PESARO — E' il sogno di molti giocatori: essere protagonisti nella propria città. Sono tanti i pesaresi che hanno preferito emigrare pur di sfuggire a una situazione spesso poco gratificante: l'ultimo esempio è quello di Maggioli, approdato a Siena. Perciò, è con grande piacere che abbiamo ammirato con quale personalità Malaventura ha preso in pugno la squadra per 27' nell'ambiente infuocato di Fabriano. A Matteo, ormai 24enne, l'esilio ha fatto bene: è tornato più forte, nel fisico e nella testa, pronto a diventare importante anche nella Scavolini che l'ha cresciuto.
«Mi sento davvero molto contento — dice con la voce rauca per una brutta tonsillite —. Se sono tornato è proprio per dimostrare che posso giocare a pallacanestro nella mia città e nella squadra che tutti sogniamo quando siamo bambini. Sto dando il massimo per farcela».
Come mai dopo le prime partite ai margini, tanto spazio a Fabriano?
«Ho avuto un buon minutaggio, ma credo anche di aver fatto qualcosa di buono che mi ha consentito di restare in campo. Con Crespi funziona così: se fai bene resti dentro, non ci sono ruoli prestabiliti e questo regala stimoli e possibilità a tutti».
Crespi parla spesso di desiderio: che significa in concreto?
«E' una delle sue parole chiave, che ci ripete tutto il giorno, come energia e intensità. Sicuramente in questa settimana io mi sono allenato con desiderio, anche per la spinta ricevuta dalla convocazione in Nazionale».
Cosa non era funzionato nelle precedenti esperienze in maglia Scavolini?
«La stagione con Zorzi avevo 17 anni, s'infortunarono tutti i playmaker e io venni buttato nella mischia. Bruciato? No, era un'occasione e io non seppi sfruttarla: forse non ero pronto».
E poi?
«Poi sono tornato quando c'era Sacco, in A2. Avevo accettato di fare il decimo e tale fu l'utilizzo. Decisi allora che dovevo andare fuori se volevo maturare come giocatore. E scelsi Teramo, in B1. Poi Biella».
Poteva finire nel dimenticatoio con la scelta di scendere di categoria: non ha avuto paura?
«Era un rischio. Per questo devo molto a Crespi che venne a prendermi in B1 portandomi a Biella dove ho vissuto due stagioni fantastiche, da protagonista, compresa la promozione in A1».
E adesso che ruolo le è stato promesso in questa Scavolini?
«Siamo in dieci, partiamo tutti sullo stesso piano: chi se lo merita gioca, senza pregiudizi».
La squadra «lunga» può creare malumori, musi...
«Però tutto è nelle tue mani: non essendoci ruoli prestabiliti, ti viene voglia di allenarti e d'impegnarti perchè hai la speranza che potrai farti largo anche se in una partita hai giocato poco. E' proprio quello che è capitato a me».
Elisabetta Ferri
«Mi sento davvero molto contento — dice con la voce rauca per una brutta tonsillite —. Se sono tornato è proprio per dimostrare che posso giocare a pallacanestro nella mia città e nella squadra che tutti sogniamo quando siamo bambini. Sto dando il massimo per farcela».
Come mai dopo le prime partite ai margini, tanto spazio a Fabriano?
«Ho avuto un buon minutaggio, ma credo anche di aver fatto qualcosa di buono che mi ha consentito di restare in campo. Con Crespi funziona così: se fai bene resti dentro, non ci sono ruoli prestabiliti e questo regala stimoli e possibilità a tutti».
Crespi parla spesso di desiderio: che significa in concreto?
«E' una delle sue parole chiave, che ci ripete tutto il giorno, come energia e intensità. Sicuramente in questa settimana io mi sono allenato con desiderio, anche per la spinta ricevuta dalla convocazione in Nazionale».
Cosa non era funzionato nelle precedenti esperienze in maglia Scavolini?
«La stagione con Zorzi avevo 17 anni, s'infortunarono tutti i playmaker e io venni buttato nella mischia. Bruciato? No, era un'occasione e io non seppi sfruttarla: forse non ero pronto».
E poi?
«Poi sono tornato quando c'era Sacco, in A2. Avevo accettato di fare il decimo e tale fu l'utilizzo. Decisi allora che dovevo andare fuori se volevo maturare come giocatore. E scelsi Teramo, in B1. Poi Biella».
Poteva finire nel dimenticatoio con la scelta di scendere di categoria: non ha avuto paura?
«Era un rischio. Per questo devo molto a Crespi che venne a prendermi in B1 portandomi a Biella dove ho vissuto due stagioni fantastiche, da protagonista, compresa la promozione in A1».
E adesso che ruolo le è stato promesso in questa Scavolini?
«Siamo in dieci, partiamo tutti sullo stesso piano: chi se lo merita gioca, senza pregiudizi».
La squadra «lunga» può creare malumori, musi...
«Però tutto è nelle tue mani: non essendoci ruoli prestabiliti, ti viene voglia di allenarti e d'impegnarti perchè hai la speranza che potrai farti largo anche se in una partita hai giocato poco. E' proprio quello che è capitato a me».
Elisabetta Ferri
Fonte: Il Resto del Carlino