FABRIANO — «Siamo ancora ai primi giorni di scuola e gli allievi hanno solo cominciato a sfogliare i libri di testo». Passeggia nervosamente prima all'uscita dello spogliatoio, poi in sala stampa di fronte al tavolo delle conferenze, e quasi non riesce a darsi pace, coach Roberto Carmenati, per come sia potuta sfuggire di mano una vittoria ormai quasi acciuffata.
«E' fin troppo evidente che al momento non abbiamo assimilato certe nozioni fondamentali», rivede il film di quegli ultimi cinque minuti da brivido, in cui si è passati dal più sette al meno dodici conclusivo. «Mi riferisco ai concetti di base della pallacanestro, dall'imagazzinamento degli schemi all'occupazione degli spazi in campo. Quelle due palle perse (passaggio di Turner non ricevuto da Hulett e paleggio su un piede sempre del «rookie», ndr) sono figlie proprio della difficoltà di intesa. Ed è chiaro che se commetti certi errori nei momenti determinanti della gara contro una squadra super esperta, alla fine paghi una tariffa pesantissima».
La Carifac che si smarrisce al momento di passare alla cassa oscura tutto il «prima» di una gara giocata con cuore e gambe, mette in secondo piano la «partitissima» di Nunez e i voli »spazzacanestro» di Clark, tornando ai due quesiti di sempre. Sarà un giorno capace questa squadra di capitalizzare quanto meritoriamente costruito in precedenza nei finali concitati? E riuscità l'ancora spaesato Hulett a sostenere la «pressione» di tante aspettative finora andate deluse? «Ho sempre detto che è questione di tempo — ribatte l'allenatore — e anche questa gara ha ribadito il concetto. Altro non posso pensare, perché a lungo siamo stati capaci di fronteggiare con determinazione Trieste, disputando un valido match. Hulett? Mettiamola così: più gioca male e più si rafforza la convinzione che può solo crescere…».
E in soccorso di Fabriano viene anche il marchigiano Cesare Pancotto che, dopo aver fornito l'ennesima dimostrazione di impeccabile guida tecnica lasciandosi la zona letale solo per le battute conclusive, tesse le lodi della Carifac. «Lo sapevo che questa sarebbe stata una partita difficile, contro un rivale di buon livello. Vincere a Fabriano non è stato affatto semplice, anche se avevamo preparato tatticamente una gara del genere. Sì, volevamo arrivare punto a punto ma non, come dite voi, perché i fabrianesi non hanno più Chandler Tompson, lo scorso anno risolutore nella gara in casa nostra. Piuttosto io guardo in casa mia e non in quella degli altri. Con Erdmann, Casoli e Camata non al meglio, confidavamo di potercela giocare allo sprint, senza pigiare troppo sull'acceleratore in precedenza. Certo, quando loro sono arrivati al massimo margine è stata dura, però la match up ci ha aiutato a chiudere le linee di passaggio su Nunez e a darci fiducia per i canestri da tre altrettanto determinanti».
Alessandro Di Marco
«E' fin troppo evidente che al momento non abbiamo assimilato certe nozioni fondamentali», rivede il film di quegli ultimi cinque minuti da brivido, in cui si è passati dal più sette al meno dodici conclusivo. «Mi riferisco ai concetti di base della pallacanestro, dall'imagazzinamento degli schemi all'occupazione degli spazi in campo. Quelle due palle perse (passaggio di Turner non ricevuto da Hulett e paleggio su un piede sempre del «rookie», ndr) sono figlie proprio della difficoltà di intesa. Ed è chiaro che se commetti certi errori nei momenti determinanti della gara contro una squadra super esperta, alla fine paghi una tariffa pesantissima».
La Carifac che si smarrisce al momento di passare alla cassa oscura tutto il «prima» di una gara giocata con cuore e gambe, mette in secondo piano la «partitissima» di Nunez e i voli »spazzacanestro» di Clark, tornando ai due quesiti di sempre. Sarà un giorno capace questa squadra di capitalizzare quanto meritoriamente costruito in precedenza nei finali concitati? E riuscità l'ancora spaesato Hulett a sostenere la «pressione» di tante aspettative finora andate deluse? «Ho sempre detto che è questione di tempo — ribatte l'allenatore — e anche questa gara ha ribadito il concetto. Altro non posso pensare, perché a lungo siamo stati capaci di fronteggiare con determinazione Trieste, disputando un valido match. Hulett? Mettiamola così: più gioca male e più si rafforza la convinzione che può solo crescere…».
E in soccorso di Fabriano viene anche il marchigiano Cesare Pancotto che, dopo aver fornito l'ennesima dimostrazione di impeccabile guida tecnica lasciandosi la zona letale solo per le battute conclusive, tesse le lodi della Carifac. «Lo sapevo che questa sarebbe stata una partita difficile, contro un rivale di buon livello. Vincere a Fabriano non è stato affatto semplice, anche se avevamo preparato tatticamente una gara del genere. Sì, volevamo arrivare punto a punto ma non, come dite voi, perché i fabrianesi non hanno più Chandler Tompson, lo scorso anno risolutore nella gara in casa nostra. Piuttosto io guardo in casa mia e non in quella degli altri. Con Erdmann, Casoli e Camata non al meglio, confidavamo di potercela giocare allo sprint, senza pigiare troppo sull'acceleratore in precedenza. Certo, quando loro sono arrivati al massimo margine è stata dura, però la match up ci ha aiutato a chiudere le linee di passaggio su Nunez e a darci fiducia per i canestri da tre altrettanto determinanti».
Alessandro Di Marco
Fonte: Il Resto del Carlino