Il sigaro di Boscia, ieri sera, sarà rimasto acceso a lungo, al piano terra del PalaMalaguti. Anelli di fumo per pensare e ripensare a questa sconfitta. Non la peggiore della Virtus, che ieri ha lottato e ci ha creduto; ma una sconfitta che è come un fulmine a cielo plumbeo, e fa pensare che prima di intravedere qualche schiarita passeranno molti lustri. Fosse arrivata in altri tempi, non necessariamente quelli d’oro, questa gara si sarebbe conclusa con un applauso caloroso a una squadra gladiatoria. Ieri, invece, Madrigali ha ricevuto fischi, insulti e una quasi-pallonata: tutta roba che non è figlia solo con una gara persa di 5 con gente che tira col 75% da tre. La contestazione si spiega con l’esasperazione di questo pubblico; non la frustrazione dell’abitudine a vincere, né la qualità non eccelsa dei giocatori, né la rabbia per il modo in cui s’è perso ieri. L’idea è che il dopo gara di ieri sia stato la prosecuzione naturale, lo strascico di lungo periodo dell’11 marzo, di quella cacciata mai perdonata, e di un atteggiamento non sempre chiaro da parte della società. Il peso del passato che fu glorioso, incombe sempre sugli spalti, e sfocia in manifestazioni come quella di ieri sera, d’amore deluso che si trasforma in rabbia, prima di divenire rassegnazione.
Poi c’è la squadra. Che ha dato tanto, ieri, a partire da un Rigaudeau mai domo, anima e cuore di questa squadra ferita, ad arrivare a tutti gli altri, che più o meno indistintamente si sono impegnati fino in fondo. Ma non è bastato ieri, e, così stando le cose, chissà quante altre volte non basterà. L’Asvel non è certamente una corazzata, ma una compagine mediocre in almeno due reparti. Ha trovato di fronte una squadra peggiore. In difesa, per incominciare: 25 punti concessi nel primo quarto, varie azioni in cui il difensore perdeva il suo uomo sul primo passo, persino nel concitato finale. E’ però in attacco che la Virtus ha mostrato di essere molto indietro. La palla gira a fatica, specie quando l’azione viene impostata da Bell. Andersen e Avleev non sono stati quasi mai serviti con regolarità. Rigaudeau ha dovuto fare pentole (imbastire il gioco) e coperchi (finalizzarlo), visto che l’Attruia di questi tempi è più dannoso che utile. Ma il grosso punto interrogativo resta Sekularac, nel quale evidentemente Tanjevic sa di non potere ancora contare. Lo hanno dimostrato le parole della vigilia e i fatti: testato a inizio gara, Mladen si muoveva in modo incerto, evitava molte volte il tiro, usciva in modo blando dai blocchi. I sintomi tipici del giocatore sfiduciato. Così Boscia ha evitato di riproporlo, visto che aveva già altre gatte da pelare.
Alle sconfitte in Eurolega ci si dovrà abituare, si diceva in giro già alla vigilia: a giudicare dall’esordio, una previsione azzeccata. Il punto è che questa Virtus, che fatica a battere Reggio Calabria e Napoli, che sbanda regolarmente fuori casa, ha un girone europeo difficile, in cui i passi falsi consentiti sono pochi. Ieri è stato fatto il primo, non enorme, ma sicuramente indicativo di una condizione mentale traballante, a prescindere da quella fisica.
Luca Marozzi
Poi c’è la squadra. Che ha dato tanto, ieri, a partire da un Rigaudeau mai domo, anima e cuore di questa squadra ferita, ad arrivare a tutti gli altri, che più o meno indistintamente si sono impegnati fino in fondo. Ma non è bastato ieri, e, così stando le cose, chissà quante altre volte non basterà. L’Asvel non è certamente una corazzata, ma una compagine mediocre in almeno due reparti. Ha trovato di fronte una squadra peggiore. In difesa, per incominciare: 25 punti concessi nel primo quarto, varie azioni in cui il difensore perdeva il suo uomo sul primo passo, persino nel concitato finale. E’ però in attacco che la Virtus ha mostrato di essere molto indietro. La palla gira a fatica, specie quando l’azione viene impostata da Bell. Andersen e Avleev non sono stati quasi mai serviti con regolarità. Rigaudeau ha dovuto fare pentole (imbastire il gioco) e coperchi (finalizzarlo), visto che l’Attruia di questi tempi è più dannoso che utile. Ma il grosso punto interrogativo resta Sekularac, nel quale evidentemente Tanjevic sa di non potere ancora contare. Lo hanno dimostrato le parole della vigilia e i fatti: testato a inizio gara, Mladen si muoveva in modo incerto, evitava molte volte il tiro, usciva in modo blando dai blocchi. I sintomi tipici del giocatore sfiduciato. Così Boscia ha evitato di riproporlo, visto che aveva già altre gatte da pelare.
Alle sconfitte in Eurolega ci si dovrà abituare, si diceva in giro già alla vigilia: a giudicare dall’esordio, una previsione azzeccata. Il punto è che questa Virtus, che fatica a battere Reggio Calabria e Napoli, che sbanda regolarmente fuori casa, ha un girone europeo difficile, in cui i passi falsi consentiti sono pochi. Ieri è stato fatto il primo, non enorme, ma sicuramente indicativo di una condizione mentale traballante, a prescindere da quella fisica.
Luca Marozzi