FABRIANO — «Con questo pubblico così caloroso e una squadra con tanto entusiasmo il 'PalaGuerrieri' potrà essere la nostra base su cui costruire il progetto salvezza». Roberto Nunez, lietissima sorpresa di inizio stagione, suona la carica perché stasera (ore 18,15) anche Trieste abbia vita dura nella «roccaforte» biancoblù dove solo dieci giorni or sono la controfigura della grande Virtus Bolognà rimediò un passivo di ben 35 lunghezze.
«Testa e gambe». «Siamo una formazione ancora in divenire», ammette il play-guardia iberico, fin qui capace di viaggiare a 14 di media nella casella punti. «Ci sono giocatori americani di grande atletismo, ma alla prima avventura europea ed italiana. E' chiaro che bisogna avere tempo e pazienza. Comunque alle loro capacità fisiche cercheremo di abbinare la maggiore esperienza continentale di Gattoni, Turner e del sottoscritto. Il coach crede che siamo solo al 60 per cento? Magari, perché vorrebbe dire di poter migliorare ancora tanto…».
«Li scardineremo». Nunez e gli altri hanno già visto le cassette dello slow-basket di Pancotto e del suo play di fiducia Ivo Maric, ma non si sentono così intimoriti. «Sono una buonissima squadra, come un po' tutte nel vostro campionato che, per valori tecnici, insieme alla mia Spagna rappresenta il top a livello europeo. Certo, sappiamo già che ogni nostro avversario cercherà di rallentarci il ritmo e farci giocare solo a metà campo, ma stiamo lavorando per adeguarci». E se il rientrante Erdmann e l'amico-nemico di Hulett, Roberson, promettono fuoco dal perimetro, l'iberico di Fabriano è pronto a rispondere per le rime. «Sì, mi sento in grado di fornire un buon contributo da tre, ma non solo. Quando serve posso anche penetrare e scaricare per i miei compagni: in generale, comunque, mi piace prendere responsabilità importanti nei minuti determinanti».
«Sto benone». Il Nunez deciso e a tratti perfino sgusciante del campionato, del resto, è tutto un altro giocatore rispetto a quello lento e impacciato della prestagione. «Adesso — svela il segreto l'ex madridista — sto meglio fisicamente e sono più libero con la testa. Prima quando andavo in campo ero un po' condizionato mentalmente dalla schiena, ora, invece, vado sul parquet pensando solo a giocare e alla squadra. In più mi sento fortemente stimolato dalla mia 'prima' italiana in una città dove tutti sanno di basket e l'ambiente è calmo, ma pure ospitale come piace a me».
Alessandro Di Marco
«Testa e gambe». «Siamo una formazione ancora in divenire», ammette il play-guardia iberico, fin qui capace di viaggiare a 14 di media nella casella punti. «Ci sono giocatori americani di grande atletismo, ma alla prima avventura europea ed italiana. E' chiaro che bisogna avere tempo e pazienza. Comunque alle loro capacità fisiche cercheremo di abbinare la maggiore esperienza continentale di Gattoni, Turner e del sottoscritto. Il coach crede che siamo solo al 60 per cento? Magari, perché vorrebbe dire di poter migliorare ancora tanto…».
«Li scardineremo». Nunez e gli altri hanno già visto le cassette dello slow-basket di Pancotto e del suo play di fiducia Ivo Maric, ma non si sentono così intimoriti. «Sono una buonissima squadra, come un po' tutte nel vostro campionato che, per valori tecnici, insieme alla mia Spagna rappresenta il top a livello europeo. Certo, sappiamo già che ogni nostro avversario cercherà di rallentarci il ritmo e farci giocare solo a metà campo, ma stiamo lavorando per adeguarci». E se il rientrante Erdmann e l'amico-nemico di Hulett, Roberson, promettono fuoco dal perimetro, l'iberico di Fabriano è pronto a rispondere per le rime. «Sì, mi sento in grado di fornire un buon contributo da tre, ma non solo. Quando serve posso anche penetrare e scaricare per i miei compagni: in generale, comunque, mi piace prendere responsabilità importanti nei minuti determinanti».
«Sto benone». Il Nunez deciso e a tratti perfino sgusciante del campionato, del resto, è tutto un altro giocatore rispetto a quello lento e impacciato della prestagione. «Adesso — svela il segreto l'ex madridista — sto meglio fisicamente e sono più libero con la testa. Prima quando andavo in campo ero un po' condizionato mentalmente dalla schiena, ora, invece, vado sul parquet pensando solo a giocare e alla squadra. In più mi sento fortemente stimolato dalla mia 'prima' italiana in una città dove tutti sanno di basket e l'ambiente è calmo, ma pure ospitale come piace a me».
Alessandro Di Marco
Fonte: Il Resto del Carlino