LIVORNO. San Barlow, aiutaci tu. A quasi trentotto anni, dieci mesi dopo quel morbido ciuff di Reggio Emilia che ha portato la Mabo sulla montagna incantata, lo zio Ken diventa ancora l'uomo della provvidenza, il faro per togliere il basket amaranto dalle tenebre. Luca Banchi, domenica sera al Palavobis, l'ha detto chiaro. «Qualcuno dei nostri non ha la cultura della retrocessione, non sa cosa vuol dire lottare per sopravvivere. C'è una mentalità da cambiare, da qui in avanti non esistono più alibi».
Una diagnosi cruda, ma esatta. Il piatto piange, la Mabo deve ricominciare a vincere, non limitarsi a fare il compitino sperando nelle disgrazie altrui. A quattro giornate dalla fine il fondo classifica sembra un vulcano in eruzione: c'è chi vola dopo aver pescato in corsa il jolly straniero venuto dall'Australia (Imola), chi coglie punti impensati (Viola), chi mette sul piatto il peso della tradizione e di venticinque scudetti (Milano), chi continua a battersi alla faccia di libri contabili ormai finiti in tribunale (Verona). Ormai a fare il gioco della roulette russa sono rimaste in cinque, e una al posto del clic a vuoto troverà la pallottola fatale, il biglietto per l'inferno della LegaDue.
Livorno ha quattro partite per togliersi dai guai: due in casa (Roma, Trieste), due in viaggio (Biella, Pesaro). Un calendario duro, ma aperto. Due vittorie potrebbero bastare, però a questo punto è inutile mettersi a preparare tabelle, fasciarsi la testa con i se e i ma. Meglio vivere una partita alla volta, concentrarsi sulla prossima sfida e solo su quella, altrimenti la pressione ti uccide. In casa Mabo finalmente si può ricominciare con una settimana di lavoro intera: storicamente quelli di via Pera hanno sempre sofferto il calendario compresso, le sfide ravvicinate, da preparare improvvisando. Dopo quattro turni in otto giorni coach Banchi riprende la routine e questo può aiutarlo a ritrovare freschezza atletica, nervosa e anche il filo del discorso, guardando negli occhi chi nelle ultime giornate ha la faccia cupa o dà segni di nervosismo. Ken Barlow, americano fuori e italiano dentro, è l'uomo ideale per aiutare il tecnico a ricucire i delicati ingranaggi psicologici di una Mabo che in estate aveva sposato la linea verde, ma in questo momento ha terribilmente bisogno di vincere le partite ritrovando i suoi leader stranieri (l'asse Autry-Elliott) e gli italiani più carismatici (Sambugaro).
Lo zio Ken, il fratello maggiore dello spogliatoio, può far capire ai suoi colleghi che battersi per tenere Livorno in A1 sarà un vantaggio per tutti, anche per chi ha il passaporto Usa e qui ha trovato un posto di lavoro. Il momento è delicato, ognuno reciti la sua parte: i giocatori cambiando mentalità e mettendo sul parquet anima, corpo e attributi, la società facendosi sentire con i propri dipendenti a libro paga e verso il pubblico. La Mabo ha giocato in trasferta contro Imola e Milano trovando iniziative speciali e mani tese verso i tifosi locali. Domenica arriva Carlton Myers e dovrà essere accolto da una cornice degna, di fuoco. Per sostenere Livorno nei quindici giorni più importanti della stagione.
Renzo Marmugi
Una diagnosi cruda, ma esatta. Il piatto piange, la Mabo deve ricominciare a vincere, non limitarsi a fare il compitino sperando nelle disgrazie altrui. A quattro giornate dalla fine il fondo classifica sembra un vulcano in eruzione: c'è chi vola dopo aver pescato in corsa il jolly straniero venuto dall'Australia (Imola), chi coglie punti impensati (Viola), chi mette sul piatto il peso della tradizione e di venticinque scudetti (Milano), chi continua a battersi alla faccia di libri contabili ormai finiti in tribunale (Verona). Ormai a fare il gioco della roulette russa sono rimaste in cinque, e una al posto del clic a vuoto troverà la pallottola fatale, il biglietto per l'inferno della LegaDue.
Livorno ha quattro partite per togliersi dai guai: due in casa (Roma, Trieste), due in viaggio (Biella, Pesaro). Un calendario duro, ma aperto. Due vittorie potrebbero bastare, però a questo punto è inutile mettersi a preparare tabelle, fasciarsi la testa con i se e i ma. Meglio vivere una partita alla volta, concentrarsi sulla prossima sfida e solo su quella, altrimenti la pressione ti uccide. In casa Mabo finalmente si può ricominciare con una settimana di lavoro intera: storicamente quelli di via Pera hanno sempre sofferto il calendario compresso, le sfide ravvicinate, da preparare improvvisando. Dopo quattro turni in otto giorni coach Banchi riprende la routine e questo può aiutarlo a ritrovare freschezza atletica, nervosa e anche il filo del discorso, guardando negli occhi chi nelle ultime giornate ha la faccia cupa o dà segni di nervosismo. Ken Barlow, americano fuori e italiano dentro, è l'uomo ideale per aiutare il tecnico a ricucire i delicati ingranaggi psicologici di una Mabo che in estate aveva sposato la linea verde, ma in questo momento ha terribilmente bisogno di vincere le partite ritrovando i suoi leader stranieri (l'asse Autry-Elliott) e gli italiani più carismatici (Sambugaro).
Lo zio Ken, il fratello maggiore dello spogliatoio, può far capire ai suoi colleghi che battersi per tenere Livorno in A1 sarà un vantaggio per tutti, anche per chi ha il passaporto Usa e qui ha trovato un posto di lavoro. Il momento è delicato, ognuno reciti la sua parte: i giocatori cambiando mentalità e mettendo sul parquet anima, corpo e attributi, la società facendosi sentire con i propri dipendenti a libro paga e verso il pubblico. La Mabo ha giocato in trasferta contro Imola e Milano trovando iniziative speciali e mani tese verso i tifosi locali. Domenica arriva Carlton Myers e dovrà essere accolto da una cornice degna, di fuoco. Per sostenere Livorno nei quindici giorni più importanti della stagione.
Renzo Marmugi