Signore e signori, appassionati di pallacanestro, semplici curiosi, se questa sera sarete al PalaIgnis, per favore, tenete calde le mani per un applauso. Sul parquet di Masnago, infatti ci sarà un fresco campione d’Europa: Johnny Rogers.
Rogers, uno dei leader della formazione del Caprabo Lleida, che sarà di scena a Masnago nell’apertura della Uleb Cup, torna a Varese dopo aver conquistato, nello scorso mese di maggio, il titolo d’Eurolega con la maglia del Panathinaikos battendo in finale la Kinder Bologna. Un titolo sofferto, ma ampiamente meritato che corona nel migliore dei modi l’ottimo Johnny, un giocatore di classe, ma soprattutto una persona eccellente, campione di disponibilità, gentilezza, educazione.
Johnny, a 39 anni suonati, è “proprietario” di un fisico ancora tiratissimo e come il buon vino, anno dopo anno ha migliorato il suo bagaglio tecnico, le sue qualità tattiche e la comprensione del gioco. Adesso, Rogers, è un vero “professore” di pallacanestro che capisce l’azione con un attimo d’anticipo e gioca sempre con uno stile pulito, essenziale. Insomma, un vero manuale di consultazione per quelli che amano la pallacanestro. Un manuale che i tifosi di Atene hanno “letto” sempre con grande interesse…
Ad Atene – dice Rogers – ho vissuto gli anni più belli della mia lunga carriera e, fortunatamente, con la maglia del “Pana” ho avuto la possibilità di raccogliere quei successi e quegli allori che, fino al allora, per molti motivi, mi erano sfuggiti di mano. Coi biancoverdi ho vinto tutto in Grecia, come in Europa e, di più, ho vissuto momenti indimenticabili in un ambiente che, sotto il profilo organizzativo e per la passione che lo circonda, in Europa ha pochi eguali. Poi, in Grecia, ho imparato tantissimo anche dal punto di vista tecnico perché nel campionato ellenico vige uno stile di pallacanestro tutto particolare che non trova riscontri in altri paesi europei. Si gioca un basket dal ritmo controllato, pieno di contatti e molto impegnativo fisicamente nel quale, per emergere, le doti tecniche non sono assolutamente sufficienti.Per primeggiare in Grecia, deve sempre dare qualcosa in più.
-Il basket greco, però, non è tutto rose e fiori e proprio i gravi incidenti accaduti durante la finalissima scudetto tra Pana e Olimpiakos, stanno a dimostrarlo…
Quello che è accaduto nella serie di playoff non ha niente a che vedere con lo sport perchè – spiega in termini duri Rogers – si è trattato di un vero e proprio agguato terroristico. Il nostro pullman, nonostante un super scorta della polizia, a circa 40 chilometri dal palazzo è stato preso in un’imboscata e fatto oggetto di un fittissimo lancio di pietre al punto che sei dei miei compagni, diversi dirigenti e persone dello staff, hanno riportato ferite al volto e in altre parti del corpo. Questo è stato solo lo squallido preludio a quello che è successo sul campo, nel corso di una partita molto violenta, con sei espulsioni e il gioco sospeso addirittura per 45 minuti. Insomma - ricorda ancora esterrefatto il “rosso” – si è trattato di una situazione assolutamente pazzesca difficile da immaginare e ancor più difficile da spiegare per chi non l’avesse vissuta in prima persona. Una vicenda che Federazione e Lega elleniche dovranno affrontare con serietà perché, altrimenti, l’odio feroce e inconcepibile che alberga tra i tifosi di Pana e Olimpia, prima o poi produrrà qualche vittima. L’amara conclusione della mia avventura al Panathinaikos non cancella però le cose buone, le vittorie e i momenti magici che ho vissuto ad Atene.
-E adesso da Atene a Lleida per costruire un altro gruppo vincente.
Siamo partiti bene (tre vittorie su tre in campionato) ma i traguardi al Caprabo sono decisamente più limitati. Vogliamo fare bene e puntiamo ad arrivare tra le prime otto anche perché, davanti a noi, ci sono sei corazzate inavvicinabili come Barcellona, Tau, Real Madrid, Valencia, Estudiantes e Malaga. Noi però siamo discretamente attrezzati e, se la fortuna ci assisterà, potremo batterci alla pari con chiunque, ma per arrivare in fondo serve un altro tipo di organico del quale, oggettivamente, Lleida non dispone.
-Guardando la sua lunga carriera vien da dire che l’unica macchia è stata quella di Varese…
No, non la penso così. Ricordo quella stagione solo come un’annata molto, molto sfortunata. L’infortunio di Danny Vranes cambiò improvvisamente le carte in tavole di una squadra che stava crescendo molto. Poi, via via, ci furono quelli di Brusamarello, Reddick, l’allontanamento dell’allenatore e altri mille problemi. Credo sinceramente che con un pizzico di buona sorte in più, l’annata sarebbe finita in altro modo.
-Lleida è l’ultima tappa della sua carriera ?
Per ora, con Lleida, ho firmato un biennale e, quindi, fino al giugno 2004, sono legato con questa società. Il mio futuro ? Non lo so, non ci ho ancora pensato e non voglio porre limiti alla provvidenza. Mi sento bene, non ho mai avuto infortuni, mi alleno e gioco a basket con la stessa passione di quando avevo iniziato. Quindi, fino a che ne avrò la possibilità continuerò a calcare i parquet. Poi, comunque, vorrei rimanere in Spagna o, ad ogni modo, in Europa. La mia casa, a Newport Beach, California, la tengo solo per i mesi estivi. Il resto della mia vita è qui, con mia moglie e i mie figli Joshua (7 anni) e Jordan (6). Del resto – conclude sornione Rogers – sono spagnolo a tutti gli effetti….
