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La Scavolini corre verso il nulla

La squadra pesarese deve vincere a Bologna per darsi una carica in più

PESARO — Il limbo. Nè paradiso, nè inferno. Nelle attuali condizioni è un viaggio nel nulla. Non c'è prospettiva davanti a questa Scavolini. L'unica possibilità rimasta è legata alla partita di mercoledì a Bologna contro la Skipper in Eurolega: vincere per ridare un senso al viaggio. Vincere per sognare in qualche cosa. Tornare a dare benzina, soprattutto psicologica, ad una pattuglia di giocatori che a questo punto cammina verso il nulla. Se si perde a Bologna, anche l'Eurolega si trasforma in partite di allenamento da giocare in una cattedrale vuota.
Inutile, a questo punto della stagione, guardare indietro alla ricerca dei mali, delle colpe. Non serve. Nel 90 per cento dei casi, nello sport, le discussioni sono come quelle sul sesso degli angeli. Sicuramente, tra le varie componenti di questa annata che rischia di essere fallimentare, pesano i tanti movimenti fatti in corsa: per assurdo il gruppo era più coeso quando sembrava più debole e quando aveva gente fuori per infortunio. Con due soli lunghi, Tusek e Maggioli, Pesaro ha portato a casa 4 punti (2 a Livorno), ora con 4 granatieri non vince nemmeno contro la Croce Rossa Roma. Dietro le quinte di questa squadra sembra rimbalzare un sentimento. Ed è questo: chi ha il coraggio di andare a Montelabbate per chiedere qualcosa? Chi si presenta davanti alla corte rischiando alla prima parola di ritrovarsi alle spalle il boia con in una mano il ceppo e nell'altra l'ascia? Vero. Ma è altresì vero che lasciando tutto così è peggio. Chi spera che Beric possa uscire dal gorgo in cui è caduto, sogna. Chi crede che mago Merlino possa ridare a Middleton la continuità dei 20 anni crede nelle favole. Chi pensa che Traina possa essere sempre quello di Benetton-Scavolini di tre anni fa in coppa Italia, ha perso qualche puntata. Giancarlo Sacco nei giorni scorsi ha messo il dito nella piaga: tra i lunghi e il play, nel mezzo c'è un baratro. E va colmato. Magari anche sbolognando qualche contratto. E qualche divorzio non è poi detto che faccia la felicità di una sola parte in causa. Provare poi a cercare un «ponte», un collegamento, tra pivot e play. Perchè se non succedono miracoli, sono 14 miliardi buttati nel cestino.
Maurizio Gennari
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