La città di Pesaro respira pallacanestro, la vive e la sente sulla pelle ogni volta che si presenta l'occasione di varcare la soglia della Vitrifrigo Arena riempiendo gli spalti per sostenere i ragazzi. La cultura, la tradizione e quei colori che vanno indossati con fierezza dal primo all'ultimo giorno. Possono cambiare i tempi, gli obiettivi, i personaggi, ma ciò che rimane immutata è la passione per la squadra. Questa basketball culture accompagna da sempre anche la vita di Ray McCallum, figlio d'arte il cui padre ne ha gettato le basi ed in seguito passato il testimone affinché lo spirito non andasse perduto. Ray Senior è una leggenda di Ball State University tanto da essere uno dei due giocatori ad avere il proprio numero appeso al soffitto della Worthen Arena; successivamente però ha appeso gli scarpini al chiodo decidendo di sedere sulla panchina per mettere il proprio genio e le proprie idee a disposizione della squadra. Oggi è assistente a Tulane, tuttavia in carriera è stato non solo il mentore del figlio Junior, ma anche il suo capo allenatore al college quando ha militato nei Detroit Mercy plasmando questa cultura e rendendola ancora più grande. Da Madison – capitale dello stato del Wisconsin – a cittadino del mondo, il classe 1991 ha conosciuto il basket NBA e quello di stampo FIBA viaggiando da Sacramento a Grand Rapids, da Malaga al quartiere di Nanterre passando per Shanghai fino al suo arrivo nelle Marche da coach Maurizio Buscaglia.
Ray McCallum, fin dall'infanzia, non ha dubbi su quale sia lo sport da scegliere per rendere felice la propria famiglia ed è per questo che sfrutta ogni momento possibile al fianco di papà per conoscere gli aspetti nascosti della pallacanestro. I primi veri passi sui ventotto metri li fa alla Bloomington High School North in Indiana dove trascorre i suoi anni da freshman e da sophomore prima di trasferirsi nella città dei motori alla Detroit Country Day School dove si diploma. L'ultima stagione è quella della consacrazione, quella che mostra la definitiva maturazione del nativo di Madison in vista dell'approdo al college: 22.5 punti, 7.5 rimbalzi e 5.5 assist di media sono i numeri con cui trascina la scuola superiore alla vittoria del titolo complice una prestazione da 32 punti, 8 rimbalzi e 7 recuperi nella finalissima. Talento quattro stelle secondo ESPN, quinta point guard e diciassettesimo giocatore nel ranking nazionale, ma nonostante la corte di atenei prestigiosi quali UCLA, Arizona, Oklahoma e Florida il suo sogno è giocare per papà a Detroit, diventando uno dei prospetti classificati più in alto a scegliere i Titans. Nei tre anni insieme la coppia padre-figlio chiuderà la stagione sempre con un record positivo (17-16, 22-13 e 20-13) e centrerà anche una partecipazione al torneo NCAA.
Da matricola si distingue subito per lo stile di gioco maturo e preparato che lo differenzia dagli altri coetanei, non a caso diventa il primo giocatore di University of Detroit a guadagnarsi una selezione nell'All-Horizon League Second Team da freshman. Gioca 33 partite da titolare con una media di 33.3 minuti, segna 13.5 punti, distribuisce 4.9 assist, cattura 4.7 rimbalzi e recupera 1.6 palloni chiudendo la stagione da Horizon Rookie of the Year e Horizon All-Freshman. Il fatto di essere fianco a fianco con McCallum Sr. rende il classe 1991 più sicuro di sé nonostante il padre lo metta costantemente a dura prova; nell'anno da sophomore aumenta il carico di responsabilità, il playmaker americano accetta la sfida e si migliora finendo al primo posto per punti totali, tiri presi, tiri segnati e minuti giocati che gli valgono la conquista del premio di MVP della Horizon League. Sebbene fin qui sembri andare tutto a gonfie vele, il suo ultimo anno con i Titans è nettamente il migliore: 18.7 punti, 5.0 rimbalzi, 4.4 assist e 1.9 recuperi; primo per punti totali, punti a partita, recuperi totali, recuperi a partita, tiri presi e segnati, tiri liberi tentati e minuti giocati; infine viene inserito nell'All-Horizon League First Team e premiato come Horizon League Player of the Year – primo giocatore dalla stagione 2000-01 ad ottenere questo riconoscimento sia in pre-season sia in post-season. La strada è spianata per l'ingresso in NBA ed infatti i Sacramento Kings lo scelgono con la numero 36 al secondo giro del Draft 2013.