Massimo Turconi
Rogers, uno dei leader della formazione del Caprabo Lleida, che sarà di scena a Masnago nell’apertura della Uleb Cup, torna a Varese dopo aver conquistato, nello scorso mese di maggio, il titolo d’Eurolega con la maglia del Panathinaikos battendo in finale la Kinder Bologna. Un titolo sofferto, ma ampiamente meritato che corona nel migliore dei modi l’ottimo Johnny, un giocatore di classe, ma soprattutto una persona eccellente, campione di disponibilità, gentilezza, educazione.
Johnny, a 39 anni suonati, è “proprietario” di un fisico ancora tiratissimo e come il buon vino, anno dopo anno ha migliorato il suo bagaglio tecnico, le sue qualità tattiche e la comprensione del gioco. Adesso, Rogers, è un vero “professore” di pallacanestro che capisce l’azione con un attimo d’anticipo e gioca sempre con uno stile pulito, essenziale. Insomma, un vero manuale di consultazione per quelli che amano la pallacanestro. Un manuale che i tifosi di Atene hanno “letto” sempre con grande interesse…
Ad Atene – dice Rogers – ho vissuto gli anni più belli della mia lunga carriera e, fortunatamente, con la maglia del “Pana” ho avuto la possibilità di raccogliere quei successi e quegli allori che, fino al allora, per molti motivi, mi erano sfuggiti di mano. Coi biancoverdi ho vinto tutto in Grecia, come in Europa e, di più, ho vissuto momenti indimenticabili in un ambiente che, sotto il profilo organizzativo e per la passione che lo circonda, in Europa ha pochi eguali. Poi, in Grecia, ho imparato tantissimo anche dal punto di vista tecnico perché nel campionato ellenico vige uno stile di pallacanestro tutto particolare che non trova riscontri in altri paesi europei. Si gioca un basket dal ritmo controllato, pieno di contatti e molto impegnativo fisicamente nel quale, per emergere, le doti tecniche non sono assolutamente sufficienti.Per primeggiare in Grecia, deve sempre dare qualcosa in più.
-Il basket greco, però, non è tutto rose e fiori e proprio i gravi incidenti accaduti durante la finalissima scudetto tra Pana e Olimpiakos, stanno a dimostrarlo…
Quello che è accaduto nella serie di playoff non ha niente a che vedere con lo sport perchè – spiega in termini duri Rogers – si è trattato di un vero e proprio agguato terroristico. Il nostro pullman, nonostante un super scorta della polizia, a circa 40 chilometri dal palazzo è stato preso in un’imboscata e fatto oggetto di un fittissimo lancio di pietre al punto che sei dei miei compagni, diversi dirigenti e persone dello staff, hanno riportato ferite al volto e in altre parti del corpo. Questo è stato solo lo squallido preludio a quello che è successo sul campo, nel corso di una partita molto violenta, con sei espulsioni e il gioco sospeso addirittura per 45 minuti. Insomma - ricorda ancora esterrefatto il “rosso” – si è trattato di una situazione assolutamente pazzesca difficile da immaginare e ancor più difficile da spiegare per chi non l’avesse vissuta in prima persona. Una vicenda che Federazione e Lega elleniche dovranno affrontare con serietà perché, altrimenti, l’odio feroce e inconcepibile che alberga tra i tifosi di Pana e Olimpia, prima o poi produrrà qualche vittima. L’amara conclusione della mia avventura al Panathinaikos non cancella però le cose buone, le vittorie e i momenti magici che ho vissuto ad Atene.
-E adesso da Atene a Lleida per costruire un altro gruppo vincente.
Siamo partiti bene (tre vittorie su tre in campionato) ma i traguardi al Caprabo sono decisamente più limitati. Vogliamo fare bene e puntiamo ad arrivare tra le prime otto anche perché, davanti a noi, ci sono sei corazzate inavvicinabili come Barcellona, Tau, Real Madrid, Valencia, Estudiantes e Malaga. Noi però siamo discretamente attrezzati e, se la fortuna ci assisterà, potremo batterci alla pari con chiunque, ma per arrivare in fondo serve un altro tipo di organico del quale, oggettivamente, Lleida non dispone.
-Guardando la sua lunga carriera vien da dire che l’unica macchia è stata quella di Varese…
No, non la penso così. Ricordo quella stagione solo come un’annata molto, molto sfortunata. L’infortunio di Danny Vranes cambiò improvvisamente le carte in tavole di una squadra che stava crescendo molto. Poi, via via, ci furono quelli di Brusamarello, Reddick, l’allontanamento dell’allenatore e altri mille problemi. Credo sinceramente che con un pizzico di buona sorte in più, l’annata sarebbe finita in altro modo.
-Lleida è l’ultima tappa della sua carriera ?
Per ora, con Lleida, ho firmato un biennale e, quindi, fino al giugno 2004, sono legato con questa società. Il mio futuro ? Non lo so, non ci ho ancora pensato e non voglio porre limiti alla provvidenza. Mi sento bene, non ho mai avuto infortuni, mi alleno e gioco a basket con la stessa passione di quando avevo iniziato. Quindi, fino a che ne avrò la possibilità continuerò a calcare i parquet. Poi, comunque, vorrei rimanere in Spagna o, ad ogni modo, in Europa. La mia casa, a Newport Beach, California, la tengo solo per i mesi estivi. Il resto della mia vita è qui, con mia moglie e i mie figli Joshua (7 anni) e Jordan (6). Del resto – conclude sornione Rogers – sono spagnolo a tutti gli effetti….
Massimo Turconi