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Banco di Sardegna, il punto di Pasquini: 'Al lavoro per le nuove sfide'

Banco di Sardegna, il punto di Pasquini: 'Al lavoro per le nuove sfide'

Coach Federico Pasquini fa il punto a una settimana dall’inizio della preparazione precampionato: il nuovo gruppo e la nuova stagione dei giganti I ragazzi stanno lavorando insieme da qualche giorno in ritiro al Geovillage: quali sono le prime impressioni? Le prime impressioni sono buone, c’è entusiasmo, voglia di fare. Il fatto di avere un’età media molto più bassa rispetto all’anno scorso ci permette di caricare anche un po’ di più. E’ evidente che ancora è troppo presto per fare analisi più precise ma di certo sto vedendo ciò che mi aspettavo di vedere in questa fase. Quali possono essere i punti di forza di questo gruppo per come lo ha immaginato nello sceglierne i componenti? Mi piacerebbe che fosse un gruppo di elementi intercambiabili, che fosse un gruppo capace di giocare diversi tipi di pallacanestro sia in attacco sia in difesa. E’ chiaro che queste cose vanno modellate con il tempo, con la pazienza e con la calma. Non possiamo avere i vantaggi di un gruppo consolidato negli anni per cui prima occorre lavorare per diventare gruppo e poi sulle diverse situazioni e le soluzioni. Il fatto di poter essere intercambiabili penso che oggi, per come si gioca, sia un grande vantaggio. Che importanza può avere in questo la presenza di due elementi come Jack Devecchi e Rok Stipcevic? E’ fondamentale, perché sono due ragazzi che oltre ad essere ottimi giocatori di pallacanestro sono due grandi persone. Di loro sai che sono sempre veri e leali e in un mondo come il nostro, che da questo punto di vista non brilla per queste caratteristiche, avere degli elementi così nello spogliatoio garantisce di avere sempre il polso della situazione, di sapere che ci sono delle persone dalla tua parte. Persone che l’anno scorso nei momenti di difficoltà sono state in assoluto quelle che più mi hanno aiutato. Nuova stagione, ancora uno scenario di top level e obietti importanti, dal campionato alle Coppe. Come inizia? Inizia con tanto entusiasmo, tanta voglia di fare bene, come ogni anno. Abbiamo cambiato tanto, abbiamo 10/12 completamente nuovi. Se da una parte questa cosa può dare difficoltà perché occorre creare una chimica e un equilibrio di squadra da zero, dall’altra dà tanto entusiasmo perché vedi facce nuove e si lavora con enorme carica per aiutare questi ragazzi a dare il 100 per cento. Come si motiva un giocatore come Jack, alla sua dodicesima stagione con lo stesso club? Si motiva con le piccole cose. Deve essere sempre partecipe, sempre coinvolto, facendogli capire che cosa ci si aspetta da lui per se stesso e da lui per la squadra. Non mi piace lasciare situazioni che vanno scemando e dopo 12 anni questo rischio potrebbe esserci per cui sta a me tenerlo sempre sveglio, valorizzando al meglio il suo entusiasmo e il suo attaccamento alla maglia. E un giocatore alla sua prima volta a Sassari? Cercando di fargli capire cosa mi aspetto e partendo dal presupposto che voglio che capisca che lo conosco bene, che l’ho seguito molto, che so cosa lui sa fare. Questo approccio può permettere di chiedere al giocatore di migliorare sulle cose che sa fare meno bene e fare in modo che quelle che fa bene le faccia in modo eccellente. Ognuno sa quello che mi aspetto, sa che non prometto nulla a livello di minutaggio ma prometto a livello di lavoro. Questo, collegato al fatto che negli ultimi anni abbiamo avuto giocatori – l’ultimo è stato Lacey – che hanno fatto l’ultimo salto a livello di carriera europea passando per Sassari, fa sì che credano molto nel nostro progetto. Penso che questo sia il risultato di ciò che si è fatto negli ultimi anni, perché è vero che vincere aiuta ma il fatto di far migliorare il giocatore e e creare di fatti chance su mercati molto più alti di Sassari dà enorme credito su altri giocatori. Ha visto questo club crescere fino al Triplete, alla partecipazione alle grandi competizioni europee. Qual è il segreto di una società di provincia come la Dinamo che è arrivata al top del basket italiano e continentale? Fare le cose per bene, avere una programmazione chiara e non fare mai il passo più lungo della gamba. E mettere tutti nelle condizioni di potersi muovere nella maniera migliore possibile. Questo lo avvertono anche i giocatori: li responsabilizziamo molto all’interno del campo così come per le attività extra campo ma consentiamo loro anche di vivere senza pressione la loro vita. Penso che questa sia una cosa importante, perché avere la possibilità di camminare un po’ con le proprie gambe può fare la differenza. Tutto ciò, unito al fatto che abbiamo avuto buoni risultati e una crescita costante negli ultimi sei anni, ha fatto sì che questa estate la Dinamo fosse un club molto ambito da parte dei giocatori.

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