di Filippo Stasi
Alessandro Zanelli, il nuovo ospite di "5 domande a", ha analizzato il percorso dell'Happy Casa Brindisi di coach Vitucci fino ad oggi, fissando gli obiettivi a poche giornate dal termine della stagione regolare…
Nell’ultima giornata di campionato la Happy Casa Brindisi ha colto un’ampia vittoria, contro la Vanoli Cremona, che potrebbe rilanciare le vostre ambizioni in vista del finale di stagione. Inoltre, avete riabbracciato D’Angelo Harrison, un grandissimo talento. Credi possa aiutarvi a ritrovare maggiore fluidità offensiva? La partita contro Cremona è stata per noi importante perché venivamo da un paio di sconfitte consecutive e l’obiettivo era mettercele subito alle spalle, forti anche del sostegno del pubblico del PalaPentassuglia. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da qualche alto e basso di troppo rispetto alle nostre potenzialità, ma va detto che essendoci state delle uscite e ben tre nuovi innesti a stagione in corso, com’è naturale che sia, si debbano trovare nuovi equilibri in squadra e non si tratta certo un processo immediato… Harrison era il nostro top scorer lo scorso anno, ci conosce molto bene e il suo impatto infatti è stato quasi istantaneo. È capace di creare attacco anche in situazioni di emergenza, per le difese avversarie rappresenta una costante minaccia e noi compagni in certe situazioni dobbiamo essere pronti ad aggredire gli spazi che si creano per punirle. Da qualche mese possiamo contare anche su giocatori come Ale Gentile e Max De Zeeuw, che necessitano di più tempo per inserirsi in corsa in un contesto nuovo. La squadra comunque si sta amalgamando bene in tutti i suoi elementi e la risposta data domenica sul campo è stata significativa. Guardiamo dunque con fiducia al finale di stagione, ci troviamo nella metà di classifica che ci interessa e il nostro destino in ottica qualificazione ai playoff è tutto nelle nostre mani.
La dirigenza di Brindisi in estate è riuscita a confermare per intero il solido nucleo di giocatori italiani, formato da te, Mattia Udom, Riccardo Visconti e Raphael Gaspardo. Ritieni sia rilevante questo fattore e come si sta inserendo nel gruppo Alessandro Gentile? Che oltretutto conosci sin dagli anni di Treviso... Credo fortemente che la scelta e la possibilità di dare continuità, confermando buona parte del gruppo dello scorso anno e per intero il blocco italiano, abbia pagato. Soprattutto nella prima parte di stagione, abbiamo cominciato forte in campionato proprio perché c’erano già delle basi solide dalle quali ripartire e la striscia positiva di risultati di inizio stagione ci ha permesso di vivere gli ultimi mesi - come detto non ottimali - con una certa tranquillità. Abbiamo un roster profondo, in grado di far male agli avversari ogni volta con dei protagonisti diversi. Ale Gentile è un giocatore molto forte e di grande carisma, da sempre; ho condiviso con lui e Gaspardo qualche stagione giovanile a Treviso e, quando vincemmo lo scudetto nazionale Under 19, nel 2011, Ale era già a tempo pieno in prima squadra, in Serie A… Ci siamo ritrovati a Brindisi e posso dire che si sta mettendo a disposizione con intelligenza; può darci delle opzioni tattiche tali da creare vantaggi da sfruttare in attacco. Per il finale di stagione il focus del nostro lavoro è proprio questo: affinare certe dinamiche di gioco, con l’obiettivo di ritrovare continuità di risultati e qualificarci ai playoff con il miglior momentum possibile.
