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Martinelli: Roseto muoviti o perdi la A1

Il patron dell'Euro parla delle trattative per la cessione della società

ROSETO. «Credetemi. Spero di tutto cuore che la serie A1 possa rimanere a Roseto, ne sarei felice al punto tale che, per questioni affettive, sarei anche disposto a mantenere una piccola quota azionaria, ma se nessuno la vuole io non posso andare a bussare alle porte delle case per convincere la gente». E' un Martinelli sincero quello che accetta di parlare della notizia del giorno, il Roseto in vendita: «Ho tre offerte - prosegue - ma ho firmato una opzione dal notaio De Galitis che scade il 20 aprile».
Resterebbe anche con incarichi manageriali?
«Non potrei. Gli affari mi chiamano a Roma dove dovrò presto trasferirmi. Credo che chi è intenzionato a rilevare la società abbia il diritto di fare di testa propria, la mia sarebbe un'ombra ingombrante».
A Roma la chiama anche la Virtus Roma?
«No, e davvero non so da dove sia uscita questa voce. Ho parlato con Toti dopo la gara di Roma, ma è stato un normale colloquio tra presidenti in cui io, peraltro, gli ho mostrato il posto da dove, 30-35 anni prima, guardavo le partite della Virtus. E non gli ho nascosto l'orgoglio di essere tornato due volte in quell'impianto da presidente del Roseto e di aver vinto in entrambe le occasioni».
Ci sono altri motivi dietro il suo abbandono?
«Dovevo lasciare l'anno scorso, non posso più rimandare. Inoltre questa non è una cosa che può mantenere una persona sola: certi rischi vanno condivisi! Quando le cose vanno bene non c'è problema, ma quando vanno male c'è il rischio di farsi male».
Con quali motivazioni affronterà questo finale di stagione?
«Dico la verità: un po' le ho perse. Questa è una squadra ostaggio delle proprie incapacità, che ha tradito le mie aspettative facendo quadrato attorno ai propri limiti».
Non manterrà la sua promessa di migliorare il risultato dell'anno scorso?
«Temo di sì. Dovevo scardinare prima questa situazione, mi sono fatto condizionare troppo dai "buonisti"».
Si profila un anno grigio: cosa le resterà?
«Se volessi essere cinico direi, come dicono quelli che vanno per mare, che i momenti belli di una barca sono quando uno se la compra e come se la vende, ma non è così. Lo sbaglio grosso che ho commesso è farmi convincere dalla squadra a confermare Impaloni ma, sia chiaro, non per il valore del tecnico, quanto perché questo lo ha reso ostaggio della stessa squadra, fornendole al tempo stesso un alibi».
E' un basket straniero, nessuno più ci si riconosce.
«Finiamola con questa storia. Il problema del basket italiano non è che non ci sono più giocatori italiani, ma che non ci sono più proprietari. Perché il sistema è a tutto vantaggio di chi ci lavora, e il futuro lo stanno disegnando loro e non i presidenti, e se qualcuno prova a ribellarsi rischia il linciaggio! Ai giocatori italiani dico di preoccuparsi del ricambio dei presidenti. La sparata di Seragnoli non è venuta a caso: la gente si è rotta le scatole di sentirsi raccontare le favole».
Arriverà qualcuno?
«Può darsi che cambi tutto come che non arrivi nessuno, in ogni caso credo che sarebbe ormai troppo tardi per cambiare le cose. Ma non è questo il problema, e vorrei che la gente di Roseto Si preoccupasse della cosa più importante, di far restare la serie A1 a Roseto. Questo è il tema sul quale riflettere, questa è la cosa sulla quale lavorare. Io ne sarei felicissimo ma non posso più restare».
Il futuro è adesso, dunque, e lo sarà fino al 20 aprile. Secondo indiscrezioni la cordata di imprenditori comprenderebbe Paterna (Euro), Ponzio e Cordivari (delle rispettive e omonime aziende), la famiglia Cimorosi (Hotel Bellavista), il gruppo Arangiaro (Aran Cucine) e la famiglia D'Eugenio (Italprefabbricati).
Giorgio Pomponi
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