Roma torna a divertirsi con la pallacanestro: un gruppo di amici ha deciso che questo è il momento di giocare con giusto impegno, volontà e determinazione per riportare la Virtus e la città nei piani alti della classifica. Merito dei preziosi Myers, Jenkins, Santiago senza dimenticare nessun altro. Ma l’anima della trasformazione, la pedina in più della squadra, è Piero Bucchi, allenatore della Virtus del presidente Claudio Toti. Attento e scrupoloso, il coach ha dato alla sua Roma il furore ma anche la serenità per piegare gli avversari.
Quarantaquattro anni, bolognese di nascita ma riminese d’adozione, sposato con Diana, Bucchi ha due figli: Enrico, 8 anni, che ama il calcio e Martina, 6, che si dedica alla danza classica. Roma è la scommessa del tecnico che sta facendo ritrovare il sorriso e l’ispirazione alla città. «Questa è una grandissima piazza - spiega Piero il giorno dopo il successo a Reggio Calabria con la Viola - è una sfida nella sfida, affascinante, perché il desiderio è quello di riportare la capitale in alto».
La sua Virtus dopo sei turni di campionato occupa la seconda posizione in classifica, a due punti dalla Benetton. «No, non mi sono montato la testa per il secondo posto. Non dimentichiamo di guardare le altre: le bolognesi si stanno assestando e poi tante squadre vogliono essere grandi». Guardarsi intorno, scrutare ogni sfaccettatura del campionato, non dimenticare le sorprese. «Che sono relative, perché di tanti club si sapeva già la consistenza. Parlo di Roseto che sta facendo bene, penso che la Scavolini sarà forte nella seconda parte del campionato, Livorno non la sottovaluto». E’ l’equilibrio l’elemento portante del torneo che vuole coinvolgere nuove piazze. «Fa bene cambiare: lo scontato non diverte».
La vacanza preferita dal coach della Virtus è al mare, possibilmente a Rimini, al bagno 26 dove ha gli amici. E in estate, l’ultima, ha fatto una doppia scommessa: chiamare nella sua squadra Jenkins e Santiago, il play e il pivot, ossia i cardini di ogni team. «Rischio sì, ma con un senso. Jenkins sta dimostrando di avere fame di affermazioni. Adesso Horace si sta ritagliando una credibilità: a Reggio Calabria, al di là dei punti, ha dimostrato tutta la sua leadership. Con Santiago il rischio è stato più calcolato. Daniel aveva già vinto uno scudetto da noi (a Varese nel 1999, ndr), conosceva la A1 e l’Eurolega. Il suo rendimento è sempre alto. Prendete la gara con la Viola: ha realizzato 6 punti perché era sempre raddoppiato e lui si è messo a disposizione di Tusek e Tonolli». Jenkins e Santiago, ma chi rassicura spesso la Virtus è Myers. «Carlton in questo gruppo ci sta molto bene, è un ragazzo che ha una grande voglia di vincere e la trasmette a tutti. A 31 anni lui sa bene cosa vuol dire responsabilità».
Gli uomini giusti per essere protagonisti fino in fondo. Quelli che segnano punti e dominano i rimbalzi non bastano per essere vincenti. O meglio, non bastano da soli perché al primo scossone se non si hanno solide basi può essere tormento. Il ruolo fondamentale lo svolge il presidente Toti, patron sereno che non riempie di angosce la squadra. «Il presidente - osserva Bucchi - ci ha seguito con grandissimo equilibrio. Dopo la sconfitta con Roseto (che ancora brucia per il modo in cui è arrivata, ndr) ha capito che può capitare di scivolare. Toti ha gestito benissimo quella settimana in cui c’è stata qualche polemica. E l’equilibrio lo ha avuto anche dopo la vittoria con la Fortitudo: niente esaltazione, così come è stato per il successo con la Viola. Queste sono le basi importanti per una buona stagione».
Dicevamo del sapere cestistico di Bucchi che nella sua carriera s’è già aggiudicato per due volte, nel ’97 e nel 2000 guidando Rimini e poi Treviso, il titolo di miglior allenatore dell’anno. Piero dopo un rapido passaggio nel basket giocato a 18 anni ha cominciato ad allenare. Primo impegno, nel minibasket con la squadra della sua parrocchia a Bologna prima di passare, nell’84, alla Virtus bolognese dove ha diretto il settore giovanile per passare in seguito a Rimini, quindi alla Benetton per due stagioni e poi, l’anno scorso, in Polonia, al Wroclaw, lasciato in dicembre per assumere la guida di Napoli, l’avversaria di domenica prossima, che ha condotto in A1.
