica ed alla difesa dei toscani. Non basta l'invocazione dell'Inferno: «Vogliamo questa vittoria». Non bastano nemmeno le amnesie degli esterni in verde per dare alla Scavolini la concreta possibilità - esistente in questa fase della stagione - di tentare la vittoria con una delle favorite. Visi preoccupati dentro e fuori lo spogliatoio, con Joe Blair che telefona all'amico allenatore/commentatore per sapere come andata. Maledetta nostalgia.
Non bastano a rendere meno amaro questo sabato del villaggio nemmeno le undici-apette-undici. Belle e brave come sempre. Lanciate più volte in «Asereje» delle spagnole «Les Ketchup». Quasi tutte confermate rispetto allo scorso anno, anche perché, loro, avevano retto e vinto il confronto con chiunque. Come il pubblico, tutto spalmato in basso (gradinate oscurate da teloni azzurri, fatta eccezione per lo spicchio occupato dai cento senesi) in un'arena centrale piccola accogliente e «calda». «Non vi lasceremo mai», cantavano. La via dell'Inferno è sempre lastricata di buone intenzioni.
Luigi Luminati
Non bastano a rendere meno amaro questo sabato del villaggio nemmeno le undici-apette-undici. Belle e brave come sempre. Lanciate più volte in «Asereje» delle spagnole «Les Ketchup». Quasi tutte confermate rispetto allo scorso anno, anche perché, loro, avevano retto e vinto il confronto con chiunque. Come il pubblico, tutto spalmato in basso (gradinate oscurate da teloni azzurri, fatta eccezione per lo spicchio occupato dai cento senesi) in un'arena centrale piccola accogliente e «calda». «Non vi lasceremo mai», cantavano. La via dell'Inferno è sempre lastricata di buone intenzioni.
Luigi Luminati
Fonte: Il Resto del Carlino