La scalata all'Eurolega comincia, tanto per gradire, con una salita... pirenaica: c'è da neutralizzare il Pau Orthez, ed è il primo ostacolo sulla strada europea, che la Benetton vorrebbe percorrere sino in fondo. Perché questa sembra sul serio una Coppa maledetta: alla prima occasione Treviso la buttò via in finale (Atene, 1993), poi ci furono altre due Final Four (Barcelona 1998, Casalecchio 2002).
Adesso ci riprova, sapendo che la scrematura da 32 a 24 formazioni equivale ad un elevatissimo tasso di qualità, ma anche che l'avventura è troppo affascinante per non crederci. E poi una squadra guidata da Ettore Messina (due trofei vinti) deve necessariamente coltivare qualche ambizione. «Io vi ringrazio della considerazione - dice il coach - credo che, dopo Obradovic, sono quello che ha più esperienza europea, e spero, in questo senso, di poter dare una mano, ma mi sembra che l'anno scorso la Benetton, senza di me, sia arrivata alle Final Four e, con Obradovic, aveva fatto la stessa cosa. Quindi, il merito è del club. Gli allenatori sono già bravi quando non fanno cavolate, diciamo che il loro lavoro si vede in settimana, poi, in partita, meglio non cercare magie. L'importante è che la squadra sia tranquilla, convinta dei propri mezzi ed esigente nei confronti di se stessa, senza compiacersi di ciò che sa fare. Personalmente, sono soddisfatto delle ultime prestazioni, ci stiamo sforzando di difendere, attacchiamo correndo e forziamo poco o nulla. E poi vedo che le mani buone ci sono: in Coppa, dove le difese talvolta ti impediscono di giocare da vicino, avere tiro da fuori è fondamentale. C'è insomma da essere fiduciosi».
L'ultima volta hai perso in casa un'Eurolega che sembrava alla tua portata.
«Appunto, quel ricordo sarà uno stimolo in più. E' banale dirlo, però ci terrei da matti arrivare alle Final Four al primo anno con la Benetton. E leggendo ciò che dicono, mi accorgo che anche i ragazzi muoiono dalla voglia di vincerla, questa Coppa. Certo, non sarà facile, il Barcellona è il grande favorito, ma anche nel '98, proprio in Catalogna, dissi che l'obiettivo era di arrivare alle finali e poi vincemmo noi. A quel punto in effetti può accadere veramente di tutto».
Il Pau vi può seriamente impensierire?
«Si tratta di un bel mix di giovani e gente di mestiere, con un asse play-pivot, Lukovski-Sellers, di buon livello. E, sul perimetro, hanno ragazzi di colore molto atletici e creativi. Li dovremo sfidare sul piano tecnico: circolazione di palla, precisione nei passaggi, buone medie al tiro».
Finalmente non dovrai scegliere chi resterà fuori.
«E questo è importante, perché con Loncar ho sempre un centro puro in più, mentre nel reparto esterni dispongo sia di Nemeth che di Markoishvili i quali, in caso di problemi di falli o di serate storte di qualcuno, possono certamente garantirmi una copertura maggiore».
Lo spagnolo Jorge Garbajosa ha saltato un paio di allenamenti per una distorsione alla caviglia, ma stasera sarà al proprio posto: d'altra parte non è vero che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare?
Adesso ci riprova, sapendo che la scrematura da 32 a 24 formazioni equivale ad un elevatissimo tasso di qualità, ma anche che l'avventura è troppo affascinante per non crederci. E poi una squadra guidata da Ettore Messina (due trofei vinti) deve necessariamente coltivare qualche ambizione. «Io vi ringrazio della considerazione - dice il coach - credo che, dopo Obradovic, sono quello che ha più esperienza europea, e spero, in questo senso, di poter dare una mano, ma mi sembra che l'anno scorso la Benetton, senza di me, sia arrivata alle Final Four e, con Obradovic, aveva fatto la stessa cosa. Quindi, il merito è del club. Gli allenatori sono già bravi quando non fanno cavolate, diciamo che il loro lavoro si vede in settimana, poi, in partita, meglio non cercare magie. L'importante è che la squadra sia tranquilla, convinta dei propri mezzi ed esigente nei confronti di se stessa, senza compiacersi di ciò che sa fare. Personalmente, sono soddisfatto delle ultime prestazioni, ci stiamo sforzando di difendere, attacchiamo correndo e forziamo poco o nulla. E poi vedo che le mani buone ci sono: in Coppa, dove le difese talvolta ti impediscono di giocare da vicino, avere tiro da fuori è fondamentale. C'è insomma da essere fiduciosi».
L'ultima volta hai perso in casa un'Eurolega che sembrava alla tua portata.
«Appunto, quel ricordo sarà uno stimolo in più. E' banale dirlo, però ci terrei da matti arrivare alle Final Four al primo anno con la Benetton. E leggendo ciò che dicono, mi accorgo che anche i ragazzi muoiono dalla voglia di vincerla, questa Coppa. Certo, non sarà facile, il Barcellona è il grande favorito, ma anche nel '98, proprio in Catalogna, dissi che l'obiettivo era di arrivare alle finali e poi vincemmo noi. A quel punto in effetti può accadere veramente di tutto».
Il Pau vi può seriamente impensierire?
«Si tratta di un bel mix di giovani e gente di mestiere, con un asse play-pivot, Lukovski-Sellers, di buon livello. E, sul perimetro, hanno ragazzi di colore molto atletici e creativi. Li dovremo sfidare sul piano tecnico: circolazione di palla, precisione nei passaggi, buone medie al tiro».
Finalmente non dovrai scegliere chi resterà fuori.
«E questo è importante, perché con Loncar ho sempre un centro puro in più, mentre nel reparto esterni dispongo sia di Nemeth che di Markoishvili i quali, in caso di problemi di falli o di serate storte di qualcuno, possono certamente garantirmi una copertura maggiore».
Lo spagnolo Jorge Garbajosa ha saltato un paio di allenamenti per una distorsione alla caviglia, ma stasera sarà al proprio posto: d'altra parte non è vero che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare?