Il miglior assistman della Serie A UnipolSai sta guidando la Generazione Vincente Napoli nella sua corsa ai play-off, così Tyler Ennis – dopo la 'doppia-doppia' da 12 punti e 10 assist di domenica – si è raccontato nella rubrica di LBA “5 domande a...”
La tua terza 'doppia-doppia' stagionale ha trascinato Napoli alla vittoria contro Sassari in quello che è stato uno scontro diretto per un posto nei play-off. Mancano solo tre partite per chiudere la regular season, perciò cosa si aspetta la squadra da questo sprint finale?
Capiamo perfettamente la situazione in cui ci troviamo e quanto importanti siano per noi queste ultime tre partite per il raggiungimento dei play-off. Il destino vuole proprio che le ultime gare siano contro squadre che stanno lottando per il nostro stesso obiettivo, avversarie pronte a tutte pur di raggiungere uno spot all'interno delle migliori otto del campionato. Noi ci stiamo focalizzando principalmente su noi stessi e su cosa ci serve per arrivare all'obiettivo che ci siamo posti, perché dobbiamo rimanere concentrati e pensare partita per partita.
Avete vinto la Coppa Italia compiendo una sorta di miracolo sportivo e oggi siete in piena corsa per la post-season. In ognuno di questi casi, i tifosi sono sempre stati al vostro fianco contribuendo in maniera consistente al raggiungimento di questi obiettivi comuni. Qual è il tuo rapporto con loro?
I tifosi sono sempre stati grandiosi fin dalla primissima partita di campionato e sono rimasti al nostro fianco nonostante gli alti e i bassi che abbiamo dovuto attraversare in questa stagione. Quando scendiamo sul parquet possiamo davvero sentire l'energia e l'amore che tutti loro hanno per noi; questo però non è solamente una loro prerogativa di quando giochiamo in casa, perché il loro affetto e la loro vicinanza la sentiamo anche quotidianamente quando siamo in giro per la città. Napoli avrà sempre un posto particolare nel mio cuore e visto il grande supporto che i tifosi ci stanno dando, noi proveremo in ogni modo a ricompensarli qualificandoci ai play-off.
Sei il miglior passatore della Lega, ma in generale hai costruito la tua carriera attorno a questo particolare aspetto del gioco. Quando hai iniziato a pensare che concentrarti e migliorarti su questo dettaglio ti avrebbe fatto diventare il giocatore professionista che sei oggi?
Non mi considero particolarmente un passatore, ma piuttosto un playmaker. Qualsiasi cosa di cui abbia bisogno la mia squadra o qualsiasi cosa sia necessario fare durante la partita, io la faccio e non importa che si tratti di segnare, passare la palla o difendere. In squadra abbiamo tanti grandi tiratori e una potenza di fuoco che mi facilità il compito, perché posso servirli con facilità e mi mettono in condizione di fare giocate che mi mettono a mio agio durante la partita; tuttavia, non si tratta solamente di passarla, perché nel momento in cui devo prendermi delle responsabilità al tiro – anche in situazioni di difficoltà – lo faccio senza problemi. Le mie abilità da passatore e la mia visione di gioco sono arrivate perché sono cresciuto giocando contro ragazzi più grandi di me, inoltre penso che nella pallacanestro ci siano già abbastanza giocatori in grado di fare solamente canestro; essere capace di mettere in condizione gli altri di realizzarne uno oppure essere in grado di farli migliorare nel gioco è una caratteristica decisamente più rara.
Sappiamo che provieni da una famiglia numerosa con sei tra fratelli e sorelle, con un padre che in Canada è stato un pioniere per lo sviluppo della pallacanestro soprattutto a livello giovanile, perciò lo sport ha sempre fatto parte della tua vita. Ti dispiacerebbe raccontare qualcosa di più sulla tua famiglia e cosa significano tutti loro per te?
Sì, provengo da una famiglia molto grande in cui tutti quanti praticano la pallacanestro. È un qualcosa per cui tutti quanti ci siamo innamorati fin da piccoli, per questo motivo abbiamo passato ore e ore in palestra, soprattutto quando i miei fratelli e sorelle più grandi giocavano e mio padre allenava la squadra. Penso che essere cresciuto in un contesto che respirava basket quotidianamente, potendo vedere come funzionava il gioco in ogni suo aspetto, mi abbia aiutato a sviluppare il mio QI cestistico. Giocare contro i miei fratelli più grandi mi ha insegnato ad essere più tenace e determinato; ho imparato come giocatore di fisico contro avversari di maggiore stazza, un'esperienza che ancora oggi mi aiuta moltissimo sul campo. Il mio fratello più grande si è ritirato e oggi fa l'allenatore al liceo, mio fratello Dylan gioca nell'UCAM Murcia in Liga ACB, la mia sorella più piccola Dominique gioca per la Rice University in NCAA e ho altri due fratelli più piccoli che sono nel giro dei tornei AAU. La pallacanestro ha dato alla mia famiglia molto più di quello che avremmo potuto chiedere e ci ha portato in posti che non avremmo mai immaginato di poter vedere quando, da piccolissimi, abbiamo preso per la prima volta una palla in mano.
Chi è Tyler Ennis fuori dal campo? Hai qualche hobby segreto o qualche strana passione che ti accompagna nella tua routine?
Sono un ragazzo che ama stare con la famiglia, perciò quando non sono in palestra ad allenarmi e quando non gioco le partite, mi piace fare il papà e prendermi cura dei miei figli piccoli: ho tre bambine e un maschietto che è appena venuto al mondo. Per il resto mi piace la musica, giocare ai videogiochi e il buon vino; non ho hobby segreti e non faccio cose troppo particolari, ma adoro vivere qui in Italia e godermi questo bellissimo paese. Qualificarci per i play-off e vedere quanto lontano possiamo arrivare renderebbe questo uno degli anni più belli nella mia carriera da giocatore professionista.