Nella capitale californiana gioca 113 partite di cui 40 da titolare, corona il suo sogno di debuttare nella Lega più famosa al mondo ed essere un solido elemento di rotazione prima di essere scambiato ai San Antonio Spurs. Alla corte di Gregg Popovich non ottiene lo spazio desiderato, ma ha l'opportunità di imparare da Tim Duncan, Tony Parker e Manu Ginobili come affinare la propria tecnica e la propria leadership in vista di un ruolo più importante da playmaker titolare nel futuro prossimo. Dopo aver strappato un breve contratto con i Memphis Grizzlies e aver trascorso la stagione 2016-17 in G-League con la squadra affiliata dei Detroit Pistons, per Ray McCallum si aprono le porte del basket nel vecchio continente. Ad accoglierlo c'è l'Unicaja Malaga e l'impatto con la pallacanestro europea lo sciocca: il doppio impegno, l'intensità di gioco, il pubblico caldissimo in giro per i palazzetti sono tutte novità a cui deve abituarsi. Successivamente si trasferisce in Turchia per indossare la divisa del Darussafaka, poi il ritorno in terra iberica con il Rio Breogan per gli ultimi scampoli della stagione 2018-19. Nel novembre del 2019 è la Cina ad accogliere il nativo di Madison, per la precisione gli Shanghai Sharks che si affidano totalmente alle sue capacità rendendolo a tutti gli effetti il numero uno della squadra e McCallum ripaga con un'annata da 22.3 punti, 5.8 assist e 5.0 rimbalzi di media.
Le successive tre stagioni le trascorre da “nomade” tra Stati Uniti (Greensboro Swarm in G-League), Israele (Hapoel Jerusalem), Germania (Hamburg Towers), Spagna (Fuenlabrada), Francia (Gravelines-Dunkerque e Nanterre) e Polonia (Legia Varsavia) giocando le competizioni nazionali e facendo esperienza anche in EuroCup e Basketball Champions League. Pur rimanendo un giocatore di grande impatto sul parquet, Ray Junior ha dovuto lavorare sodo per ritrovare quella solidità e quella stabilità che lo avevano contraddistinto negli anni del college e nei primi da professionista. L'arrivo a Pesaro non è una casualità considerato il ruolo centrale che ha la pallacanestro nella città. Il classe 1991 è un floor general, un playmaker conscio di come va trattata la sfera e di come dare ritmo alla manovra offensiva in maniera intelligente. Veloce nel costruire l'azione d'attacco, McCallum predilige un gioco rapido che metta i compagni in condizione di segnare senza doversi preoccupare del proprio marcatore, per questo motivo sa quando allargare gli spazi per creare una situazione di tiro dall'angolo o quando chiamare un taglio per due punti facili nel pitturato; il suo ratio assist/turnover in carriera mostra una certa oculatezza nelle decisioni che non risultano mai forzate. Ray è però anche una valida soluzione in termini realizzativi: pronto sulle ricezioni in angolo e in punta, ha buoni movimenti off the ball e talvolta può utilizzare il suo primo passo e il controllo del proprio corpo per sfidare l'avversario, buttarsi nel traffico e chiudere la giocata al ferro. Con il passare degli anni la sua efficienza nel recuperare palloni è diminuita, ma ciò che rimane è l'innata capacità nel leggere le linee di passaggio e la determinazione con cui si incolla al portatore per indurlo all'errore o costringerlo a perdere un tempo di gioco. Il prodotto di Detroit non solo sarà il metronomo dell'attacco pesarese, ma sarà anche un leader vocale sul parquet grazie ai segreti appresi negli anni con papà Ray al college.
Redazione: Overtime - Storie a Spicchi