Carlo Santi
Quarantaquattro anni, bolognese di nascita ma riminese d’adozione, sposato con Diana, Bucchi ha due figli: Enrico, 8 anni, che ama il calcio e Martina, 6, che si dedica alla danza classica. Roma è la scommessa del tecnico che sta facendo ritrovare il sorriso e l’ispirazione alla città. «Questa è una grandissima piazza - spiega Piero il giorno dopo il successo a Reggio Calabria con la Viola - è una sfida nella sfida, affascinante, perché il desiderio è quello di riportare la capitale in alto».
La sua Virtus dopo sei turni di campionato occupa la seconda posizione in classifica, a due punti dalla Benetton. «No, non mi sono montato la testa per il secondo posto. Non dimentichiamo di guardare le altre: le bolognesi si stanno assestando e poi tante squadre vogliono essere grandi». Guardarsi intorno, scrutare ogni sfaccettatura del campionato, non dimenticare le sorprese. «Che sono relative, perché di tanti club si sapeva già la consistenza. Parlo di Roseto che sta facendo bene, penso che la Scavolini sarà forte nella seconda parte del campionato, Livorno non la sottovaluto». E’ l’equilibrio l’elemento portante del torneo che vuole coinvolgere nuove piazze. «Fa bene cambiare: lo scontato non diverte».
La vacanza preferita dal coach della Virtus è al mare, possibilmente a Rimini, al bagno 26 dove ha gli amici. E in estate, l’ultima, ha fatto una doppia scommessa: chiamare nella sua squadra Jenkins e Santiago, il play e il pivot, ossia i cardini di ogni team. «Rischio sì, ma con un senso. Jenkins sta dimostrando di avere fame di affermazioni. Adesso Horace si sta ritagliando una credibilità: a Reggio Calabria, al di là dei punti, ha dimostrato tutta la sua leadership. Con Santiago il rischio è stato più calcolato. Daniel aveva già vinto uno scudetto da noi (a Varese nel 1999, ndr), conosceva la A1 e l’Eurolega. Il suo rendimento è sempre alto. Prendete la gara con la Viola: ha realizzato 6 punti perché era sempre raddoppiato e lui si è messo a disposizione di Tusek e Tonolli». Jenkins e Santiago, ma chi rassicura spesso la Virtus è Myers. «Carlton in questo gruppo ci sta molto bene, è un ragazzo che ha una grande voglia di vincere e la trasmette a tutti. A 31 anni lui sa bene cosa vuol dire responsabilità».
Gli uomini giusti per essere protagonisti fino in fondo. Quelli che segnano punti e dominano i rimbalzi non bastano per essere vincenti. O meglio, non bastano da soli perché al primo scossone se non si hanno solide basi può essere tormento. Il ruolo fondamentale lo svolge il presidente Toti, patron sereno che non riempie di angosce la squadra. «Il presidente - osserva Bucchi - ci ha seguito con grandissimo equilibrio. Dopo la sconfitta con Roseto (che ancora brucia per il modo in cui è arrivata, ndr) ha capito che può capitare di scivolare. Toti ha gestito benissimo quella settimana in cui c’è stata qualche polemica. E l’equilibrio lo ha avuto anche dopo la vittoria con la Fortitudo: niente esaltazione, così come è stato per il successo con la Viola. Queste sono le basi importanti per una buona stagione».
Dicevamo del sapere cestistico di Bucchi che nella sua carriera s’è già aggiudicato per due volte, nel ’97 e nel 2000 guidando Rimini e poi Treviso, il titolo di miglior allenatore dell’anno. Piero dopo un rapido passaggio nel basket giocato a 18 anni ha cominciato ad allenare. Primo impegno, nel minibasket con la squadra della sua parrocchia a Bologna prima di passare, nell’84, alla Virtus bolognese dove ha diretto il settore giovanile per passare in seguito a Rimini, quindi alla Benetton per due stagioni e poi, l’anno scorso, in Polonia, al Wroclaw, lasciato in dicembre per assumere la guida di Napoli, l’avversaria di domenica prossima, che ha condotto in A1.
Carlo Santi