FABRIANO — «Le piccole cose, ci sono mancate le piccole cose che fanno la differenza in partite così equilibrate».
La traduzione delle poche parole di coach Roberto Carmenati a caldo si può estrinsecare con un paio di forzature di troppo contro i ringhianti difensori di Caja, proprio nel momento in cui (61-57 al 35') si stava recuperando la partita e il disavanzo maturato a cavallo tra terzo e quarto periodo.
Oppure con la paura di assumersi le responsabilità, sempre in quei frangenti caldi, alla primissima partita tra campionato e prestagione giocata sul filo del punto a punto. O ancora con i limiti strutturali di una squadra che oggi ha un solo riferimento perimetrale (Nunez) e il resto della truppa votata unicamente o quasi al «man to man» in penetrazione.
Tanti pensieri su una «chimica» ancora lontana si annidano inevitabilmente nella testa del coach, ma è su quello positivo che Carmenati intende tirare dritto. «Episodi e incertezze a parte, ho apprezzato la prova dei ragazzi», cambia sùbito indirizzo l'allenatore. «In fondo era una verifica significativa e alla prova dei fatti ce la siamo giocata a lungo sul parquet della prima della classe. Rimaniamo della nostra idea di base: il percorso da compiere è lungo. Ma intanto il gruppo ha iniziato a incamminarsi».
La faccia buona della medaglia è tutta nelle parole del tecnico. Il resto è intersecato tra le sfaccettature di una gara che cambia volto in corsa.
Prima metà tutta contrassegnata dalle «fughe» del velocista Sconochini a campo aperto e dalle catture offensive del vecchio Kidd.
Ma quando Huguito assaggia a lungo la panca a causa dei problemi di falli e Warren si inchina all'incedere della carta d'identità, Fabriano sembra in grado di rientrare.
«Sì, siamo tornati in corsa, ma forse dovevamo riflettere ancora di più», passa alla fase analitica Carmenati. «Abbiamo cercato di controllare il ritmo, di frenare i loro impeti, ma la nostra 'struttura' al momento pià di tanto non ci consente. E' vero, per il dna di molti nostri giocatori siamo portati a cercare troppo la percussione in area e poco la trama al limite dei 24 secondi, ma dovremo crescere presto anche sotto questo profilo».
Intanto si incassa un passivo comunque dignitosissimo rispetto alle «sberle» estive e il debutto non proprio incoraggiante di Cantù e si torna a casa a lavorare per la «doppia» casalinga (domenica con Trieste, sette giorni dopo il derby con Pesaro), sperando di poter aggiungere al roster Chris Balliro, anche ieri malinconicamente a bordo campo in attesa di completare le pratiche per l'italianizzazione del passaporto.
Certo, non è un rinforzo da urlo, ma in tempi in cui della società (e di conseguenza del mercato) non si hanno notizie anche il gregario di Boston può tornare utile perché le pile dei biancazzurri arrivino presto a protrarsi fino al quarantesimo minuto.
Alessandro Di Marco
La traduzione delle poche parole di coach Roberto Carmenati a caldo si può estrinsecare con un paio di forzature di troppo contro i ringhianti difensori di Caja, proprio nel momento in cui (61-57 al 35') si stava recuperando la partita e il disavanzo maturato a cavallo tra terzo e quarto periodo.
Oppure con la paura di assumersi le responsabilità, sempre in quei frangenti caldi, alla primissima partita tra campionato e prestagione giocata sul filo del punto a punto. O ancora con i limiti strutturali di una squadra che oggi ha un solo riferimento perimetrale (Nunez) e il resto della truppa votata unicamente o quasi al «man to man» in penetrazione.
Tanti pensieri su una «chimica» ancora lontana si annidano inevitabilmente nella testa del coach, ma è su quello positivo che Carmenati intende tirare dritto. «Episodi e incertezze a parte, ho apprezzato la prova dei ragazzi», cambia sùbito indirizzo l'allenatore. «In fondo era una verifica significativa e alla prova dei fatti ce la siamo giocata a lungo sul parquet della prima della classe. Rimaniamo della nostra idea di base: il percorso da compiere è lungo. Ma intanto il gruppo ha iniziato a incamminarsi».
La faccia buona della medaglia è tutta nelle parole del tecnico. Il resto è intersecato tra le sfaccettature di una gara che cambia volto in corsa.
Prima metà tutta contrassegnata dalle «fughe» del velocista Sconochini a campo aperto e dalle catture offensive del vecchio Kidd.
Ma quando Huguito assaggia a lungo la panca a causa dei problemi di falli e Warren si inchina all'incedere della carta d'identità, Fabriano sembra in grado di rientrare.
«Sì, siamo tornati in corsa, ma forse dovevamo riflettere ancora di più», passa alla fase analitica Carmenati. «Abbiamo cercato di controllare il ritmo, di frenare i loro impeti, ma la nostra 'struttura' al momento pià di tanto non ci consente. E' vero, per il dna di molti nostri giocatori siamo portati a cercare troppo la percussione in area e poco la trama al limite dei 24 secondi, ma dovremo crescere presto anche sotto questo profilo».
Intanto si incassa un passivo comunque dignitosissimo rispetto alle «sberle» estive e il debutto non proprio incoraggiante di Cantù e si torna a casa a lavorare per la «doppia» casalinga (domenica con Trieste, sette giorni dopo il derby con Pesaro), sperando di poter aggiungere al roster Chris Balliro, anche ieri malinconicamente a bordo campo in attesa di completare le pratiche per l'italianizzazione del passaporto.
Certo, non è un rinforzo da urlo, ma in tempi in cui della società (e di conseguenza del mercato) non si hanno notizie anche il gregario di Boston può tornare utile perché le pile dei biancazzurri arrivino presto a protrarsi fino al quarantesimo minuto.
Alessandro Di Marco
Fonte: Il Resto del Carlino