PESARO - Risponde con un filo di voce, ma l’accento pesarese gli ridona entusiasmo. Marko Tusek da Roma, fa un certo effetto. Perchè la sua perdita non è stata ancora del tutto assorbita, nell’ambiente di fede biancorossa. Un guerriero che si emoziona, che dichiara il suo eterno amore, che si commuove e comunica con i tifosi, che prende in mano il microfono per fare gli auguri di Natale, per dire che non è finita... Un lungo che fa sempre comodo, un giocatore super, che la Scavolini avrebbe potuto spremere ancora per molto. Poi, quando si è sparsa la voce che i giocatori sloveni - forse - da gennaio sarebbero diventati comunitari, in tanti non ci hanno visto più. Non sarà un gran palliativo, però sembra che questa norma non entrerà in vigore prima della prossima stagione agonistica.
Quando gli facciamo notare che Booker e Blair - dopo la partita con Siena - hanno telefonato per sapere com’era andata, lui non ci fa terminare la frase: «Anch’io ho chiamato Misha...». E figurarsi se non lo faceva. Lui ci tiene una cifra, non lo ha mai nascosto.
“Tuki" a cuore aperto: «Domani voglio giocare bene, è un’occasione speciale. Ora sono dall’altra parte e mi dispiace. Ma nella vita succede... Poi magari un giorno ritorniamo tutti... Saluto tanto i tifosi e gli amici, che sono sempre nel mio cuore». Forse lo sapeva già, ma noi giriamo il dito nella piaga. Gli diciamo che qui la gente lo ricorda spesso e qualcuno lo rimpiange pure... Lui accenna un sorrisino beffardo, una via di mezzo tra un “ve la siete voluti" e un’espressione malinconica. E’ giusto e bello così.
Roma gli piace, ma all’inizio - confessa - si è persino perso per le vie della città... «Abito fuori dal centro, a Settebagni, dove ci alleniamo, e raggiungere il centro è facile. Tornare indietro, invece, è decisamente più complicato... Ci ho messo un’ora e mezza prima di rientrare alla base!». Dove vive con moglie e neonato. «Qui c’è un gran traffico. Mi alleno e - nel giorno di riposo - ne approfitto per girare...». In squadra si parla la lingua nazionale, alla faccia di tutto e di tutti... «Ci sono sette italiani, poi io e Santiago, che conosciamo la lingua. L’unico che si esprime in inglese è Jenkins».
Marko Tusek si è già distinto: in campo, ma anche fuori... «E’ vero, ho aiutato Myers contro quegli pseudo-tifosi. Stavamo partendo con il pullman, io mi sono girato e ho visto con la coda dell’occhio che Carlton era in difficoltà... Appena mi hanno visto, sono scappati...». «Piero (Bucchi -ndr) è contento di me. Sto lavorando bene, sono in forma, e spero di continuare a dare il mio contributo per tutto il campionato». La Scavolini? «Conosco solo i vecchi - continua il grande ex - più Corey Albano. Per molti è la primissima esperienza in Europa, ma sono sicuro che non sia una cattiva squadra». Ha parlato con Zanelli, rinverdendo i vecchi tempi? «Non ancora. Abbiamo appreso insieme il risultato dell’anticipo e ci siamo detti che la Scavolini non ha giocato troppo bene. Ma è normale, era la prima partita e Siena è una vera big». Per il vostro esordio al Palazzetto di Viale Tiziano si aspetta tanta gente? «Penso di sì. In questo momento il calcio a Roma non sta andando troppo bene e potremmo conquistarci spazi interessanti. Da febbraio-marzo ci trasferiremo al PalaEur, ancora in ristrutturazione e che ospiterà 11-12.000 persone. Sono legato a quell’impianto, dove ho giocato una Final Four di Eurolega con l’Olimpia Lubiana e che ho espugnato - qualche anno dopo - assieme a Piero Bucchi con la maglia di Rimini». Ciao campione.
Camilla Cataldo
Quando gli facciamo notare che Booker e Blair - dopo la partita con Siena - hanno telefonato per sapere com’era andata, lui non ci fa terminare la frase: «Anch’io ho chiamato Misha...». E figurarsi se non lo faceva. Lui ci tiene una cifra, non lo ha mai nascosto.
“Tuki" a cuore aperto: «Domani voglio giocare bene, è un’occasione speciale. Ora sono dall’altra parte e mi dispiace. Ma nella vita succede... Poi magari un giorno ritorniamo tutti... Saluto tanto i tifosi e gli amici, che sono sempre nel mio cuore». Forse lo sapeva già, ma noi giriamo il dito nella piaga. Gli diciamo che qui la gente lo ricorda spesso e qualcuno lo rimpiange pure... Lui accenna un sorrisino beffardo, una via di mezzo tra un “ve la siete voluti" e un’espressione malinconica. E’ giusto e bello così.
Roma gli piace, ma all’inizio - confessa - si è persino perso per le vie della città... «Abito fuori dal centro, a Settebagni, dove ci alleniamo, e raggiungere il centro è facile. Tornare indietro, invece, è decisamente più complicato... Ci ho messo un’ora e mezza prima di rientrare alla base!». Dove vive con moglie e neonato. «Qui c’è un gran traffico. Mi alleno e - nel giorno di riposo - ne approfitto per girare...». In squadra si parla la lingua nazionale, alla faccia di tutto e di tutti... «Ci sono sette italiani, poi io e Santiago, che conosciamo la lingua. L’unico che si esprime in inglese è Jenkins».
Marko Tusek si è già distinto: in campo, ma anche fuori... «E’ vero, ho aiutato Myers contro quegli pseudo-tifosi. Stavamo partendo con il pullman, io mi sono girato e ho visto con la coda dell’occhio che Carlton era in difficoltà... Appena mi hanno visto, sono scappati...». «Piero (Bucchi -ndr) è contento di me. Sto lavorando bene, sono in forma, e spero di continuare a dare il mio contributo per tutto il campionato». La Scavolini? «Conosco solo i vecchi - continua il grande ex - più Corey Albano. Per molti è la primissima esperienza in Europa, ma sono sicuro che non sia una cattiva squadra». Ha parlato con Zanelli, rinverdendo i vecchi tempi? «Non ancora. Abbiamo appreso insieme il risultato dell’anticipo e ci siamo detti che la Scavolini non ha giocato troppo bene. Ma è normale, era la prima partita e Siena è una vera big». Per il vostro esordio al Palazzetto di Viale Tiziano si aspetta tanta gente? «Penso di sì. In questo momento il calcio a Roma non sta andando troppo bene e potremmo conquistarci spazi interessanti. Da febbraio-marzo ci trasferiremo al PalaEur, ancora in ristrutturazione e che ospiterà 11-12.000 persone. Sono legato a quell’impianto, dove ho giocato una Final Four di Eurolega con l’Olimpia Lubiana e che ho espugnato - qualche anno dopo - assieme a Piero Bucchi con la maglia di Rimini». Ciao campione.
Camilla Cataldo