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Virtus col talismano Danilovic

Il campine serbo in visita alla sua ex società

Le nuvole che si stagliano sulla cupola del PalaMalaguti non lasciano presagire nulla di buono: si ferma Andersen. Il ginocchio di David non è ancora a posto, l'australiano con passaporto danese rischia di star fuori per tre settimane, impoverendo ulteriormente un reparto già privo di Smodis, Bowdler e Beard. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che Miralles gioca con una frattura al setto nasale possiamo comprendere perché Tanjevic, a Casalecchio, prima dell'allenamento, mastichi il sigaro, più che fumarlo. Anche se a riportare un po' di buon umore ci pensa Danilovic. Che arriva a Casalecchio per salutare i vecchi amici.
Non è escluso che Sasha domani assista alla gara di campionato: il modo migliore, e forse indolore, per ricompattare una tifoserie divisa.
Ma torniamo a Tanjevic. In tanti anni di carriera – Boscia, alle sue spalle, ha più di trent'anni di panchine e di successi – non gli era mai capitato di dover affrontare una situazione del genere. Tanti infortuni e un gruppo da forgiare, al più presto, in una piazza che non ha bisogno di crescere. Per il semplice fatto che da un decennio è abituata ai quartieri alti. Ai giocatori di grido, alle vittorie e ai successi. Dei quali, la Virtus di oggi, ha bisogno come il pane. Non ci sarà Andersen, domani, e un timido raggio di sole spunta perché Bowdler dovrebbe togliersi quella sorta di “zoccolo” che protegge l'articolazione operata, fra tre giorni. Servirà Cal, perché è meglio non chiedere ad Avleev di giostrare come “quattro”. Ruslan gradisce la posizione di ala piccola, meglio puntare sulle certezze, ora, dal momento che anche il “trapianto” per trasformare Sekularac in regista è stato rigettato da Mladen. Che non solo non appare in grado di sdoppiarsi, ma non riesce nemmeno a fare intravedere quelle cose che avevano sollevato tanto interesse nei Dallas. Divora il sigaro, Boscia, che si adegua al silenzio stampa.
Un silenzio che non lascia filtrare nulla. Nemmeno per capire se la società intenda tornare sul mercato – i tempi per il recupero di Smodis si allungano, il progetto Morlende appare accantonato (così come il francese, sparito in questi giorni) -, se lo statunitense Derrick Dial possa essere quel rinforzo per dare maggior nerbo a un centrocampo che non può chiedere troppo a Rigaudeau. Perché il rischio è che Antoine –sta stringendo i denti, perché il suo ginocchio non è ancora al 100 per cento – arrivi in primavera con la lingua a penzoloni. Intanto domani c'è l'avversario peggiore, in questo momento, per la Virtus.
Paradossalmente più pericoloso della capolista Benetton, perché l'Euro Roseto arriverà a Bologna con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere. Ma anche con quel piccolo patrimonio di certezze accumulato con tre vittorie consecutive, espugnando il PalaDozza.
Alessandro Gallo
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