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Myers, una contestazione razzista

A Varese dopo la partita Carlton è stato aggredito: ma io non mi scandalizzo

ROMA - Un supplementare di pugilato a Varese per Carlton Myers nel primo giorno del campionato. Epilogo di Metis-Virtus da dimenticare: l’aggressione al capitano della nazionale è un episodio di violenza che poco ha a che vedere con lo sport. Il giocatore già durante la partita era stato al centro, insieme a Santiago, dei cori dei sostenitori di casa, cori non certo benevoli e legati all’andamento del punteggio della sfida. Poi, quando Myers è uscito dal palazzetto di Masnago, salutati i compagni che andavano all’aeroporto della Malpensa per tornare a Roma, è stato circondato da un gruppetto di sostenitori di Varese. Lo hanno colpito, pugni e sassi, e un colpo lo ricevuto al labbro. I compagni di squadra si sono accorti dell’aggressione (Tusek ha lanciato l’allarme) e la rissa è stata risolta.
Il giorno il fattaccio dopo si cerca di minimizzare. Meglio non alimentare polemiche, meglio tornare alla normalità anche se non si deve dimenticare e neppure sottovalutare il problema che non è legato solo al tifo ma ha risvolti diversi. «Sono dispiaciuto, non è stato bello ma neppure drammatico - ha fatto sapere Myers dalla sua casa di Rimini - e non mi scandalizzo». Parole sagge quelle del capitano di Azzurra per non continuare con tensioni senza senso. Qui non è in ballo una vicenda sportiva, la critica pur sempre assurda e da condannare nei confronti del giocatore che ha fatto vincere l’avversario. Qui non siamo agli sfottò che a volte sono simpatici, come è stata la risposta dei tifosi napoletani del calcio a quelli veronesi al Bentegodi che chiamarono in causa Giulietta. Qui c’è quasi certamente dell’altro. A Varese (ma non solo) esiste una frangia di tifosi che si dividono tra il calcio e il basket (lo stadio tra l’altro è vicinissimo al PalaIgnis): sono i Boys. Non sono tantissimi ma sono pur sempre pericolosi. Domenica prima di Metis-Virtus Roma la squadra di calcio aveva perso in casa 2-1 con il Treviso e da quella sconfitta l'allenatore Morales ha perso la panchina. Chiaro che la tensione fosse maggiore che in altre occasioni. Quando Myers all’uscita del palazzetto e mentre si avvicinava alla sua macchina è stato circondato dai (pochi) teppisti che erano armati di bastoni, borchie e sassi, è stato insultato. Il riferimento è andato al colore della sua pelle e Carlton, sbagliando come ha ammesso ma a volte non si riesce a non reagire, ha risposto. Rispondere è stato un errore, ma non sempre si riesce a stare zitti.
L’associazione dei giocatori ha denunciato l’episodio e ha chiesto maggiore sicurezza per i protagonisti. «I problemi sotto questo aspetto sono gli stessi dell’anno passato - hanno osservato in una nota i dirigenti della Giba - e chiediamo a Federazione e Lega di garantire con ogni mezzo l’incolumità degli atleti». Purtroppo certi episodi non nascono per caso e potrebbero essere evitati, ma questo aspetto non è di pertinenza dei dirigenti sportivi. A tal proposito andrebbe ricordato un evento bruttissimo accaduto ancora a Varese nel ’79 quando in una partita di coppa dei campioni tra l’allora Emerson di Dodo Rusconi e il Maccabi Tel Aviv (Varese alla fine perse nella finale con il Bosna Sarajevo) ci furono violenti scontri preparati nei dettagli alla vigilia. Chi doveva controllare gli ingressi lasciò passare tifosi con bastoni e altro materiale dietro la promessa che quei pezzi di legno sarebbero serviti per sostenere le bandiere. Dentro, invece, divennero croci uncinate e iniziò una contestazione agli israeliani con strascichi penali.
Dicevamo dell’attacco di domenica a Myers. Il numero 10 della Virtus è stato l’alfiere nero alle Olimpiadi di Sydney. Quello è stato un segnale preciso per un’Italia che, come lo stesso Carlton allora fece notare, «è ancora razzista». Fermiamoci, allora, se non si può cambiare questo maledetto modo di contestare. Parole di Myers pronunciate al riguardo, una protesta che se parte dagli sportivi ha un valore mille volte superiore a quella di un politico.
Archiviamo i veleni della notte di Varese sperando che l’episodio di inciviltà rimanga isolato dando uno sguardo al basket giocato. «Ho avuto conferma della coesione del mio gruppo - spiega il coach della Virtus, Piero Bucchi - Segnali confortanti anche da Santiago, l’ultimo arrivato con noi ma già a suo agio». Aspettere la Scavolini, giovedì sera al Palazzetto, con fiducia sperando di avere presto il sostituto di Marcaccini. «Ci serve un altro uomo e poi aspetto di vedere migliorati gli schemi in attacco anche se non sono meravigliato se ancora qualcosa non è perfetta - continua l’allenatore - Non dimentichiamo poi che Tonolli a Varese, pur bravissimo per quello che ha fatto, ha potuto giocare appena tre minuti». Il capitano potrà tornare a pieno regime lunedì prossimo.
Carlo Santi
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