Meneghin, domenica c´è la Virtus, a Varese. Poteva esserci anche lei con Tanjevic?
«Al telefono ci siamo stati molto vicini, io e Boscia. Mi sono sentito spesso con lui: mi voleva, io chiedevo tempo. Dovevo ancora svincolarmi dalla Fortitudo e poi riflettere. Mi hanno dato un termine per decidere, ma io non potevo ancora farlo».
Se l´avessero aspettata...
«Non so, sinceramente. L´unico punto che mi faceva pensare era l´allenatore: Boscia è uno speciale. Ma non c´è stato molto di più, anche se, leggendo e sentendo in giro, pareva avessi già firmato».
C´erano anche i virtussini che la volevano, non solo quelli che l´avrebbero contestata.
«Lo so, qualcuno l´ho incontrato pure io e almeno con me sosteneva di essere felice. Li ringrazio. Ma il punto è che se avessi scelto di restare a Bologna sarei rimasto alla Fortitudo: non sono il tipo da cercare vendette o rivincite passando dall´altra parte per dimostrare chissà cosa».
Invece?
«Ho preferito casa mia: qui sto meglio».
Non è un passo indietro?
«Li sento e li ho sentiti anche io quelli che dicono che se sono un bravo giocatore devo fare l´Eurolega e che cavolo conta tornare a Varese. Ma alla fine per me l´importante è stare bene, sentirmi voluto bene: qui è tutto più semplice, ho la maglietta della mia città, la gente mi conosce, non serve altro. Ed è per questo che magari ho subito avuto un certo rendimento».
Bologna è stata un´esperienza o un fallimento?
«Un´esperienza. Che rifarei tornassi indietro. Non me ne pento. Però è legittimo rendersi conto che si vogliono cose diverse: per me il basket è divertimento, tranquillità. A Bologna, con quel che ti pagano, si è giustamente schiavi del risultato: ti danno tanti soldi, devi produrre tante vittorie».
Non il suo modello, però.
«E´ evidente che in questo meccanismo ti può capitare, come è successo a me, di soffrire: per le critiche assatanate, per quanto sono stato infamato, per le chiacchiere enormi che a Basket city girano».
Ad esempio?
«Che avevo l´esaurimento nervoso, che facevo la dolce vita, che ero praticamente un tossico. Vogliamo continuare? E´ un gossip molto diffuso, quello che circola attorno al canestro. Per due anni sono improvvisamente diventato un calciatore: a Bologna non fai pallacanestro, ma sei trattato, nel bene e nel male, come se avessi i tacchetti».
Cosa le manca?
«La Braseria, il ristorante, i miei compagni, lo staff della squadra. E gli amici della Fossa, che sento ancora».
Seragnoli?
«Non ho mai avuto problemi. Solo che lui, per ragioni di lavoro, è spesso lontano e qualcuno gli riferisce le cose, i suoi informatori. Gente che vede il basket da vent´anni ma non per questo lo capisce».
Pozzecco?
«Abbiamo avuto una bella relazione amorosa, noi due. Basta che viva con serenità, altri consigli non servono».
Tanjevic?
«Mi spiego: non ha bisogno di avere fiducia, non ha bisogno di nulla. Boscia è la pallacanestro. Può allenare dove vuole, con chi vuole, come vuole».
Forse sta patendo un po´ l´ambiente.
«Adesso sono ad inizio ciclo, con degli infortuni, e non si può vincere schioccando le dita: ma mi pare di ricordare che anche l´allenatore precedente, qualche stagione fa, ha avuto sconfitte e intoppi, come è naturale che capiti. Poi tutti rammentano solo i tempi belli, ma io non credo alla crisi delle bolognesi».
Valentina De Salvo
«Al telefono ci siamo stati molto vicini, io e Boscia. Mi sono sentito spesso con lui: mi voleva, io chiedevo tempo. Dovevo ancora svincolarmi dalla Fortitudo e poi riflettere. Mi hanno dato un termine per decidere, ma io non potevo ancora farlo».
Se l´avessero aspettata...
«Non so, sinceramente. L´unico punto che mi faceva pensare era l´allenatore: Boscia è uno speciale. Ma non c´è stato molto di più, anche se, leggendo e sentendo in giro, pareva avessi già firmato».
C´erano anche i virtussini che la volevano, non solo quelli che l´avrebbero contestata.
«Lo so, qualcuno l´ho incontrato pure io e almeno con me sosteneva di essere felice. Li ringrazio. Ma il punto è che se avessi scelto di restare a Bologna sarei rimasto alla Fortitudo: non sono il tipo da cercare vendette o rivincite passando dall´altra parte per dimostrare chissà cosa».
Invece?
«Ho preferito casa mia: qui sto meglio».
Non è un passo indietro?
«Li sento e li ho sentiti anche io quelli che dicono che se sono un bravo giocatore devo fare l´Eurolega e che cavolo conta tornare a Varese. Ma alla fine per me l´importante è stare bene, sentirmi voluto bene: qui è tutto più semplice, ho la maglietta della mia città, la gente mi conosce, non serve altro. Ed è per questo che magari ho subito avuto un certo rendimento».
Bologna è stata un´esperienza o un fallimento?
«Un´esperienza. Che rifarei tornassi indietro. Non me ne pento. Però è legittimo rendersi conto che si vogliono cose diverse: per me il basket è divertimento, tranquillità. A Bologna, con quel che ti pagano, si è giustamente schiavi del risultato: ti danno tanti soldi, devi produrre tante vittorie».
Non il suo modello, però.
«E´ evidente che in questo meccanismo ti può capitare, come è successo a me, di soffrire: per le critiche assatanate, per quanto sono stato infamato, per le chiacchiere enormi che a Basket city girano».
Ad esempio?
«Che avevo l´esaurimento nervoso, che facevo la dolce vita, che ero praticamente un tossico. Vogliamo continuare? E´ un gossip molto diffuso, quello che circola attorno al canestro. Per due anni sono improvvisamente diventato un calciatore: a Bologna non fai pallacanestro, ma sei trattato, nel bene e nel male, come se avessi i tacchetti».
Cosa le manca?
«La Braseria, il ristorante, i miei compagni, lo staff della squadra. E gli amici della Fossa, che sento ancora».
Seragnoli?
«Non ho mai avuto problemi. Solo che lui, per ragioni di lavoro, è spesso lontano e qualcuno gli riferisce le cose, i suoi informatori. Gente che vede il basket da vent´anni ma non per questo lo capisce».
Pozzecco?
«Abbiamo avuto una bella relazione amorosa, noi due. Basta che viva con serenità, altri consigli non servono».
Tanjevic?
«Mi spiego: non ha bisogno di avere fiducia, non ha bisogno di nulla. Boscia è la pallacanestro. Può allenare dove vuole, con chi vuole, come vuole».
Forse sta patendo un po´ l´ambiente.
«Adesso sono ad inizio ciclo, con degli infortuni, e non si può vincere schioccando le dita: ma mi pare di ricordare che anche l´allenatore precedente, qualche stagione fa, ha avuto sconfitte e intoppi, come è naturale che capiti. Poi tutti rammentano solo i tempi belli, ma io non credo alla crisi delle bolognesi».
Valentina De Salvo
Fonte: La Repubblica