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Mabo, una faccia da salvezza

Difesa e mentalità, due ingredienti per stare fra le big

LIVORNO. Due partite in casa e due vittorie, ottavo posto in classifica assieme a corazzate dai nomi gloriosi e dai bilanci stellari come Skipper, Virtus Bologna e Metis Varese, media inglese in perfetta parità. La Mabo va. Ce l'avessero detto un mese fa ci avremmo messo una firma grande come il nuovo palasport. Se ripensiamo che l'anno scorso per mangiare la prima pagnotta ci vollero sette giornate, sembra di vivere una favola, come cantava Vasco Rossi. E invece i 4 punti incamerati sono lì, come lingotti in cassaforte, basta guardare la classifica per vederli luccicare. Ok, si potrà obiettare che i due successi sono arrivati contro i fanalini di coda del campionato, Udine e Biella, uniche squadre ancora a secco di punti. Si potrà obiettare che ad Avellino, Livorno ha avuto una crisi di identità da prenotare d'urgenza un appuntamento con lo psicanalista.
Si potrà obiettare che la Lauretana vista due giorni fa, in una delle partite più brutte degli ultimi anni in via Allende, forse avrebbe fatto fatica anche in LegaDue. Verissimo, tutte obiezioni incise sulla roccia, che però non scalfiscono il fatto che la Mabo sia lì, con il ruolino di marcia verso la salvezza rispettato in pieno e la tranquillità di chi domenica prenderà il pullman per Trieste senza obblighi di nessun tipo.
Nel dopogara contro la Lauretana, Banchi è tornato anche a parlare della sconfitta di Avellino, per sottolineare come sia «acqua passata, un episodio che non ha intaccato la squadra». Ma il coach grossetano ha voluto alzare l'indice soprattutto sulla prestazione difensiva della sua squadra contro Biella, inchiodata a 51 punti, e addirittura a quota 35 dopo tre tempi e mezzo (neanche 12 punti di media a quarto). La verità è che la Lauretana ha giocato malissimo, Jamel Thomas, il capocannoniere della serie A ha fatto a pugni col canestro. Il tutto però è stato ingigantito da una Mabo che in difesa ha mostrato unghie e denti, da un Santarossa tornato quello che ai tempi dei derby di A2 metteva la museruola ad un certo Michael Williams, da un Mutavdzic che pareva una diga dell'Enel nei raddoppi sulle entrate dal fondo, contro la cui muraglia si sono sbriciolati Michelori, Belcher e Thomas.
Una difesa vestita da orologio svizzero, puntuale nei cambi, negli aiuti, asfissiante sulla palla. Una difesa che incarna lo spirito del capitano di questa Mabo, quel Daniele Parente che nelle ultime due uscite (e contro gente come Scarone o Belcher) ha dimostrato a scettici e dubbiosi di poterci stare bene in questa A1. In una squadra che talenti offensivi ne ha pochi, è l'arma che fondamentale per vincere, per giocarsela con chiunque.
Le cifre dicono che Elliott è stato il migliore, senza neanche sforzarsi troppo, che Sambugaro quando ha il tempo per sparare la bomba non fallisce un bersaglio, ma soprattutto che Mutavdzic è l'uomo che la Mabo aveva cercato invano l'anno scorso in Watkins e Radojevic e non aveva trovato. D'accordo che Biella ha tirato 60 volte col 28% su azione, ma gli 11 rimbalzi tirati giù dall'orso bianco sono un dato che l'anno scorso non firmava nessuno e soprattutto la consistenza difensiva di Misha è una garanzia per far girare questa squadra, per recuperare palloni, per ripartire in contropiede e transizione.
Cose da rivedere ce ne sono, soprattutto in attacco, dove non si potranno più perdere 24 palloni, dove Mutavdzic dovrà essere più preciso, dove Garri dovrà fare più le cose che gli competono. Però ha ragione Banchi, quando dice che l'importante è l'atteggiamento, la lucidità offensiva si migliora, la faccia no. A Trieste si dovrà andare proprio con la faccia di Biella.
Giulio Corsi
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