TRIESTE - Quando la parola passa alla difesa, la sentenza non lascia spazio a dubbi: condanna per la Metis. Dopo la passerella esplosiva della spumeggiante vittoria sulla Skipper, Trieste rialza le palizzate e le torri del «fortino» di casa. Per Meneghin e Gorenc sono pronti museruola e guinzaglio: i loro «padroni», Roberson e Sy, li fanno correre lasciandoli divertire appena un po’, ma ben presto li rispediscono a cuccia. Il match contro Varese è dal fischio d’inizio una battaglia feroce, di area, più che di centrocampo: la lotta è spasmodica, i palloni persi tanti, le squadre incollate l’una all’altra. È uno dei pochi incontri in cui dettano legge i lunghi: alla fine Camata, Podestà, Casoli e Kelecevic totalizzeranno 43 degli 83 punti triestini, Zanus Fortes, Osella e Scott 39 dei 68 punti lombardi.
I biancorossi danno uno strappo stratosferico a 8 minuti e mezzo dalla fine quando il punteggio è ancora bloccato sul 58 pari. Il primo break è di Podestà che infila su assist di Cavaliero. La Metis resta incollata, ma Roberson rispolvera finalmente quanto di prepotente aveva già fatto contro la Fortitudo: in penetrazione taglia la difesa e mette la palla in schiacciata fin dentro il canestro che balla paurosamente. Poi, quando Beugnot sistema i suoi a zona, dà un assist a Podestà che porta Trieste avanti di 6 sul 68-62.
Il lavoro ai fianchi comincia a dare risultati, la risposta di Varese è quella di un pugile suonato, si chiude nell’angolo abbrancando l’avversario. Zanus Fortes accorcia ancora il distacco, ma le mani dei lombardi sono fredde. Quasi in significativa sintesi dell’intero match, sbagliano in sequenza Gorenc e Meneghin. È a questo punto che prende definitivamente quota l’«Ufo» di Trieste. Ismaila Sy comincia a roteare per il campo, caricato da non si sa quale energia di altri mondi. Pare di udire il sìbilo e di vedere le luci lampeggianti. Si prende un fallo e infila i due liberi, poi conclude a canestro uno stratosferico contropiede. Per Trieste è un momento particolarmente importante: un altro giocatore è entrato anche mentalmente nel meccanismo dei suoi giochi. Piccolo particolare: grazie a lui, la partita è praticamente finita, 74-64 con soli 2’11’’ da giocare.
Nei secondi venti minuti la Metis ha segnato la miseria di 28 punti. La caccia alla palla che Trieste ha aperto fin dall’inizio di questo campionato dà i suoi frutti e ne fa una squadra addirittura più reattiva in difesa di quella eccezionale del campionato scorso. Questa mentalità da «accanimento terapeutico» con cui Trieste si butta su tutte le fasi malate della gara a caccia spasmodica del pallone è la nota più gioiosa. Anche ieri quando la bagarre e il match trasformato in bolgia non le hanno permesso leziosismi, nè lasciato spazi troppo ampi di quella concentrazione che invece non è mancata dalla lunetta, ha dovuto rimetterci 19 palloni, ma è riuscita a recuperarne 4 in più, ben 23.
In attacco la palla è circolata (cinque giocatori in doppia cifra e tutti e dieci sul parquet) e il match si è trasformato anche in un valido esorcismo, quasi un rito di magìa bianca riuscito, per cacciare anche dalla mente dei tifosi il feticcio di una «Trieste Erdmann-dipendente». Varese, con tre giocatori addirittura ancora fuori rosa, ha raggiunto cinque punti di vantaggio sul finire del secondo quarto (33-38 e 35-40), ma gli assaltatori triestini avevano anche qualche bomba a mano per fiaccare la resistenza avversaria: 7 su 15 quelle realizzate, non male per una squadra che ha poi affidato alla difesa la sentenza della gara.
Silvio Maranzana
I biancorossi danno uno strappo stratosferico a 8 minuti e mezzo dalla fine quando il punteggio è ancora bloccato sul 58 pari. Il primo break è di Podestà che infila su assist di Cavaliero. La Metis resta incollata, ma Roberson rispolvera finalmente quanto di prepotente aveva già fatto contro la Fortitudo: in penetrazione taglia la difesa e mette la palla in schiacciata fin dentro il canestro che balla paurosamente. Poi, quando Beugnot sistema i suoi a zona, dà un assist a Podestà che porta Trieste avanti di 6 sul 68-62.
Il lavoro ai fianchi comincia a dare risultati, la risposta di Varese è quella di un pugile suonato, si chiude nell’angolo abbrancando l’avversario. Zanus Fortes accorcia ancora il distacco, ma le mani dei lombardi sono fredde. Quasi in significativa sintesi dell’intero match, sbagliano in sequenza Gorenc e Meneghin. È a questo punto che prende definitivamente quota l’«Ufo» di Trieste. Ismaila Sy comincia a roteare per il campo, caricato da non si sa quale energia di altri mondi. Pare di udire il sìbilo e di vedere le luci lampeggianti. Si prende un fallo e infila i due liberi, poi conclude a canestro uno stratosferico contropiede. Per Trieste è un momento particolarmente importante: un altro giocatore è entrato anche mentalmente nel meccanismo dei suoi giochi. Piccolo particolare: grazie a lui, la partita è praticamente finita, 74-64 con soli 2’11’’ da giocare.
Nei secondi venti minuti la Metis ha segnato la miseria di 28 punti. La caccia alla palla che Trieste ha aperto fin dall’inizio di questo campionato dà i suoi frutti e ne fa una squadra addirittura più reattiva in difesa di quella eccezionale del campionato scorso. Questa mentalità da «accanimento terapeutico» con cui Trieste si butta su tutte le fasi malate della gara a caccia spasmodica del pallone è la nota più gioiosa. Anche ieri quando la bagarre e il match trasformato in bolgia non le hanno permesso leziosismi, nè lasciato spazi troppo ampi di quella concentrazione che invece non è mancata dalla lunetta, ha dovuto rimetterci 19 palloni, ma è riuscita a recuperarne 4 in più, ben 23.
In attacco la palla è circolata (cinque giocatori in doppia cifra e tutti e dieci sul parquet) e il match si è trasformato anche in un valido esorcismo, quasi un rito di magìa bianca riuscito, per cacciare anche dalla mente dei tifosi il feticcio di una «Trieste Erdmann-dipendente». Varese, con tre giocatori addirittura ancora fuori rosa, ha raggiunto cinque punti di vantaggio sul finire del secondo quarto (33-38 e 35-40), ma gli assaltatori triestini avevano anche qualche bomba a mano per fiaccare la resistenza avversaria: 7 su 15 quelle realizzate, non male per una squadra che ha poi affidato alla difesa la sentenza della gara.
Silvio Maranzana