Al primo allenamento dopo il suo record in carriera di punti in serie A (26 punti in 30 minuti) Massimo Bulleri si concede un surplus di lavoro. Alle 13 è ancora nella sala pesi del Palaverde a fare stretching ed esercizi di potenziamento muscolare. Tutti gli altri se ne sono andati da un pezzo e il custode, che all'una vuole andare a casa perchè la moglie l'aspetta con un piatto di pastasciutta, comincia ad imprecare contro l'uomo nuovo della Benetton tricolore. «Con lui è sempre così», esordisce 'Bullo', «qualche volta glielo si dice al diesse Cirelli. Certo che, a volte, visto che stiamo parlando di una squadra di serie A e non di C/2, ci vorrebbe un po' più di flessibilità. Per raggiungere certi risultati, è normale che occorra lavorare a fondo».
Già il lavoro tecnico e fisico: una parte fondamentale per i tuoi progressi.
«Ci tengo a curar bene sia la parte tecnica che fisica. Se sono migliorato, come dite voi, ad esempio, nel tiro da tre, lo devo anche ai numerosi esercizi costituiti da continue ripetizioni. Poi è ovvio che ci siano periodi nei quali la palla entra sempre e altri in cui la palla non entra mai: per il momento, le cose stanno andando benissimo, ma sono pronto ad affrontare anche situazioni meno piacevoli. E, poi, sono cosciente che sarà difficilissimo continuare a giocare così».
La critica afferma che tu sei l'italiano che si è migliorato di più in questi ultimi anni: sei d'accordo?
«Può derivare dal fatto che ho attraversato numerose esperienze, sia positive che negative, imparando da grandi campioni come comportarmi in determinate situazioni. Ad esempio, nel secondo anno di Bucchi, sono riuscito a metabolizzare il fatto che, dopo esser tornato dai successi ottenuti con la nazionale su Lituania, Francia e Turchia, non sia riuscito a giocare più di 10 minuti a partita pur essendoci Brown rotto».
Cosa ti fa venire in mente Charleroi?
«Penso che, dopo quei 19 punti, Mike (D'Antoni, ndr) si sia reso conto che non ero soltanto il cambio di Edney».
Mike, poi, l'hai ripagato alla grande con dei playoff giocati, vedi Casalecchio, alla grandissima.
«In quella famosa garaquattro e anche, dieci giorni fa a Milano, ho avuto anche un pizzico di buona sorte. Prendere delle iniziative negli ultimi secondi di un incontro importante fa parte del gioco. A volte ti va bene, altre male, fondamentale, però, è avere sempre quella dose d'incoscienza che ti fa assumere una certa responsabilità».
Molti dicono che sarai il play titolare della nazionale di Recalcati...
«Sono felice delle parole che Charlie ha espresso su di me, ma la nazionale la vedo molto lontana rispetto agli obiettivi, molto più prossimi, che posso raggiungere con la Benetton. E, poi, il ruolo di play è quello attualmente più coperto».
Rispetto all'anno scorso, a tuo parere, c'è meno talento in squadra?
«Non mi sembra proprio: è vero, abbiamo perso soprattutto un ragazzo del calibro di Boki Nachbar, ma è arrivato, anche se in un ruolo diverso, Trajan Langdon, un giocatore perfetto, un vero assassino al tiro, uno che, oltre a non essere egoista, seleziona nel migliore dei modi le conclusioni. Quanto all'aspetto tattico, quest'anno giochiamo di più sotto canestro e non solo con i tiri da tre e con il pick and roll. Ettore ci dice sempre è che, più soluzioni abbiamo, e più mettiamo in difficoltà i nostri avversari. Al di là di tutto, comunque, i risultati ci stanno dando ragione».
La chiave dello scudetto è stata l'armonia dello spogliatoi?
«Senza ombra di dubbio. Con Tyus ho un rapporto idilliaco anche fuori dal campo, ma anche con gli altri, a partire da Marcelo Nicola e Trajan Langdon, si esce spesso a cena con le fidanzate dopo la partita. Le vittorie si costruiscono anche così...».
Già il lavoro tecnico e fisico: una parte fondamentale per i tuoi progressi.
«Ci tengo a curar bene sia la parte tecnica che fisica. Se sono migliorato, come dite voi, ad esempio, nel tiro da tre, lo devo anche ai numerosi esercizi costituiti da continue ripetizioni. Poi è ovvio che ci siano periodi nei quali la palla entra sempre e altri in cui la palla non entra mai: per il momento, le cose stanno andando benissimo, ma sono pronto ad affrontare anche situazioni meno piacevoli. E, poi, sono cosciente che sarà difficilissimo continuare a giocare così».
La critica afferma che tu sei l'italiano che si è migliorato di più in questi ultimi anni: sei d'accordo?
«Può derivare dal fatto che ho attraversato numerose esperienze, sia positive che negative, imparando da grandi campioni come comportarmi in determinate situazioni. Ad esempio, nel secondo anno di Bucchi, sono riuscito a metabolizzare il fatto che, dopo esser tornato dai successi ottenuti con la nazionale su Lituania, Francia e Turchia, non sia riuscito a giocare più di 10 minuti a partita pur essendoci Brown rotto».
Cosa ti fa venire in mente Charleroi?
«Penso che, dopo quei 19 punti, Mike (D'Antoni, ndr) si sia reso conto che non ero soltanto il cambio di Edney».
Mike, poi, l'hai ripagato alla grande con dei playoff giocati, vedi Casalecchio, alla grandissima.
«In quella famosa garaquattro e anche, dieci giorni fa a Milano, ho avuto anche un pizzico di buona sorte. Prendere delle iniziative negli ultimi secondi di un incontro importante fa parte del gioco. A volte ti va bene, altre male, fondamentale, però, è avere sempre quella dose d'incoscienza che ti fa assumere una certa responsabilità».
Molti dicono che sarai il play titolare della nazionale di Recalcati...
«Sono felice delle parole che Charlie ha espresso su di me, ma la nazionale la vedo molto lontana rispetto agli obiettivi, molto più prossimi, che posso raggiungere con la Benetton. E, poi, il ruolo di play è quello attualmente più coperto».
Rispetto all'anno scorso, a tuo parere, c'è meno talento in squadra?
«Non mi sembra proprio: è vero, abbiamo perso soprattutto un ragazzo del calibro di Boki Nachbar, ma è arrivato, anche se in un ruolo diverso, Trajan Langdon, un giocatore perfetto, un vero assassino al tiro, uno che, oltre a non essere egoista, seleziona nel migliore dei modi le conclusioni. Quanto all'aspetto tattico, quest'anno giochiamo di più sotto canestro e non solo con i tiri da tre e con il pick and roll. Ettore ci dice sempre è che, più soluzioni abbiamo, e più mettiamo in difficoltà i nostri avversari. Al di là di tutto, comunque, i risultati ci stanno dando ragione».
La chiave dello scudetto è stata l'armonia dello spogliatoi?
«Senza ombra di dubbio. Con Tyus ho un rapporto idilliaco anche fuori dal campo, ma anche con gli altri, a partire da Marcelo Nicola e Trajan Langdon, si esce spesso a cena con le fidanzate dopo la partita. Le vittorie si costruiscono anche così...».