PESARO — Dal loggione e dal parterre sono volate critiche feroci su Beric. Dopo le difese ardite è arrivato il ribaltone delle opinioni. Dietro a questo zig-zagare 'concettuale' ancora le immagini dei danni profondi fatti alla Scavolini quando Beric militava a Belgrado. Su quelle due giornate si è solidificato uno stato confusionale che ancora dura. Saltando a pie' pari il campionato dello scorso anno — scelta tecnica sbagliata appesantita da fattori interni alla squadra —, questa stagione si è aperta appoggiando tante aspettative su questo atleta. Per tutti era lui che doveva fare e disfare, trascinare, tirare, dare assist, difendere e prendere rimbalzi. Insomma quaranta minuti di magie cestistiche. Non è così. E per capirlo occorre proprio tornare indietro ai tempi del Partizan. Lì Beric aveva una squadra, una grande squadra, che riusciva a mettere in rilievo le sue peculiarità. Beric in quella formazione giocava di uncinetto: una specie di Rivera. La Scavolini di oggi non è una grande formazione in grado di lavorare per lui. Ma è lui che deve lavorare e 'creare' per la squadra. Una storia completamente differente. Per di più il marcamento di Zukauskas su Beric è stato perfetto: gli ha concesso solo la linea di fondo chiudendogli la penetrazione centrale, una delle sue armi migliori. Beric, al termine della partita con Siena, è uscito tra i fischi. Un grande abbaglio quei fischi. Perchè Beric non è colpevole di nulla. E' solo una questione di posizionamento tecnico. E la stagione di Beric non è tanto legata alle sue magie, quanto alla crescita del resto della squadra.
m.g.
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Fonte: Il Resto del Carlino