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Pompea a testa alta a Milano

Finale al cardiopalma: sorpassata l’Olimpia a 2’ dalla fine, poi gli errori al tiro

Milano - Doveva essere una partita dai toni accesi, quella tra la nuova Milano e la rinnovatissima Pompea Napoli e lo è stata. Una sfida che non temiamo definire "inedita" dopo essere mancata per ben undici anni: nuovi uomini da entrambe le parti, come è naturale, nuovi equilibri, nuove società. Non solo entrambe le squadre venivano da una confortante vittoria al primo turno e cercavano una conferma; non solo c'erano mille ragioni per accendere l'interesse del pubblico all'esordio dell'Olimpia in casa, come Corbelli acclamato presidente, Sconochini al ritorno a Milano e magari una vittoria, dato lo scorso anno non ne erano arrivate molte. Erano soprattutto i parecchi "scontri diretti", sul campo e non, che avrebbero deciso l'esito della gara: i due argentini reduci dal Mondiale, Hugo e Leandro l'un contro l'altro armati sulla riga da tre punti con ancora qualche polemica interna allo spogliatoio argentino da smaltire; Dontae’ Jones che veniva da 14 rimbalzi (tra cui il tap in della vittoria al supplementare con Biella) e lo slovacco Martin Rancik, unico sopravvissuto della scorsa disgraziata stagione biancorossa. Lo stesso Andrea Mazzon, che nell'ultima partita giocata a Milano nella scorsa stagione se ne era andato perdente e retrocesso con Imola, cercava decisamente una rivincita mentre Attilio Caja voleva dimostrare ai tifosi per la prima volta tutta la distanza che lo separa dal vecchio Faina. Per non parlare dei due presidenti in tribuna (Maione e Corbelli), ex avversari alla rincorsa del Napoli Calcio ed attuali nemici di parquet.
Ha vinto Milano una partita molto tesa, ma con merito, con una tranquillità che non le si conosceva nonostante i logici errori di gioventù. Napoli scappa subito fin dall'inizio scoprendo un Michael Andersen impressionante dalla tacca di destra dell'area colorata milanese e ne mette 14 nei primi dieci minuti con 6 su 6 dal campo e 2 su 2 dalla lunetta (e saranno 28 alla fine, con due soli errori dal campo). Fa sempre lo stesso tiro, quel semigancio con la mano destra convergendo in area che sembra indifendibile. O quasi, perché coach Caja ci mette una pezza dopo un timeout ed il danese rallenta. Napoli sta avanti fino quasi alla seconda sirena, toccando il massimo vantaggio sul 26-20 con due liberi di Clack: dall'altra Sconochini dà sicurezza, Kidd difende ed offende e si applaude l'esordio di Andrea Niccolai. E' invero Duane Simpkins ad essere l'ago della bilancia con nove punti nel secondo quarto, quelli che permettono il riaggancio, e altri sei nel terzo che permettono il sorpasso. Milano arriva a più 13 (68-55) quando un ottimo coach Mazzon, sempre a uomo, indovina la mossa dei due centri e rischia Tim Nees insieme ad Andersen, togliendo un nervosissimo Dontae’ Jones ed un inconcludente Clack. Il gioco si rallenta, l'Olimpia non tiene il ritmo e sull'86-87 Napoli sorpassa a 2’ dalla dine. La difesa biancorossa è sinceramente colpevole e quando se ne rende conto per Napoli è finita: una panchina troppo corta condanna la Pompea, con Morena e Rajola fuori, lasciando la possibilità al coach veneto di trovare solo in Pemberthy e Nees (5 punti in due) qualcuno che gli occupi dei minuti in campo. E' solo una battaglia però, e questo è evidente. La guerra è altra cosa. Stiano tranquilli i tifosi che la settimana prossima affolleranno ancora il PalaBlu: questo sarà per loro un buon anno di basket e, come dice Mazzon, vedremo la vera Pompea solo tra un paio di mesi
Enrico Corno
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