FABRIANO — Due-tre minuti di ribellione al potere. Un po' casuale, ma sicuramente forte, perché mai in un quarto di secolo di serie A il pubblico fabrianese era arrivato a partorire cori espliciti contro la «famiglia reale» della città. «Merloni vattene… » l'epiteto ripetuto di fine derby che i tifosi locali non rinnegano e anzi «minacciano» di riproporre anche nelle prossime gare casalinghe se dal fronte societario non arriveranno buone nuove.
«Salvateci!». «Il coro — spiegano quelli di 'Alta tensione' — non è partito da noi, ma dai nostri… vicini di posto. Poi alcuni del club hanno aderito, così come altri tifosi di settori diversi. Il motivo? Ci rivolgiamo ai Merloni, soprattutto all'ex presidente della Confindustria Vittorio, perché a questo punto è doveroso uscire allo scoperto e salvare il salvabile. La società sta precipitando, ma il basket è l'unico svago in una città che vive di solo lavoro. Un'azienda che fattura centinaia di milioni di euro e spende quello che spende nella pubblicità, non crediamo che fatichi così tanto a 'stornare' qualcosa per la palla a spicchi».
«Istinto e ragione». Perdere divertendo è, invece, l'amaro paradosso tecnico di una Carifac che corre ed esalta fino a quando ha gambe e fiato per metterla sulla corsa, ma s'incarta paurosamente nella seconda parte di gara, con la lancetta della lucidità in picchiata e gli avversari che «imprigionano» il gioco a metà perimetro. Il derby delle Marche, insomma, è stata solo una preoccupante conferma di una squadra che, almeno per adesso, tale non può considerarsi. «Ho appena rivisto il terzo quarto della partita» va subito al sodo coach Carmenati. «Tra rotazioni, aiuti, raddoppi, ritardi sul pick and roll e movimenti sbagliati vari, avremmo commesso dieci errori in altrettanti minuti. L'attacco? Più o meno il problema è simile. Dobbiamo ragionare di più e controllare i nostri istinti».
«Io non piango». Ma, eccezion fatta per la dolce illusione contro la Virtus Bologna, il ritorno è sempre lo stesso. Venticinque, trenta minuti per impaurire i rivali di turno, l'ultimo, decisivo «spicchio» di incontro con le traveggole e le enormi difficoltà a battere le difese schierate. «Forse è anche un problema di tenuta fisica, ma non riconduciamo tutto a quello» tiene duro il coach. «Non me la sento proprio di 'impuntarmi' e lanciare messaggi per potenziare il gruppo. Come allenatore ho fiducia in questi giocatori e il dovere di far sì che, per esempio, il talento di Porter e Hulett produca di più di quanto evidenziato finora».
Incognita Nunez. Oggi si conoscerà l'esito dell'ecografia a cui è stato sottoposto Roberto Nunez dopo il colpo subìto all'inguine nell'ultima parte del match con la Scavolini e si saprà se giocherà domenica ad Avellino.
Alessandro Di Marco
«Salvateci!». «Il coro — spiegano quelli di 'Alta tensione' — non è partito da noi, ma dai nostri… vicini di posto. Poi alcuni del club hanno aderito, così come altri tifosi di settori diversi. Il motivo? Ci rivolgiamo ai Merloni, soprattutto all'ex presidente della Confindustria Vittorio, perché a questo punto è doveroso uscire allo scoperto e salvare il salvabile. La società sta precipitando, ma il basket è l'unico svago in una città che vive di solo lavoro. Un'azienda che fattura centinaia di milioni di euro e spende quello che spende nella pubblicità, non crediamo che fatichi così tanto a 'stornare' qualcosa per la palla a spicchi».
«Istinto e ragione». Perdere divertendo è, invece, l'amaro paradosso tecnico di una Carifac che corre ed esalta fino a quando ha gambe e fiato per metterla sulla corsa, ma s'incarta paurosamente nella seconda parte di gara, con la lancetta della lucidità in picchiata e gli avversari che «imprigionano» il gioco a metà perimetro. Il derby delle Marche, insomma, è stata solo una preoccupante conferma di una squadra che, almeno per adesso, tale non può considerarsi. «Ho appena rivisto il terzo quarto della partita» va subito al sodo coach Carmenati. «Tra rotazioni, aiuti, raddoppi, ritardi sul pick and roll e movimenti sbagliati vari, avremmo commesso dieci errori in altrettanti minuti. L'attacco? Più o meno il problema è simile. Dobbiamo ragionare di più e controllare i nostri istinti».
«Io non piango». Ma, eccezion fatta per la dolce illusione contro la Virtus Bologna, il ritorno è sempre lo stesso. Venticinque, trenta minuti per impaurire i rivali di turno, l'ultimo, decisivo «spicchio» di incontro con le traveggole e le enormi difficoltà a battere le difese schierate. «Forse è anche un problema di tenuta fisica, ma non riconduciamo tutto a quello» tiene duro il coach. «Non me la sento proprio di 'impuntarmi' e lanciare messaggi per potenziare il gruppo. Come allenatore ho fiducia in questi giocatori e il dovere di far sì che, per esempio, il talento di Porter e Hulett produca di più di quanto evidenziato finora».
Incognita Nunez. Oggi si conoscerà l'esito dell'ecografia a cui è stato sottoposto Roberto Nunez dopo il colpo subìto all'inguine nell'ultima parte del match con la Scavolini e si saprà se giocherà domenica ad Avellino.
Alessandro Di Marco
Fonte: Il Resto del Carlino