C’era anche coach Vitucci a Treviso, durante i tuoi anni nel settore giovanile della Benetton... Mentre in questi anni, a Brindisi, siete stati entrambi protagonisti di qualcosa di veramente speciale. Quale pensi sia stata la chiave delle ultime splendide stagioni della Happy Casa? Hai un ricordo più lieto che spicca nettamente su tutti gli altri? Sono fiero di ciò che Brindisi è stata in grado di raggiungere negli ultimi anni. Senz’altro la chimica di squadra che si è venuta a creare è stata strepitosa e non a caso abbiamo espresso un gran bel basket sul campo in più occasioni. C’è molto merito di coach Vitucci in questo: una delle sue migliori qualità è riuscire a mantenere in armonia l’intero gruppo, dandoci al contempo gli stimoli giusti in preparazione alle partite. Sono felice di aver avuto la possibilità di lavorare con lui con questa continuità e sono curioso di vedere come finiremo la stagione: questa Brindisi può sorprendere ancora, abbiamo margine per chiudere il nostro 2021/22 in crescendo, sono convinto di questo. È la mia quarta stagione a Brindisi e ormai posso dire di conoscere i valori, l’etica di lavoro del gruppo e tutto ciò che ci ha portati a toglierci soddisfazioni importanti. Su tutte, la finale del 2020 di Coppa Italia a Pesaro è stata la più intensa. Giocammo delle Final Eight davvero splendide, in un’arena stracolma di spettatori, molti dei quali arrivati direttamente da Brindisi per sostenerci… Purtroppo mancò solo la ciliegina sulla torta, la vittoria nella finalissima. Ma le emozioni di quei giorni mi sono rimaste impresse e la speranza è di ritrovarle al più presto, quando sarà possibile liberarci dalle restrizioni imposte dal Covid-19.
Come interpreti il ruolo di capitano? Hai avuto particolari esempi a cui ispirarti nel corso della tua carriera? Essere capitano di un gruppo di Serie A è diverso rispetto ad esserlo in categorie inferiori, nelle quali ho militato prima dell’esperienza a Brindisi. Il numero di giocatori stranieri è maggiore a questo livello e di conseguenza alcune dinamiche possono variare. Adrian Banks è stato un capitano esemplare per come intendo anch’io il ruolo: ero il suo vice, per cui spesso mi sono confrontato con lui e quasi sempre eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, nei modi e nei tempi, su come e quando tendere una mano alla squadra. Poi devo dire che la società di Brindisi e coach Vitucci facilitano questo compito, perché noi giocatori stiamo molto bene qui e riusciamo a concentrarci al massimo sul campo. Quel che cerco di fare, semplicemente, è di dare la parola giusta al momento giusto, specialmente nei momenti difficili. Cerco sempre di offrire una visione ottimistica quando qualcosa va storto, guardando anche alla parte buona che si può salvare da (quasi) ogni momento negativo e cercando di mantenere alta la fiducia di ogni mio compagno.
Nel 2019 ti sei laureato in Economia. È stato un traguardo faticoso da raggiungere nel pieno di una carriera da professionista? Che ragazzo sei fuori dal campo? Mi sono laureato ma il mio percorso di studi è ancora in divenire! Sono infatti iscritto alla specialistica in Scienze Economiche, perché intendo concludere un percorso che mi auguro possa essermi utile anche in futuro. Lo studio in generale mi arricchisce e mi aiuta a svagarmi, a occupare la testa con qualcosa di diverso dalla pallacanestro. Durante la settimana si accumulano tensioni in vista della partita e uno dei modi migliori che conosco per riuscire ad allentarla è proprio studiare. Meno riesco a pensare al giorno gara e più ci arrivo carico di energie mentali, per me funziona così. E non mi pesa assolutamente studiare, anzi: cercare di ampliare i miei orizzonti da sempre è una cosa che ambisco a fare, leggendo, guardando documentari, cercando d’imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. Mi appassiona l’economia come si evince dai miei studi, ma non solo: ad esempio la psicologia e la mente umana mi affascinano molto. Siamo fortunati ad avere a disposizione diversi strumenti per informarci su ciò che ci appassiona. Però ho anche una vita sociale, credetemi! Mi piace uscire a cena con la mia ragazza, con i miei amici o compagni di squadra, oppure mettermi all’opera in prima persona in cucina e preparare qualcosa per loro.